Henri Rousseau– La Guerra detta anche La cavalcata della Discordia- 1894
Campeggiano alte, in ognuna delle otto sezioni della bellissima mostra che Venezia dedica a Henri Rousseau (1844-1910) – allestita nei sontuosi spazi dell’Appartamento del Doge a Palazzo Ducale – una serie di scritte, scelte dai curatori per far da traccia interpretativa all’interno di un percorso artistico troppe volte imboccato con divertita leggerezza. Specie tra i suoi contemporanei, pochi seppero avvicinarsi col giusto passo all’artista francese, incapaci di cogliere la toccante e incontaminata poesia che la sua pittura trasmette, ma prontissimi a giudicarlo come un ridicolo fenomeno da baraccone, deriso prima di tutto per le incertezze stilistiche. Un approccio visivo, peraltro, il suo, anticipatore di tanta arte contemporanea, oggi molto ammirata e volutamente irregolare e sgrammaticata. Presenza, al contrario, rivelatasi cruciale proprio per la naturalezza con cui seppe svincolarsi da una serie di meccanismi intellettuali che, nel momento in cui vanno ad alimentare il pensiero, ne spengono le qualità istintive. Una pittura sostenuta dal desiderio di raccontare per immagini l’origine segreta delle proprie visioni. Ed è per questo che egli, forte della fragilità inscalfibile dei poeti, passò nel turbinìo delle avanguardie tra Otto e Novecento, senza subirne abrasioni, uscendone semmai rafforzato per effetto di contrasto. Nella sala – forse la più bella – con alle pareti le sue grandi boscaglie (ben sei), si può leggere: “Non so se voi siete come me, ma quando entro in quelle serre e vedo quelle strane piante di paesi esotici, mi sembra di entrare in un sogno”. Fitti grovigli di vegetazione formano una sorta di nido, per meglio proteggere una trama fatta di apparizioni, provenienti da parchi zoologici od orti botanici, trasformati in mondi lontani, grazie alla forza di una traboccante immaginazione. Arrivò a modificare persino la propria biografia, come quando raccontò di aver partecipato, in qualità di “musicista militare”, alla spedizione in Messico, del 1862/67, terminata con la morte di Massimiliano II. E’ la condizione onirica dell’adulto che si ritrova fanciullo, scoprendo il perdurare segreto di queste emozioni. Infatti, nel momento in cui l’osservatore entra con lo sguardo nei suoi quadri, ritrova stupito luoghi immaginati in un tempo oramai perduto. Per accompagnare piccoli dipinti raffiguranti paesaggi quotidiani, “essenza dell’ordinario”, è stato scelto questo suo pensiero: “Ci credereste che quando vado in campagna e vedo il sole, il verde, i fiori, a volte mi dico: tutto questo appartiene a me”. Prospettive sghembe e inverosimili, immagini appiattite, creanti effetti bidimensionali, ritagliate, spesso delimitate con contorni netti. Placche cromatiche dentro alle quali stendere il colore. D’altronde, erano gli anni in cui tutta la nuova pittura guardava alle stampe giapponesi. Difficile dire se Rousseau ebbe modo di riflettere sulle grandi battaglie di Paolo Uccello, così da avvalorare l’intelligente intuizione di Ardengo Soffici che, nel 1910, sulle pagine della Voce, ne sottolineò le assonanze nell’approccio compositivo. Di sicuro lo colpirono i primitivi italiani, visti e studiati quando, oramai quarantenne, lui, commesso di seconda classe al dazio (“daziere”, dunque, non “doganiere” come venne poi soprannominato), otterrà il permesso di entrare come copista nei grandi musei parigini.
l’incantatrice di serpenti
il sogno
i rappresentanti delle potenze straniere rendono omaggio alla Repubblica in segno di pace
1907
Scelte per sintetizzare la condizione d’isolamento e di derisione che la critica tutta aveva nei suoi confronti, colpiscono le parole che accompagnano la sezione denominata Candore arcaico, da cui prende anche il titolo l’intera esposizione. Riportano una testimonianza di Wilhelm Uhde, grande sostenitore dei nuovi talenti, nonché autore della prima monografia dedicata a Rousseau nel 1911, un anno dopo sua la morte: “In nessuna commedia, in nessun circo, ho mai sentito ridere come davanti al quadro di Rousseau Les souverains (I rappresentanti delle potenze straniere)”, anch’esso giunto per l’occasione in laguna. Questo accadeva quando, a partire dal 1886 egli iniziò ad esporre alcuni suoi lavori ai Salon des Indépendants, dove si poteva accedere senza passare per il vaglio della giuria.
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Io, ritratto-paesaggio– 1889-90
transatlantico in tempesta
Circa quaranta opere. Parecchi i capolavori: La guerra, del 1894; Io, ritratto-paesaggio, del 1889-90; Transatlantico in tempesta, 1899; L’incantatrice di serpenti, del 1907; Cavallo assalito da un giaguaro , del 1910. Inoltre, ad arricchire la mostra, dando ad essa una dovuta e stimolante completezza di percorso, sono stati inseriti una serie di artisti che per vie dirette o indirette sono avvicinabili all’esperienza figurativa di Rousseau, avendo alimentato la sua pittura.
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Cavallo assalito da un giaguaro
Non pochi, inoltre, successivamente ne rimasero affascinati: da Odilon Redon a Ensor, da Gauguin a Cezanne, da Frida Kahlo a Diego Rivera. In Italia: Tullio Garbari e Antonio Donghi (peccato non aver pensato di esporre un suo Paesaggio), ma anche nel primo Carrà troviamo una convergenza così come, sorprende non poco, trovare punti di contatto persino con il primo Morandi, qui presente con Fiori del 1916. Per non dire di Kandinskij che acquistò un suo dipinto (Il cortile, del 1896-98), per inserirlo nella prima mostra del Blaue Reiter a Monaco; o di Picasso, il quale, dopo aver a sua volta comprato da un rigattiere Ritratto di donna del 1895, organizza in onore di Rousseau, nel suo studio al Bateau-Lavoir a Montmartre, un festoso banchetto, accompagnato da musiche e da un poema scritto per l’occasione da Apollinaire. Anche questo episodio viene parzialmente ricostruito all’interno dell’itinerario espositivo.
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il cortile
Di origini modeste, complicate dagli azzardi economici del padre e non facilitate dagli esiti tutt’altro che brillanti della sua attività scolastica (eccelleva solo in calligrafia, particolare che può ricondurre al procedere meticoloso della sua pittura), la sua vita sarà segnata da una serie ininterrotta di lutti familiari e da alcune vicissitudini personali che lo porteranno ad avere problemi con la giustizia. Eppure Rousseau seppe perdersi all’interno della sua pittura, ritrovando un mondo percorribile, parallelo, fatto di sogni e di incubi (“Allegoria alla guerra”). Un mondo rappresentato con assoluta fedeltà, seguendo le proporzioni dei propri timori e dei propri desideri. La mostra, pensata da Gabriella Belli e Guy Cogeval, si avvale della collaborazione di Laurence des Cars e Claire Bernardi. Accompagnata da un eccellente catalogo edito da 24 Ore Cultura. E’ visitabile sino al 5 luglio 2015.
Silvio Lacasella
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Riferimenti in rete:
http://palazzoducale.visitmuve.it/it/attivita/per-la-scuola/per-la-scuola-2/rousseau/
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