Dedicato a Carla Accardi- Simonetta Met Sambiase

carla accardi

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Carla-Accardi-Di-ramo-in-ramo-2010.

Dal ponte dell’Accademia, ho riattraversato Venezia dopo quindici anni di assenza. Da lì comincia la mia “casa veneziana”, nel compresso spazio del quartiere. Al book store del Gugghenaim ho preso cataloghi per quanto le mie mani potessero permettersi ancora di trasportare per tutta la giornata (il mio costoso paese delle meraviglie quel piccolo luogo!). Un libro in particolare non ho resistito ad aprire subito: Le donne e l’Arte nel XX e XXI secolo, a cura di Uta Grosenick. Amaramente, l’elenco ha una sola presenza italiana, Vanessa Beecroft, che però ha il padre inglese; rarissime le figurazioni legate alla ricerca cromatica in astrazione (a parte Lee Krasner, che non poteva essere ignorata d’altronde). Un libro dedicato ad un’architettura “solida” dell’arte femminile, questa dev’essere stata la linea critica della curatrice, ne prendiamo atto. Se la curatrice avesse posto (ampia) attenzione anche al linguaggio del segno, avrebbe messo interesse in una circonferenza totale dell’arte femminile, lasciando che il linguaggio cromatico legato ad una superficie telata potesse essere riscritto in un libro dedicato. Sono scelte che ogni curatrice fa, non è certo questa la prima ricerca sul genere, ma personalizzando, la mancanza delle artiste della figurazione semioticamente cromatica mi è mancata. Io avrei aggiunto un’appendice italiana, a quel libro. Prima pagina su Carla Accardi (che nelle sale del Guggenheim veneziano c’è) .

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Da quella presenza mancata, una breve memoria la facciamo qui, sulle Carte Sensibili. Un omaggio ad un anno esatto dalla sua scomparsa. Qui c’è maggiore spazio, e l’arte di Carla Accardi si sviluppa in grande lunghezza, fra almeno duemila quadri dagli “incontaminati segni” che segnano l’intero dopo guerra fino ad oggi. La storia personale di quest’artista è fin dalla sua giovinezza presa dall’arte. Accardi , nel femminile del XX secolo italiano non solo vi ha dimorato ma ha costruito la sua montagna sacra. Partendo dalla prima giovinezza a Trapani, pieno mediterraneo di colore e tradizione, fino all’arrivo a Roma, (l’artista ricorda che “era un’ambiente difficile”) e lo spazio del cercare altrove dove confrontare i linguaggi, a Parigi (Tàpié, ammirava il lavoro di questa donna, lo rivela l’artista in una preziosa intervista degli anni ’70 ancora visibile sul sito della televisione nazionale). Per ritornare a Roma dove ha poi sempre vissuto fino alla fine.
La strada è stata lunga. Il suo produrre è intorno al segno. E il segno è una conquista di linguaggio universale, che attraversa la vita alla ricerca di quel simbolo unico che tutto può comunicare nello spazio universale dello spirito, oltre le barriere perimetrali della figura naturalistica. Dal cui perimetro è partita la sua visione ai tempi dei suoi “perimetri”, che hanno attraversato il bianco, il nero, il colore, luminescente o piatto; poco uso di oli, molto di tempere o inchiostri. Superfici piccole, grandi, lucide, lunghe. Dal sicofoil al pexiglas delle sue tende, ma anche dei suoi coni e cilindri, che si istallano nello spazio alla fine degli anni 60. Punto fermo dell’indagine, la Forma (Forma1, uno dei luoghi storici dell’astrattismo italiano a cui apparteneva Claudia Accardi;) il codice dell’Accardi non perde mai l’equilibrio o il distacco da una regola “aurea”, che astrae bellezza dai rapporti impersonali dell’ umano e del simbolo, che nei suoi paesaggi disin-formali coinvolgono l’essere oltre la sua forma convenzionalmente naturalistica .“Ho cominciato con dei segni senza alcuna grazia; poi però proprio dal loro studio è nata tutta una popolazione, una selva, una natura reinventata, o parallela alla natura delle grandi costruzioni, che venivano poi da me sognate, intraviste, quando tornava la sera nello studio”. Il colore è lo stato della grazia nei suoi lavori. Lo spazio segue invece la sperimentazione mobile della sua lunga vita artistica, “autorigenerante” con il bianco e nero del foglio (nei tempi dove la vita fuoriusciva finalmente anche dalla guerra) all’uscita dal foglio stesso, mettendosi ad indagare e generare arte in quei prodotti di massa che la chimica tecnologica sforna per tutto l’occidente negli anni del Boom italiano. E i lenzuoli degli anni ’70. E il ritorno alle tele (a volte anche chilometriche) degli ultimi anni. Accardi negli anni ’60 è seguita nella sua pittura da Carla Lonzi, che oltre alla militanza femminista è interessata alla critica artistica. Lonzi e Accardi sono legate fra di loro da stima e amicizia, e dagli anni ’60 in poi “le due coltivano una profonda amicizia e sollevano una serie di questioni sulla relazione tra arte e femminismo, sul ruolo del critico e sull’utilità stessa dell’arte. Accardi credeva si fosse arrivati a un esaurimento della cultura occidentale, nella consapevolezza di quanto fossero importanti le influenze e le dinamiche sociali nella creazione delle disuguaglianze tra uomo e donna. L’artista già dalla metà degli anni sessanta, ancora prima di passare alla militanza, percepisce un disagio, come molte altre donne, una consapevolezza legata alla sua condizione femminile, come afferma in Autoritratto Carla Lonzi, opera-testamento complessa e ancora attualissima. Qui emerge una chiara coscienza del suo essere non solo artista ma donna artista (Katia Almerini)” . Una nuova cultura, dunque, è il patrimonio da continuare a costruire, e tutta la vita pittorica di Accardi scardina e ricompone per creare un’altra visione, un’altra lingua. Tutta la vita ad adoperare “questi segni, tutto un linguaggio” dove però al colore o la forma in astrazione non è concesso strabordare, indisciplinare il percorso visivo e percettivo, perché il linguaggio deve essere dialogante, deve comunicare direttamente con una voce unica. Il dis-ordine, il non-ordine è cacofonico e fa parte di altri stili, la vita delle forme dell’Accardi ha un ordine naturale, che conduce alla musica piuttosto. “Io musica non ne sento quando lavoro perché la musica la faccio io”, diceva l’Accardi, e il rimando alla grande avanguardia di inizio secolo è innegabile. L’ultimo catalogo ragionato dell’opera dell’artista, fino ad adesso, è del 2011, mentre si possono trovare altre sue presenze nei cataloghi delle mostre, in collettiva e in personale, e nella grande libreria aperta della rete.

Simonetta Met Sambiase

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6 Comments

  1. Nel primo anniversario della scomparsa di una grande, grandiosa artista. Grazie a Carte Sensibili ne ricordiamo l’opera.

  2. grazie per il piacere di leggere questo bel testo critico,questo ricordo che era dovuto a una grande artista e alle immagini dei dipinti-splendidamente riportate da Ferni.

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