celia smith
I
Le quattro pietre ancorate al mare sembrano sorelle,
quattro dita in tutto afferrano l’impossibile. Così, se tu temi
la luce vorrebbe dire dover lasciare l’uscio chiuso per
troppo ancora. Rimanda la paura. A dopo. E intanto
siediti. Resta. Con un gesto del piede allontana dunque
il pensiero dalla fronte, troppi angoli mostra il prisma,
troppi colori conta l’arcobaleno, nel sole i raggi
tanti quanti i visi. Lontano dagli sguardi serba il seme
per piantarlo all’uso del lunario, e di quel che resta
a me basterà l’odore delle cotogne e della paglia.
II
Mi sto imbottendo di noia
ne faccio scorta contro la stanchezza del corpo,
fisica dei poveri. Adagiati sui marciapiedi
con quattro zampe insieme da sfamare
con altri occhi con cui guardare il via vai,
il vai vai che passa senza posa. La sciarpa al collo
è un collare per stare fermi, nel gran movimento;
è una palla bucata che tintinna, di poco, ma tintinna
nello sfarzo del prossimo natale. La fine del mondo,
quando arriverà, ci coprirà tutti. E noi, infine nudi,
nella grande ciotola del mondo saremo il pasto.
Giuseppina Di leo
.
martin palottini
cartapesta
tutta quella polpa d’albero che attraversa le dita
fango stropicciato in attesa di un eden
un’animula addensa dentro la pasta
grida la nascita un nome
esige un’identità inattaccabile
nel segno dell’offerta
e l’abito giusto cerimoniale
anche se ha scelto d’essere un pastore
ancora senza gregge oppure
una raccoglitrice di frutta nel gesto di offrire
tre grappoli d’uva come gioielli
chiede un vestito dai toni caldi
durevoli
un vestito per piccole persone
che sanno come restare imperturbate
lungo il tempo…dentro una ferma felicità
loro conoscono la Carta
la via l’approdo il verso dove
Annamria Ferramosca
da CICLICA– ed. La Vita Felice 2014
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celia smith
Paesaggi 1
Non ci è più dato di fuggire dalle nostre vite
da quando le terrazze non sono più sgombre,
se sali fino ad affacciarti su di esse non entri più
in quella dimensione che un tempo ti lanciava via.
Non c’è più alcuna piattaforma per le stelle,
né la città ti appare più capovolta sulla strada del cielo;
è scomparsa la casbah di panno e si sono eretti i sottotetti,
le cuffiette di legno o i pannoloni marci per tenersi dritti.
Non ci abbandonare mi dice l’involontario portiere,
ma non basta questa fiducia a ridare vita al vento
sulle terrazze che ti vengono incontro imbrigliate dai fili di ferro
e non si può più correre sui mattoni neanche ad essere un mutante.
Non ci abbandonare mi ha detto l’involontario portiere.
Ma se non ho ancora trovato il coraggio di abbandonare me stesso.
Pasquale Vitagliano
da un qui pro quo nasce talora
uno sguardo che innamora.
stavi per concludere un affare
l’acquisto di un gaspare
o di un melchiorre
o forse baldassarre
lo rigiravi con cautela:
guarda! è di biscuit!
guarda questo particolare!
ti manca? sì!
dentro quel sì c’era un mondo
di infanzia che mi sono persa
[come sono diversi i natali
dentro le case anche se a dirli
paiono tutti uguali] c’era
un languore di bambino
che in pochi miracolosamente sopravvive.
come dirti di no, come dirti,
da massaja pettoruta,
che con una statuetta di presepe
ci faccio una spesa bell’e compiuta?
guardavo i gingilli i libri i quadretti
desiderosa anch’io [ma di te eterna
sorella maggiore]. quando mi girai
per vedere se avevi stabilito,
il prezzo era già stato pattuito:
non costava una settimana
il solo baldassarre [o gaspare
o melchiorre] ma tutto il presepe
compreso il bambinello!
caro! no che non è caro!
dicevo il bambino!
ah, sì: è tanto bello!
Ogni uomo è una soglia
Aperta sull’abisso
Una presenza inattesa che scava
Gli abissi della follia.Ogni uomo è una sosta
Tra due solitudini
Due cuori spezzati
Dallo stesso dolore.Ogni uomo è una nascita
Che chiede linfa, acqua e respiro
Un seme di speranza e di luce
Che vuole la tua bocca, il tuo cuore e la tua sete.
Tutto il resto è solo un panneggio
Di luce nera sopra un abisso.
Donato Di Poce.
Fa freddo, piove
quanti nascono sotto quest’acqua scura
sbagliati, bagnati di pioggia sporca.E nascono bambini in mezzo all’Ebola
come fiori nell’acqua putrida,
ci fosse almeno una culla di paglia
un ospedale.
E nascono bambine nel buio scuro
di un mantello nero,
l’uomo teme un corpo femmina
la verità che contiene.E nascono tra i rottami delle guerre
sangue impastato con la polvere
bambini mai bambini.Eppure ci fa sempre meraviglia
chi ci uccide.
“Ho preso sempre strade che avevano tracciato
altri,/ ogni pietra un ricordo di precedenti viandanti.”
Michael Kruger- da Viaggi
Sono tutte nella mente
e mappe dei miei viaggi
ghiacciai che muovono il gelo
strade di cemento e pioggia
da rampicare nel verdenel pugno stringo le sementi
e nello zaino nuvole essiccate
da usare in assenza di pioggia.La mappa è reticolo negli occhi
a volte percorro viali di capitoli brevi
a volte autostrade di svincoli,
rimandi, note a marginei viaggi pretendono partenze
rettifili da seguire con devozione
fino agli orizzonti larghi
dove si stagliano case e angoli convessi.Nei viaggi la frequenza è costante
per non trascurare le virgole
indosso cuffie ibridee consumo parole a fiotti,
ognuno ha le proprie,
le mie le ho strappate agli ulivi
fissate con chiodi e tralicci
carpite a piccoli morsi.Intanto i giorni decresconocome pozzanghere
dopo lo scroscio.
.
Laura Pezzola
grazie per queste voci, grazie a voi che avete accolto l’invito
un saluto particolare a Giuseppina che non sento da tempo
elina
oggi wordpress ha intenzione di farmi divenytare matta con i font che modifica a suo piacere, ieri era perfetto, oggi tutto scombinato….
grazie di questo spazio e di queste voci che raccontano tante nascite, e rinascite.
molto, molto belle, la bellezza dello spirito intendo.
Grazie Elina per questo tuo ascolto.
Giuseppina
grazie per queste percezioni poetiche che ci portano oltre i luoghi comuni
testi davvero molto belli.
Grazie Fernanda per il filo che fai sempre!