donatello- monumento equestre a gattamelata
L’impressionante energia creativa che i grandi artisti dimostrano di avere nel momento in cui proiettano con naturalezza le loro opere in avanti, oltrepassando la soglia del tempo “presente”, non si manifesterebbe al massimo grado di sensibilità se essi non sapessero trovare linfa vitale in direzione opposta, orientando lo sguardo anche verso il passato. Una sorta di fionda espressiva , con gli elastici, prima del lancio, tesi dalla parte opposta.
Questo è quanto accade anche a Donato di Niccolò di Betto Bardi, universalmente noto come Donatello (1386-1466), forse, come sostiene Vasari, per il suo essere minuto, oltre che “benigno, cortese, umile (…), piacevole e tanto onesto in ciascuna sua azzione”. Un gigante nella storia della scultura di tutti i tempi. Assieme a Michelangelo, probabilmente il maggiore. Grazie ad una straordinaria capacità di rinnovamento, egli riesce a collocarsi in una posizione di solida e di sorprendente attualità all’interno dei secoli a lui successivi. Alcune sue opere paiono essere state appositamente scolpite per segnare un punto di decisiva trasformazione, ed infatti, osservandole, le si contestualizza, dando ad esse il merito di indicare una via nuova nello sviluppo storico della cultura figurativa del tempo. Si pensi al giovanile San Giorgio (1415-17), del Museo Nazionale del Bargello, nel cui marmo ogni riflesso, depositandosi con eleganza, suddivide la luce e le forme per settori, in pieno rispetto dei dettami dell’arte gotica assorbita sin da quando, nel 1403, egli entra a bottega da Lorenzo Ghiberti, allora impegnato nella realizzazione delle porte in bronzo del Battistero di Firenze. Questo non impedisce, però, a Donatello, di conferire all’immagine un inedito valore dinamico, legato in modo inscindibile all’espressività dell’effigiato. Per raggiungere il proprio scopo, in un primo tempo, retrocede, andando a recuperare i canoni e le proporzioni della statuaria antica; successivamente si spinge in avanti, come mai prima era accaduto, restituendo, del soggetto, la sua interiorità. Questo avveniva, tra lo stupore e la perplessità di alcuni suoi sodali compagni di strada, come Brunelleschi, ad esempio, che nell’osservare la sua Crocifissione in Santa Croce, sempre tra i racconti di Vasari, pare abbia accusato l’amico di aver “messo in croce un contadino”.
Dunque, se è nel rispetto assoluto della classicità e della tradizione che Donatello innesca le sue cariche esplosive, rendendo l’onda d’urto provocata dalla deflagrazione ancor più tumultuosa e se, nonostante tutto, in un’opera come il David/Mercurio del Museo del Bargello (1440/43) “la figura è tanto naturale nella vivacità e nella morbidezza che impossibile pare a gli artefici che ella non sia formata sopra il vivo” (ancora Vasari nel 1568), immaginiamo quale deve essere stato il contributo che egli diede allo sviluppo della parte più “scultorea” della pittura veneta quando, a partire dal 1443, egli giunse a Padova (vi rimase oltre dieci anni), chiamato per eseguire il Monumento equestre a Gattamelata. Infatti, proprio in quel periodo (a partire dal 1448), a poche centinaia di metri dalla chiesa del Santo, nel transetto degli Eremitani, Mantegna affresca la cappella Ovetari. Deve ancora arrivare il “gran finale” di Donatello, testimoniante il suo momento di massima incandescenza espressiva, però già allora, nelle sue opere, la luce depositandosi sui volumi, smussa e scontorna l’immagine più che nel giovane Mantegna, attratto quanto l’artista toscano dall’archeologia e dallo studio dell’antichità. Ma agli Eremitani vi lavoravano in molti, dall tardogotico Vivarini a Niccolò Pizzolo, anch’egli impegnato a fornire alla propria pittura una resa “intagliata” e plastica. Arriveranno successivamente Bellini, Giorgione e Tiziano, ma intanto c’è Donatello e molti schemi saltano con lui.
La grande invenzione dello “stiacciato”, utilizzato con sapienza in modo da dare alle superfici piane una sequenza prospettica sovrapposta, fu ideata da Donatello per meglio sviluppare le articolate fasi del racconto: uno schiacciamento visivo che nel deformare avvicina o allontana il soggetto, ristabilendo le proporzioni degli stati d’animo.
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donatello – profeta abacuc
donatello- giuditta e oloferne
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donatello- crocefisso s.maria dei servi-padova
Sin dalla prima immagine, per me molto familiare, visto che già da piccola la vedevo quotidianamente, e poi via via le opere, tranne alcune non appartenenti al patrimonio della città di Padova, in cui Donatello lavorò, tutto mi ha portato a ripercorrere le tante visite con cui la maestra ci portava spesso in giro per la città a scoprire dal vivo i suoi tanti tesori d’arte.Lei li conosceva e li amava tutti e cercava di trasferire a noi quella bellezza che lei tanto sentiva viva e sua, come di tutti. Grazie per le emozioni che filtrano in questo percorso e rendono l’arte viva, non solo per le tante e precise notizie di riferimento ma per il pathos, l’empatia che raccoglie e distribuisce ai lettori. ferni