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Sapete l’indovinello dei 4 elefanti che stanno tutti in una cinquecento?
Ecco, Jafar Panahi in Taxi Teheran fa qualcosa del genere.
Lui la racconta con queste parole: “Un giorno, sconfortato, ho preso un taxi per tornare a casa. Due passeggeri discutevano a voce alta mentre io riflettevo su cos’altro avrei potuto fare. Niente più film, niente più foto, forse non mi restava altro che diventare tassista e ascoltare le storie dei passeggeri… Ed ecco scoccare una scintilla: visto che i miei primi film erano tutti ambientati nella città, a quel punto avrei potuto cercare di fare entrare la città nel mio taxi..”
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Così gira per le vie caotiche di Teheran, dando un passaggio a chiunque lo fermi. Sul suo taxi salgono e scendono persone diverse, entrano e escono vite, ognuna con una sua idea del mondo, alcune piene di umanità, altre supponenti e aggressive, alcune buffe, altre con segreti dolorosi, si infilano piccoli inganni, astuzie del vivere quotidiano, mentre la nipotina, anche lei a bordo, snocciola ad una ad una le regole che un film deve seguire per non incorrere nella censura. Fra tutte la principale è quella di evitare di rappresentare una realtà “sordida”, cioè quella che risulta deprimente perché illustra fatti spiacevoli, come furti, proteste, carcerazioni.
Il taxista regista ascolta tutto e tutti sempre con lo stesso indecifrabile sorriso e in tal modo lascia che ognuno porti dentro al suo taxi un pezzo di sé: il mondo scorre dentro all’abitacolo e fuori dai finestrini, trasgredendo tutte le regole della censura.
E mentre ci porta in giro – pure noi siamo suoi passeggeri – Panahi, genio del paradosso che gira film che non sono film – This is not a film è proprio il titolo di uno dei suoi ultimi film – e in condizione di prigionia – è agli arresti domiciliari e gli è vietato scrivere e dirigere film – mostra una libertà inventiva da far invidia a molto cinema, con Taxi Teheran ci consegna anche una lezione di grande umanità: non c’è storia che non sia degna di essere raccontata. Basta ascoltare. E’ dalle piccole storie quotidiane che nasce la grande storia. E questo è il cinema. Questa è l’arte della narrazione.
E come la risposta all’indovinello degli elefanti ci sorprende e diverte con la sua infantile, disarmante assurdità, così Jafar Panahi con questo suo film, che si conclude in modo beffardo e spiazzante, cogliendo tutti di sorpresa.
A proposito degli elefanti, la risposta è semplice: due davanti e due dietro
Adriana Ferrarini
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RIFERIMENTI IN RETE
https://www.facebook.com/pages/Taxi-Teheran/1102897859724124
http://www.taxiteheran.it/film/trailer-taxi-teheran-film/
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l’idea davvero istrionica. tutto il film, finale a sorpresa compreso, evidenza i paradossi in cui ci muoviamo e mostra come l’intelligenza riesce a dribblare la stupidità con cui spesso si esprime il potere ormai dovunque
Sì, il film è proprio un inno, gentilmente beffardo, all’intelligenza contro l’ottusità del potere.