alex malcomson
Sfogliando la dispensa mensile di poesia Quinta Generazione del novembre – dicembre 1979, edita dalla casa editrice Forum, trovo improvvisamente il luminoso volto giovanile di Biagia Marniti. Il suo ritratto ha come sfondo la nutrita libreria di una biblioteca. Provo una grande emozione, non solo perché ho conosciuto personalmente Biagia ma perché con lei troviamo un’altra testimonianza alta di scrittrice ormai del tutto dimenticata.
Lei stessa se ne lamentava negli ultimi anni, durante le nostre telefonate, chiedendomi più volte di andare a trovarla a Roma, dove morì nel 2006 all’età di 85 anni. Fu allieva di Giuseppe Ungaretti che individuò il suo carattere fiero e rigoroso soprannominandola nera. Nativa di Ruvo di Puglia, si trasferì poi definitivamente nella capitale, dopo aver lavorato a Sassari come bibliotecaria.
L’attenzione colta verso l’opera rimase dominante in tutta la sua vita, non solo continuando a lavorare nell’ambito bibliotecario, in particolare presso la Biblioteca Angelica e nell’Accademia dell’Arcadia, ma radicando nella sua ricerca poetica una verticale dedizione all’approfondimento.
Si staccò lentamente dall’ermetismo per poi confluire in un realismo del quotidiano in cui la riflessione interiore fluisce in una versificazione relativamente piana.
Oltre le sue opere poetiche, Nero amore, rosso amore, 1951, Città, creatura viva, 1956, Più forte è la vita, 1957, Giorni nel mondo, 1967, Il cerchio e la parola, 1979, Sono terra che uomo ha scavato, 1985, Il gomitolo di cera, 1990, Racconto d’amore, 1994, L’azzurra distanza, 2000, Implacabili indovinelli 1941-2003, 2003, voglio ricordare soprattutto il suo enorme lavoro sul carteggio tra Domenico Gnoli e Vittoria Aganoor, edito nel 1967 da Sciascia editore. Quest’opera è davvero un ombelico della storia letteraria italiana tra otto e novecento, dentro cui la personalità di Aganoor scoperchia le retoriche del canone maschile, anche mettendo in ridicolo comportamenti e fatuità del mondo letterario.
Riporto una poesia delle tre presenti nell’antologia.
CONTROFIGURA
Trasalendo ad ogni fruscio
a volte credo di essere
la controfigura di me stessa.
Distaccata e presente,
pronta e lontana
spesso estranea
come un duplicato non autenticato,
cerco di risalire.
Essere all’altezza.
Ma da quale silenzio.
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anna maria farabbi
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Riferimenti in rete:
https://cartesensibili.wordpress.com/2010/07/05/e-ancora-una-volta-vittoria-aganoor-a-padova/
conoscere e mai dimenticare
oltre le parole il segno della condivisione
una casa da illuminare con tenacia e pazienza
grazie Anna Maria