vaslav nijinsky- le pavillon d’armide-1911
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Nel 1919, ormai quasi prossimo alla malattia che lo accompagnerà poi sempre, Nižinskij, il grande ballerino e coreografo russo da cui tutto il mondo della danza prende esempio, uno dei ballerini più dotati della storia, celebre per il suo virtuosismo e per la profondità e intensità delle sue caratterizzazioni, scrisse tre quaderni conosciuti come i Diari.
C’è stato un perido della mia vita in cui la lettura dei diari di persone diverse, ma soprattutto diari della follia di personaggi e persone note e meno note, di nazionalità, cultura e formazione differenti, costituivano per me un forte richiamo, e sono stati il movente che mi ha portata ad incontrare ciò che non sapevo di dover incontrare: me stessa, persa in quella selva oscura in cui tutti, prima o poi, capitiamo senza sapere quale sia l’incontro e senza di certo sapere che è con noi che abbiamo l’appuntamento e, sempre, noi stessi siamo il mezzo per farlo. Noi: cuore e memoria, intuizione, emozioni, paure, la geografia di un paese fatto di baratri che ormai sembra prossimo allo sfascio o all’esplosione che invece, lì sotto terra sotto traccia, ti ritrova e rigermina. Ricordo di aver letto i suoi quaderni cercando qualcosa, senza sapere bene cosa. In essi trovai il candore e la fragilità, su cui si reggeva in equilibrio Nižinskij, una psiche tormentata e abbagliata dalla bellezza ma anche dai soliti contrasti che la vita ci porta a vivere. Quasi tutti gli argomenti trattati sono quasi prevalentemente di carattere ideale, c’è in ciascuno di essi il filo del suo pensiero, che si snoda e si aggroviglia attorno alle sue dita anche se lui li scrisse con l’idea che sarebbero stati pubblicati e avrebbero potuto insegnare a tutti, in tutto il mondo, ad amare e ad amarsi, soprattutto a non considerare il denaro come centro della propria vita, e per questo li pensava lineari, semplici.Ciò che lo preoccupa e di cui parla sempre è la relazione e il contatto con tutti gli altri fosseri questi: uomini , natura e universo. Il suo centro è l’amore, anche per gli animali, motivo del suo essere per scelta vegetariano. Inoltre nei diari si affacciano le sue relazioni più personali: con la moglie, per esempio, con cui non sempre è in accordo, con i genitori di lei mentre il suo amore per l’umanità viene espresso senza alcuna ostilità e con convinzione, più e più volte in tutti i quaderni.Anche la sessualità viene considerata e tratteggiata in alcuni passi dei diari mentre l’unica che quasi scompare è la danza, che raramente viene menzionata. Eppure aveva mandato in visibilio il pubblico di mezzo mondo e contemporaneamente aveva scandalizzato e catturato molti artisti. Le sue provocazioni avevano infastidito e fatto sussultare molte platee e questo grazie al ricco mecenate russo Sergej Djaghilev , che sostenne la compagnia di Nijinskij facendo di lui la stella indiscussa del balletto russo per un ventennio. La sua arte e la sua acrobaticità sembrava sfidare la forza di gravità, danzava come nessuno con grazia sulle punte seducendo interi teatri. Le grandi innovazioni introdotte negli spettacoli lo resero unico, inarrivabile. I movimenti angolari, i salti, selvaggi i sussulti di quel corpo agile e minuto, unitamente ad una carica erotica piena di sottintesi sessuali, identificarono un progetto di diversificazione e ricusazione di tutte le regole vigenti per il balletto classico di allora. Nessuno rimase indifferente a tali cambiamenti, né i compositori, né i pittori, e gli altri artisti. La troupe di Djaghilev ebbe il supporto di eccellenti collaborazioni: Stravinskij ma anche Picasso, Matisse, Braque e Mirò, dando una tensione agli spettacoli da mozzare il fiato in messe in scena straordinarie e d’avanguardia, in cui impressionismo, surrealismo, cubismo e costruttivismo si facevano la struttura stessa della coreografia del ballerino. Ma non mancarono molti chiacchiericci sulle relazioni omossessuali tra Djaghilev e i suoi artisti, tra cui anche Nižinskij, definito “geniale idiota” da Diaghilev stesso, da altri ingenuo e folle.Nei diari appare tutto questo ma fondamentale è il dialogo ininterrotto di Nižinskij con l’altro se stesso, la parte in ombra della sua personalità che viene disegnata come dio, e rispetto alla quale egli afferma senza nascondimenti la sua dipendenza, perché viva questa ombra vive in lui e di lui e ha il potere di decidere ogni sua scelta, ogni suo passo. L’artista si rende inoltre conto che chi lo circonda, moglie, amici e medico di famiglia, leggono in lui non ciò che lui legge con chiarezza in sé ma segnali e sintomi di una pazzia che gli fanno temere d’essere rinchiuso in manicomio. Una lettura che mi ha portato a cercare le connotazioni e i passi della sua vita perché lì avrebbero dovuto esserci i presupposti di quanto egli fu dopo ma in cui, tra parentesi inattese, scoprii di me stessa molti tratti oscuri.
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vaslav nijinsky
Nacque a Kiev, Vaslav Nijinsky, il 12 marzo 1890, da una famiglia di ballerini polacchi emigrata in Russia e si considerò sempre un polacco, nonostante la sua non perfetta coonoscenza della lingua. Si iscrisse alla Scuola di Ballo Imperiale di San Pietroburgo nel 1900, dove studiò con Enrico Cecchetti, Nicholas Legat e Paul Gerdt. A 18 anni si esibì sul palco del teatro Mariinskij in ruoli da protagonista. Il punto di svolta nella vita di Nižinskij è il suo incontro con Sergej Diaghilev, membro dell’élite di San Pietroburgo e ricco mecenate, che promuove le arti visive e musicali russe all’estero, in special modo a Parigi. Nižinskij e Diaghilev diventano amanti e Diaghilev prende in mano la direzione della carriera artistica di Nižinskij. Nel 1909 organizza la tournée parigina di una compagnia di ballo di cui Nižinskij e Anna Pavlova sono le étoiles. Lo spettacolo riscuote un grande successo che accresce la reputazione dei tre attraverso i circoli artistici europei. Sulla scia del successo Diaghilev crea la compagnia Les Ballets Russes che il coreografo Michel Fokine renderà una delle compagnie di ballo più famose dell’epoca. Dal 1909 al 1913 la relazione personale e quella professionale fra i due procedettero sempre di pari passo (sia pure attraverso momenti tempestosi, oggetto di pettegolezzi non sempre benevoli nella “buona società” letteraria e artistica). Fino alla fine: la decisione di Nijinsky di sposarsi e quella di porre fine alla collaborazione con Diaghilev coincisero. Il talento di Nižinksij fu evidenziato in diversi allestimenti di Fokine, tra cui “Le Pavillon d’Armide” (musiche di Nikolaj Čerepnin), “Cleopatra” (musiche di Anton Arenskij ed altri compositori russi) e il divertissement “La festa”. La sua esecuzione di un pas de deux da “La bella addormentata” di Piotr Ilič Čaikovskij fu un grandissimo successo. Nel 1910 si esibì in “Giselle” e nei balletti “Il carnevale” e Sheherazade, basati su una suite orchestrale di Nikolaj Rimskij-Korsakov. Rientrato al teatro Mariinskij, ne fu espulso presto a causa di uno scandalo omosessuale. Divenne allora membro fisso della compagnia di Diaghilev, le cui realizzazioni furono da quel momento centrate sul suo ruolo e le sue capacità. Fu così protagonista dei nuovi allestimenti di Fokine, “Lo spettro della rosa” di Carl Maria von Weber e Petruška di Igor Stravinskij. Col supporto e l’incoraggiamento di Diaghilev, che ne intuì le doti fin lì inespresse in questo campo, Nižinskij iniziò a lavorare egli stesso come coreografo, influenzato dall’euritmica di Emile Jaques Dalcroze, e produsse tre balletti, L’après-midi d’un faune (“Il pomeriggio di un fauno”), su musica di Claude Debussy (1912), Jeux (1913) e La sagra della primavera su musiche di Stravinskij (1913). Nel 1913 la compagnia de Les Ballet Russes parte per un tour in America del Sud senza Diaghilev, per via della sua paura dei viaggi trans-oceanici. Senza la supervisione del suo mentore, Nižinskij sposa Romola de Pulszky, una contessa ungherese. Secondo le memorie della sorella Bronislava Nižinskaja la de Pulszky, grande ammiratrice del ballerino, fece di tutto tramite i propri contatti per potersi avvicinare a Nižinskij, fino al riuscire a viaggiare sulla sua stessa nave in occasione di un trasferimento. Numerose furono le ipotesi sulle vere ragioni che stavano dietro a questo matrimonio: la più diffusa vuole che Nižinskij vide nella ricchezza e nel titolo nobiliare della de Pulszky un mezzo per affrancarsi dalla dipendenza da Diaghilev. Romola è stata successivamente criticata da molti come la donna che forzò Nižinskij ad abbandonare la propria arte per il cabaret, e le cui maniere pragmatiche e decise spesso si scontravano con la natura sensibile dell’artista. Molti vedono in questo fatto un contributo allo scivolamento di Nižinskij nella follia. E nel suo diario Nižinskij annota che “mia moglie è una stella che non splende…”. Si sposarono a Buenos Aires ed al ritorno in Europa furono immediatamente licenziati da Diaghilev in preda alla gelosia. Nižinskij cercò di fondare una propria compagnia, ma un cruciale ingaggio londinese fallì per problemi amministrativi. Durante la prima guerra mondiale Nižinskij, cittadino russo, fu internato in Ungheria. Diaghilev riuscì a farlo espatriare per un tour in America del Nord nel 1916, dove fu coreografo e protagonista del balletto “Till Eulenspiegel”. I segni della sua dementia præcox iniziarono a manifestarsi allora agli altri membri della compagnia. Nižinskij aveva paura degli altri ballerini e temeva che le botole del palcoscenico venissero lasciate volutamente aperte per farlo cadere dentro. Con un esaurimento nervoso nel 1919, la carriera di Nižinskij giunse di fatto alla fine. Gli fu diagnosticata la schizofrenia e la moglie lo fece ricoverare in Svizzera, affidandolo alle cure dello psichiatra Eugene Bleuler. Nižinskij avrebbe trascorso il resto della sua vita entrando e uscendo da ospedali psichiatrici. Morì in una clinica di Londra l’8 aprile 1950 e fu sepolto a Londra, dove rimase fino al 1953, quando la salma venne traslata al Cimitero di Montmartre a Parigi, in una tomba accanto a quelle di Gaetano Vestris, Theophile Gautier e Emma Livry.
Niente ha scalfito ciò che nei diari è solo l’ombra, mai del tutto esposta, nemmeno davanti a se stesso.
fernanda ferraresso
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Debussy – “Prélude à l’après-midi d’un faune
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RIFERIMENTI IN RETE
Diari biografie memorie lettere il 900 è ricchissimo di testimonianze e sono un cielo, un’apertura… sono vita e misurarsi col passato, senza aridità. In questo siamo fortunati. Questo scritto me lo conferma; un’icona del 900 poco compreso, ma leggendo degli altri capisco sempre più che agli altri non arriviamo. Ne vediamo appunto l’ombra. Grazie della riflessione.