antonio palmerini- s
L’ho incontrato per caso, girando in rete alla ricerca di un altro artista. In Tumbler una foto e poi la ricerca specifica. Palmerini cita testi poetici, uno di questi afferma che
Se non riesci a dormire la notte, è perché sei sveglio nel sogno di qualcun altro.
E le sue fotografie sono, secondo me, trasmigrazioni, dai sogni ai segni, quelli lasciati dai nostri gesti nell’aria, tra le cose che tocchiamo, abbandoniamo, amiamo,…
C’è l’anima vagabonda dei nostri fantasmi, la proiezione, forse, dei nostri pensieri, del mondo immaginario che rilasciamo senza accorgercene, magari sospirando ed è là che si forma quella fanta-alma, il nostro fantasma che inizia a girare con noi, davanti a noi, mostrandoci un altro mondo che prima non percepivamo perché distante da noi mentre ci era prossimo. E c’è, nei fotogrammi di Palmerini, qualcosa di Friedrich, ma a rovescio in quanto noi vediamo il soggetto, vediamo il suo sguardo, vediamo il paesaggio o la scena in cui è immerso ma. Non sappiamo affatto quale sia l’oggetto della sua attenzione, ci supera, ci attraversa e noi lei, lui o le cose. Tutto è una realtà che sfuma, sfugge, si sgrana e si forma, pelle pellicola dello sguardo
Credo che sarebbe azzeccato anche per questi “quadri” di Palmerini il commento a suo tempo scritto dal drammaturgo, Heinrich von Kleist a proposito di un dipinto di Friedrich famosissimo, il Monaco in riva al mare. Egli scrive appunto che:
« […] tutto ciò che avrei dovuto trovare nel quadro, lo trovai tra me e il quadro […] e così io stesso divenni il monaco, il dipinto divenne una duna, ma ciò su cui doveva spaziare il mio sguardo nostalgico, il mare, mancava del tutto. Nulla può essere più triste […]. Con i suoi due o tre oggetti ricchi di mistero, il dipinto è simile all’Apocalisse, come se avesse i pensieri notturni dello Young, e poiché nella sua uniformità sconfinata non ha altro primo piano della cornice, guardandolo si ha l’impressione di avere le palpebre tagliate. E tuttavia il pittore ha indubbiamente aperto un cammino nuovo nel campo della sua arte […] »
Credo che altrettanto faccia Palmerini, proponendo nelle sue apocalissi del colore una genesi dei toni, vivi, netti, in chi percepisce l’immagine e la sente formarsi come corpo interiore e non un’ inerte trasmissione di segni.
Il nero, di Palmerini, è sostanza plastica ed è corpo quanto l’immagine che vi si scontorna, mentre lo cogliamo attraverso lo sguardo, cammina lungo il nostro orizzonte premendo un segno, un chiaro-scuro di matita luce che espande in noi un’essenza, la nostra percorrenza in una vita che in quel nero, di fatto si allarga, s’illumina di riflessioni, di attese, afferra i nostri black out e ne trae i corpi così come li abbiamo persi in una rincorsa precipitosa, perché qui, nelle fotografie di Palmerini il tempo non accelera mai, anzi rallenta, quasi frena, permettendo l’espansione dello sguardo o del segno di un volto che ci tocca, preciso, ci propone una domanda che solo noi, solo in noi, troverà la propria risposta.
C’è inoltre, a mio avviso, qualcosa delle ambientazioni di Sironi, in quelle scene vuote, in cui solo una persona, una figura, s’inscrive nell’ambiente, senza modificarlo perché anch’esso è il suo corpo dilatato.
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antonio palmerini
mario sironi
La tecnica della doppia esposizione non basta a spiegare le sue immagini, quell’effetto straniante che ci riporta al sogno, all’abbozzo di un disegno a china o con matita grassa, gode di una dis-posizione molto, molto più lunga, perché è quella dell’anima dell’autore di questi scatti, che afferra l’attimo e il prodigio che tocca in sé, con altri contrasti facendone tecnica descrittiva: per cui ogni fotografia è la doppia esposizione di sé in ogni soggetto che rappresenta, le lunghe esposizioni ad alto contrasto sono quello che Palmerini risolve in sé, facendone la sua pelle abitacolo abitabile, in cui appunto sogni e segni sono impulsi istantanei del suo mondo interiore, subconscio che si dice con tocchi e tratti di disegno, graffi, specchiature, rotazioni di un cosmo che è l’attimo e il ponte verso l’altro o l’altrove.
Ci scriviamo, di tanto in tanto, ciascuno di noi lascia all’altro un segnale e un segno, quanto basta per godere dell’incontro.
fernanda ferraresso
RIFERIMENTI IN RETE:
è una bella nota e porta numerose riflessioni oltre l’incontro che non può consumarsi in uno sguardo veloce ma accrescerci in un segno che dimori
grazie anche a te Elina anche se so che tu ami di più…i colori. f
grandissima sensibilità e intuito nelle tue parole, adesione totale e abbandono a ciò che le immagini scatenano, evocano…la pelle “abitacolo abitabile” in cui “sogni e segni sono impulsi istantanei del mondo interiore”, subconscio “rotazioni di un cosmo che è l’attimo e il ponte verso l’altro e l’altrove”. Grande Fernanda Ferraresso. Grande Mario Sironi…
mi piacciono in modo particolare i suoi scatti, per tutti i motivi che ho detto e anche qualcosa che ancora mi sfugge ma mi affascina e mi cattura ogni volta.Grazie per la lettura e spero che anche tu lo apprezzi perché è davvero molto particolare e mai prodotto mercantile ma arte.ferni
Ogni particolare di quest’intervento è entusiasmante e stimolante. Grazie per avermi fatto conoscere un nuovo artista e per i moltissimi suggerimenti di riflessione, approfondimento e lettura.
Grazie Antonio e altri, molti altri sono gli artisti a cui vorrei dare più spazio e più attenzione, senza correre ma molto è tutto ciò su cui devo comunque rivolgermi e su cui soffermarmi- A presto, con altri autori ancora. ferni
Grazie sempre, carissima Fernanda, dei tuoi preziosi invii e della tua indispensabile presenza. Un grande augurio e un affettuoso saluto anche da parte di Gabriella,
Mariella B.
Grazie a voi Mariella, ricambio ad entrambe il mio abbraccio. fernanda
Quei versi che citi all’inizio “Se non riesci a dormire la notte, è perché sei sveglio nel sogno di qualcun altro” continuano a frullarmi in testa, e così queste fotografie straordinarie che tu hai commentato riuscendo a penetrare e spiegare il loro mistero. Grazie di questa scoperta, anche perché le foto di Palmerini mi hanno riportato alla memoria un altro fotografo che avevo purtroppo dimenticato, Evgen Bavcar, un fotografo famoso anche per il fatto di essere cieco. Ma davvero c’è qualcosa che agli occhi sfugge e che queste foto riescono a catturare.
Ne sono contenta perché con Palmerini c’è un dialogo particolare e segreto agli altri, le nostre scritture restano come le sue immagini fantasmi ma presenti, ciascuno di noi le porta in sè, insieme con il dono che i nostri percorsi portano l’uno all’altro.
Di Evgen Bavcar, scrissi tempo fa, ti lascio il link se può interessarti. Di nuovo grazie per l’attenzione, f.
https://cartesensibili.wordpress.com/2011/10/22/%E2%80%9Cil-terzo-occhio-di-evgen-bavcar%E2%80%9D-dalla-rete-in-una-trama-di-immagini/