daniel ursache
Se rimanessa aperta ogni ferita
che tutti abbiamo in corpo
la fossa profonda che mostra
l’orrore delle guerre senza fine
senza altro fine che l’omicidio di un altro e poi un altro
milioni di altri tutti come noi
e poi la violenza gratuita sempre
su chi è più debole che sia bambino donna o uomo
questa violenza che non corre sempre nel sangue
ma rossa divampa l’indifferenza sulla brace
di ingiustizia sull’ignoranza fertile e sempre più feconda d’altri orrori
d’altri necrologi che si susseguono in ogni attimo
in cui il silenzio nostro ricopre questi baratri
e ci soffia all’orecchio che non si torna indietro
con una menzogna che non è la spiegazione di nulla
se non della mancata volontà nostra
volontà che ci manca
per essere altro da ciò che ora si è tutti
miserabili e poverissimi
e i ricchi in testa a tutti
perché vuoti oggetti che ospitano la propria
e l’altrui violenza in un cuore opaco
in un buco nero nero nero dove batte solo il peso
di tutto ciò che da secoli è la pece del nostro inferno
la cava in cui scaviamo l’ incommensurabile amore mai speso
fernanda ferraresso
come si fa a non condividere una poesia fremente come questa? Vorrei essere la prima. Ma intanto….mille dolci AUGURI da spartire a chi ancora vede la differenza tra il BENE e il MALE
grazie Lucetta, grazie per firmare con me questa posizione. Un abbraccio. f.
C’è un’indignazione condivisa che la poesia rende meno vulnerabile e più estensibile; abbiamo una teologia della colpa da millenni, fatti impuri, chi mai potrà fermarci, toglierci il segnacolo del male? Conosco tante brave persone, ciascuna con la sua bella ferita esposta o nascosta, tutto il dolore sulle spalle o sui piedi, ma a quale farmaco, a quale lavacro i passi ci conducono? Hai messo insieme una sequela di infamie incancellabili eppure neppure tu resti immobile in attesa di un’altra gragnola di sassi , perciò ti è concesso , come si fa ai poeti di dire e disdire: di tutto ciò che da secoli è la pece del nostro inferno
la cava in cui scaviamo l’ incommensurabile amore mai speso.
Narda
Cerchi con le parole di esporti e non allontani da te niente, anzi sento che ti prendi addosso tutto ciò che appartiene a caina, la stirpe che vive nelle città, dove il male è vita e la vita fa male.Grazie anche di questi testi difficili, giorgiana
Sembra il testo chiuda in sé lo spazio del nostro tempo, con tutta la carica di violenza e mancanza di significato se non quello di vedere nell’altro un nemico. La costruzione del nemico ci ha portato a tante semplificazioni e i nemici veri proliferano sullo strazio quotidiano che dilaga.
Un caro saluto.
sì Nadia vedi chiaro nel testo e senti come la cosa fondamentale sia quel nemico che vediamo fuori di noi ma è noi, e di questo non ci accorgiamo mai. Un saluto e un abbraccio, ferni