hans memling- Madonna e il Bambino (Lisbona)
Memling – Roma – Scuderie del Quirinale
11 ottobre – 18 gennaio 2015
E’ aperta dall’11 ottobre, alle Scuderie del Quirinale, la prima mostra monografica in Italia di Hans Memling (1440 circa -1494), curata da Till-Holger Borchert , direttore del Memling Museum di Bruges (visitabile sino al 18 gennaio 2015): probabilmente la più ampia e articolata tra le rassegne organizzate fuori dal Belgio, con opere provenienti da musei di tutto il mondo. Tra queste non vi è l’imponente trittico del Giudizio Universale, che sarebbe giunto nel nostro Paese con appena cinque secoli e mezzo di ritardo, essendo stato realizzato, tra il 1468 e il 1472, per la cappella dedicata a San Michele, nella Badia Fiesolana a Firenze, commissionato da Angelo Tani, proprio in quegli anni a capo della filiale del Banco Mediceo a Bruges. La galea sulla quale nel 1473 era imbarcato il dipinto (203×305), di proprietà di Tommaso Portinari (subentrato a Tani nella direzione della banca e a sua volta grande ammiratore di Memling), infatti, fu assalita in mare da una nave pirata, capeggiata da Paul Benecke, dotato di occhio sensibile, a quanto pare, essendo la tavola uno dei grandi capolavori dell’età giovanile dell’artista. Una volta trafugata, la portarono a Danzica, dove ancor oggi abitualmente si trova, nelle sale del Muzeum Narodowe.
Bruges – attivissimo scalo commerciale, grazie a Filippo il Buono che vi insediò una corte – accolse numerosi artisti, divenendo un punto di riferimento per tutta la pittura fiamminga dell’epoca. Qui, più di trent’anni prima, ad esempio, a partire dal 1432, Jan van Eyck realizzò alcuni tra i suoi quadri più celebri. Hans Memling (peraltro nato a Selingestadt, in Germania) vi prese cittadinanza nel 1465, alla fine di un prolungato periodo di apprendistato – non documentato, ma ritenuto oramai certo – trascorso nella bottega di Rogier van der Weyden, i cui raggiungimenti stilistici e compositivi influiranno in misura determinante nella sua pittura, quasi fossero “tatuati” all’interno della tavolozza. Occorre però sempre pensare al passo diverso e lento che caratterizzava la pittura fiamminga, un passo per certi versi orientale, rispettoso nei confronti della tradizione, intesa come valore assoluto.
Ogni minimo passaggio, persino il più graduale, come nel caso di Memling, era osservato con la trepidazione che solitamente accompagna un cambiamento rivoluzionario. Egli, nell’addolcire del maestro le punte emotive più drammatiche e sporgenti, diffonderà all’interno della composizione un senso di pacata e indefinibile malinconia. Ma avrà l’ulteriore e grande merito di sviluppare una forma di mediazione tra il patetismo di Van der Weyden e il perfezionismo analitico di Jan van Eyck. Una luce nuova bagnerà l’epidermide della composizione, penetrando nei pori come mai prima era accaduto.
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Raggiunta presto una convincente maturità, l’artista sarà accolto con favore dalla ricca borghesia, felice di farsi ritrarre per ritrovare nei lineamenti del proprio volto, il palpito dell’esistenza. Non meno accadde nelle opere a soggetto religioso, entro le quali persino il senso del tragico è mitigato dall’atmosfera circostante. L’osservatore trova una luce ch’egli subito riconosce, in grado di placare anche la più tormentata delle visioni. Il divino, sembra dirci Memling, si nutre dell’umano, senza il quale non avrebbe modo di giustificare la propria presenza. Vi è in lui l’incapacità di trascinare l’animo nelle profondità degli abissi. Nel 1814, osservando il Giudizio Universale, Stendhal, infastidito dalla folla che si recava ad ammirare il dipinto, non ancora attribuito a Memling, nelle sale del Louvre, dove in quel periodo era esposto, lasciò parole velenose: “E’ una crosta della scuola tedesca…. Il popolo ama guardare le smorfie dei dannati”.
Quella di Stendhal non fu una voce solitaria. Sono pochi gli artisti di così alto valore che hanno avuto un saliscendi critico capace di oscurarne o di rivalutarne improvvisamente l’opera. La sua azione di rinnovamento senza “strappi” fu presto interpretata, più che come una perdita di identità, come una stucchevole concessione al sentimentalismo. Ci penseranno i pittori romantici dell’Ottocento a rivalorizzarne l’opera.
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hans memling–triptyque de jan crabbe
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Per un trittico partito e non arrivato, un altro, in circostanze mai del tutto chiarite, è giunto in Italia, “La Crocefissione”. Quello che si sa è che era stato commissionato a Memling da Jann Crabbe, figura di rilievo, nonché priore del monastero certosino delle Dune di Koksijde, nei cui spazi l’opera pare sia stata originariamente collocata. A Venezia, il dipinto arrivò integro e, solo in un secondo momento, mercanti senza scrupoli ne staccarono gli sportelli laterali, imbarcandoli in un mare libero da pirati alla volta di New York (ora sono alla Pierpont Morgan Library). Il corpo centrale dell’opera è custodito dal 1865 a Palazzo Chiericati, sede del Museo Civico di Vicenza ed ora in mostra a Roma. La sorpresa è ritrove l’opera ricomposta in forma di trittico, con accanto i due donatori, con i loro santi patroni: a sinistra un’anziana con Sant’Anna, a destra un giovane con San Guglielmo di Maleval.
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hans memling- cristo benedicente
hans memling-madonna con bambino e angeli (Washington)
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Quando Memling lo dipinge, inserisce con rigore compositivo tutti gli elementi caratteristici della sua pittura: neppure di fronte all’immagine del Cristo morto in croce egli perde il controllo. In lui prevale la volontà di trattenere con compostezza il dolore, nell’esilità dei corpi, nell’eleganza delle vesti, nell’armonia delle pieghe del tessuto e dei monti retrostanti. L’incedere cauto favorisce la possibilità di immergere ogni presenza nel paesaggio, la cui luce trasmette una musicalità cromatica pacificante, aggiungendo, in tal modo, “umanità” al racconto.
Ragguardevole, alle Scuderie del Quirinale, il numero dei capolavori. Uno accanto all’altro, oltre alla Crocefissione vicentina, il Cristo benedicente (Genova, Palazzo Bianco), il Ritratto di Giovane (Venezia, Gallerie dell’Accademia), ma anche capolavori giunti da lontano, quali Madonna con Bambino proveniente da Lisbona o il Ritratto di uomo con moneta romana, giunto da Anversa. L’occasione, inoltre, ci permette di verificare quanto la fiorente committenza italiana, presente a Bruges in quegli anni, ebbe a cuore l’arte di Memling.
Una mostra che aggiungerà luce ad un artista pensoso e mai invadente, nel cui mondo ideale, dominato dalla grazia, sarebbe opportuno sostare più a lungo di quanto si è soliti fare. Ecco perché le parole che Panofsky scrisse per criticarlo: “a volte incanta, non urta mai e non travolge mai” divengono, senza volerlo, un elogio che l’artista per primo, avrebbe gradito.
Silvio Lacasella
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hans memling-uomo con moneta romana
RIFERIMENTI IN RETE:
http://www.scuderiequirinale.it/categorie/mostra-memling-e-l-italia
http://www.scuderiequirinale.it/media/memling-rinascimento-fiammingo-gallery
http://www.scuderiequirinale.it/categorie/incontri-con-memling
http://www.romeguide.it/?pag=schedamostrenew&id=5675
http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/4/4a/Memling,_giudizio_universale_01.jpg
grazie
Graziella Valeria Rota
grazie a questo articolo di Silvio Lacasella ho scoperto un’artista con una predilezione dei luoghi, con uno sguardo attento alle architetture e alle trame tra scena e personaggi in cui l’uno non è sempre la didascalia dell’altro ma anzi solleva delle annotazioni alquanto interessanti. Mi sono ricordata delle lezioni di Resnik al riguardo. Grazie, ferni
sì, grazie anche da parte mia. Silvio Lacasella sa sempre trasmettere il suo amore per un’arte così ricca e profonda di significati.
Non ricordo se l’ho già detto qui, scrivo per capire meglio ciò che istintivamente mi attrae. Non c’è un’altra ragione. Questo approccio, che pure non è garanzia di buona scrittura, contiene una “normalità” oggi spesso trascurata da chi si occupa d’arte, agganciato a interessi di varia natura.
Scoprire di essere letto, aggiunge soddisfazione. Grazie
Per me, che in questo periodo sono immersa nella musica fiamminga di Ockegem, di Obrecht, di Dufay, di Desprez, queste immagini risuonano, oltre che di “musicalità cromatica”, di somma armonia. Unico rincrescimento non poter andare a Roma…
Grazie di cuore