POESIA CONTRO LA GUERRA- postazione permanente [XIV]- Fernanda Ferraresso

gerard dillon

Gerard Dillon-my delight.

 

Altri cinque anni
o cinque mesi cinque capitoli di vita
da svolgere nel tempo di molte altre
mentre la guerra mi annoda e ci inghiotte
assediati qui in questa presa di terra
quasi sul finire di aprile nel quarantacinque.
Non si parla d’altro e tu che riparti
per l’ennesima volta dentro una chiamata dell’esercito
io dentro i tiri di un’artiglieria, pesante, perché non c’è nessuno
che difenda ciò che siamo. Non c’è pane non c’è lavoro
e passo tutti i giorni da una riva all’altra del fiume per fare il foro ai bottoni
che chiuderanno i vostri cappotti al fronte
dove tremo con te temo che tu non torni.
E tu?
Tu non pensi.
Altri cinque anni di stenti
in cui ci proviamo
persino a ridere del niente che abbiamo
importante esserci
esserci ancora dentro questa stanza mal ridotta
accanto a questa stufa senza legna dentro questa vita senza luce
una cartina mancante dalle mappe .
Giù noi, tutti da basso, giù in cantina senza più fiato.
Cinque. Cinque lunghissimi anni di violenza
liberata per le strade e le donne a cielo aperto violentate
negli androni stuprate da soldati come sgherri
che cercano un’acqua che manca
la corrente che li accende
mentre in casa questi muri senza tetto che mi ostino a chiamare casa
ogni bene manca
e non c’è acqua elettricità manca cibo manca il respiro
e i razionamenti ormai saccheggiano le nostre vite come
sabotaggi di qualsiasi promessa.
Prede
noi siamo prede
e non c’è madre che perda ogni giorno un pezzo di sé
e per proteggere la figlia abbassi la testa e rivolti lo sguardo
perché ci cadono le bombe addosso non soltanto attorno
e la violenza è più dura quando è un corpo contro un altro corpo che ci prende.
E poi gli uomini che tornano le chiamano cagne
perché per sopravvivere hanno aperto le gambe
mentre loro altrove forse
hanno commesso lo stesso abominio con altre
donne come queste
donne che non hanno più da tempo un volto
glielo hanno strappato marchiato
con un nome e sono loro
le prostitute che non hanno più un ventre
che ancora combattono contro le loro ombre.

**

dedicata a tutte le donne che a causa della guerra ogni volta pagano di persona, per crimini di disumanità, che oggi come ieri, fanno della vita  una tortura insopportabile.
dedicata a mia madre che quegli anni di guerra mi raccontò e visse aspettando mio padre per quindici volte richiamato al fronte

10 Comments

  1. grazie ferni, sei unica,la tua parola mi assale e mi conquista,anche quando è così dura, aspra e sconvolgente. ma vera, e vera poesia.
    Ti aspettiamo, vieni, sai che ti vogliamo un bene dell’anima. baci e buona pasqua. cecilia

  2. Cara Fernanda la tua poesia mi ha risvegliato tante emozioni e ricordi. Io sono nata nel 1941 e le mie donne, mia madre, mia zia e mia nonna erano dall’altra parte, mio padre era fascista, pure mio zio e mio nonno. Ero molto piccola ho ricordi frammentati, mi ricordo i bombardamenti,di quando una notte scappammo dalla città per sfuggire le bombe e ci rifugiammo in un paesino di montagna, mi ricordo la carta da zucchero blu con cui oscuravamo i vetri delle finestre( questo ricordo mi è uscito adesso leggendo la tua poesia, dopo settant’anni),mi ricordo gli occhi di mia madre quando raccontava di una signora nostra conoscente che era stata prelevata dai partigiani e uccisa, un’altra rapata a zero, mi ricordo di essere in un prato insieme a mia cugina Giuliana , a mia madre e a mia zia, noi giocavamo e loro ci chiamavano a voce alta( chiuso in un porcile , già morto, ma noi non lo sapevamo c’era mio nonno, prelevato qualche giorno prima da casa, non aveva voluto nascondersi, benché amici lo avessero avvisato, perché lui non aveva fatto del male a nessuno e secondo lui nessuno gli avrebbe fatto del male).Questi ricordi non mi impediscono di avere dentro come una ferita sanguinante, il dolore delle donne violentate e stuprate, il dolore e la disperazione dei giovani uomini di una parte e dall’altra morti per combattere una guerra voluta da altre uomini insani, anzi credo che proprio per il dolore che ho/ abbiamo provato e proviamo che riusciamo ad essere sorelle e nel nostro piccolo a combattere per la pace contro la guerra.Io sono anche questa, un abbraccio e buona giornata.Giovanna

  3. ed è questo che conta, carissima Ferni, dirlo sempre, gridarlo, cantarlo in una poesia emozionante come questa.
    sorelle in tutto, nel reale e nel virtuale, nell’essere e nel divenire.
    ti abbraccio forte
    cri

  4. postazione permanente, come a dire assunzione di una posizione chiara con fermezza e perseveranza in una lotta che chiama braccia in prima linea ogni giorno. amo questa rubrica, provo amore e gratitudine verso voi che qui offrite testimonianza, attraverso la parola, dello sgomento, dell’orrore, della mostruosa e banale ripetitività del male, della vanità delle bandiere e dei colori quando a rimanere schiacciati sono gli inermi, quelli che non scelgono, quelli che soccombono, da una parte e dall’altra ugualmente umani, da una parte e dall’altra ugualmente donne, madri, figlie, bambine dagli occhi increduli eppure così profondamente plastici nella deformazione che ne fa il dolore di doversi piegare alla bestia per sopravvivere umane. Grazie Ferni, la tua poesia è bellissima, bellissimo che tu abbia voluto condividere frammenti così preziosi di un pianto che viene da lontano. A volte, davvero, mi fai credere che si possa essere ancora portatrici sane di speranza. pat

  5. Grazie Patrizia è proprio questo che mi muove a scrivere, della continua lotta per essere ciò che siamo, fragilissimi eppure anche partecipi e vivi non in uno solo ma in una collettività che supera i tempi e lo spazio in cui crediamo di abitare mentre è vasto lo spazio che siamo. Un abbraccio e grazie,ferni

  6. Women like her /Inherit tired eyes,
    bruised wrists and titanium plated spines.
    the daughters of widows wearing the wings of amputees
    carry countries between their shoulder blades.

    Donne come lei
    ereditano occhi stanchi,
    Polsi feriti e spine dorsali di titanio.
    Le figlie di vedove vestite delle ali di mutilati
    portano paesi tra le scapole.

    Emi Mahmoud, Mama

    Grazie Fernanda.

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