laura tidwell
a cura di Andrea Maori e Giuseppe Moscati- Stampa Alternativa 2014- Seconda Parte
Torno ancora alla figura di Aldo Capitini, continuando l’intervista ai curatori dell‘opera.
Giuseppe Moscati risponde alle mie domande che hanno solo la funzione di porgere alla luce l’opera e la magnifica personalità di uno dei più grandi maestri del novecento, ancora poco conosciuto.
Tu sei Presidente dell’Associazione Nazionale Amici di Aldo Capitini. Hai scritto numerose pubblicazioni sulla sua persona e sul suo pensiero. Quanto e come ha inciso Aldo Capitini nella tua vita, al punto da dettarti l’impegno di un approfondimento così rilevante?
Nelle diverse occasioni di presentazioni di libri o dibattiti o tavole rotonde con a tema il filosofo perugino mi capita spesso – e lo trovo decisamente significativo – di ricordare come io mi trovi a ricoprire, allo stesso tempo, un triplice ruolo. Quello di semplice lettore dell’opera capitiniana, quello di curatore di testi di Capitini (collaborando, per esempio, con la Fondazione Centro Studi Aldo Capitini di Perugia) e quello di presidente dell’Anaac, appunto l’Associazione Nazionale Amici di Aldo Capitini che è tesa a testimoniare e a promuovere il pensiero nonviolento capitiniano anche e forse soprattutto tra i giovani.
Questo ruolo articolato e unitamente l’esigenza di eplicitarlo di volta in volta credo narrino bene quel desiderio di lettura e rilettura della pagina capitiniana che, come in pochi altri casi (Kafka, Feuerbach, Zambrano, Pessoa…), posso dire mi si imponga di per sé. Ma a proposito di Aldo Capitini in particolare sento di dire che l’incontro con la sua opera mi ha cambiato la vita.
In questo senso approfondire significa dialogare, entrare in compresenza con lui, pur rimanendo all’interno di una dimensione limpidamente laica. Ci sono autori che critichi e non te li togli di torno facilmente: uno di questi per me è Hegel; e ci sono autori che leggi di continuo, che ami e che sai che pure non ti si toglierebbe di torno neanche se lo volessi: ecco il caso di Capitini.
Puoi darci un ritratto di questa straordinaria, potente, rivoluzionaria, ancora poco conosciuta, personalità del nostro tempo?
Aldo Capitini, detto in breve, è un persuaso nonviolento che ha saputo suggerire una via liberalsocialista all’educazione, alla cultura, al modo di fare comunità. Il suo essere rivoluzionario nonviolento lo rende aperto alla trasformazione della realtà, di ogni realtà che egli trova “insufficiente”: contro la violenza e contro le logiche che sottostanno alla violenza ha proposto qualcosa che non si esaurisce nella mera critica. L’idea dell’aggiunta e della compresenza dei morti e dei viventi sono veramente eccezionali: la prima chiama ognuno a una responsabilità adulta, laica, senza scorciatoie – è una sorta di impegno socio-politico-religioso, ma nel senso della “religione aperta” –; la seconda corrisponde a un vero e proprio atto di ribellione alla legge del pesce più grande, è una negazione del “fatto” che un’esistenza possa spegnersi, con tutto il suo vissuto di relazioni, come una candela.
Anche se mantengo qualche perplessità sull’opportunità di ricorrere al termine di “profeta”, non posso non commuovermi ogni volta che rileggo la definizione che dell’amico Capitini ha dato Danilo Dolci: «Era impacciato a camminare / ma enormemente libero e attivo, / concentrato ma aperto alla vita di tutti, / non ammazzava una mosca / ma era veramente un rivoluzionario, / miope ma profeta».
Ad un lettore che ignora una minima scrittura di Aldo Capitini, cosa consiglieresti?
La vera fortuna è che negli ultimi anni, per merito della suddetta Fondazione Capitini e di alcuni studiosi, sono finalmente accessibili testi capitiniani prima difficili da reperire se non esauriti o, ancora, del tutto inediti (come buona parte del “nostro” Dossier Capitini e i volumi dell’epistolario uscito da Carocci proprio grazie alla stessa Fondazione Capitini). Si pensi alla recente edizione laterziana (2011) di Religione aperta, che peraltro è uno dei libri fondamentali di ciò che intendo per cultura laica. Esiste poi una buona antologia di scritti sulla nonviolenza, curata da Mario Martini per i tipi della pisana ETS, che ha per titolo Le ragioni della nonviolenza.
Perché Capitini ti cambi la vita, come provavo a chiarire prima, basta comunque imbattersi pure in una sua ‘semplice’ frase: «Dobbiamo essere migliori della vita con i vecchi», per esempio, in quanto tutti responsabili di quell’aggiunta che possa contrastare il decadimento fisico e opporsi alla legge del più forte.
Quest’ultima pubblicazione che hai curato assieme a Andrea Maori, cosa aggiunge? Perché è stata necessaria?
Il lavoro svolto con Andrea Maori lo ritengo innanzitutto illuminante e formativo, motivo per cui lo ringrazierò sempre di questa opportunità. Tale lavoro mi ha detto in primo luogo quanto Capitini sia stato controllato e frainteso, pedinato e insieme mistificato. Poi mi ha spinto a rimettere in discussione alcuni luoghi comuni relativi alla vita politico-istituzionale dell’Italia dell’epoca repubblicana. Mi ha infine aiutato a ridisegnare tutto un panorama di studi possibili su e a partire da Capitini.
A tutto ciò corrisponde, io credo, un beneficio effettivo e significativo a favore del lettore, che nel Dossier Capitini può trovare, non interpretazioni di questo o quel concetto, di questo o di quel fatto storico, bensì utili strumenti per un sano esercizio critico. Sin dalla prima genesi di questa più che soddisfacente fatica editoriale, d’altra parte, con Andrea abbiamo sempre avvertito la necessità di proporre questo dossier come un servizio al lettore.
anna maria farabbi
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PRIMA PARTE:
Cara Anna Maria, questa tua straordinaria testimonianza/dossier e la notizia del tuo libro dedicato all’immenso Aldo Capitini davvero mi colpiscono, mi commuovono profondamente. Capitini è stato per me, fin dalla mia giovinezza, una delle grandissime figure di riferimento. E dunque grazie, GRAZIE di cuore!
Un vivo augurio e un affettuoso saluto da Mariella
Mi piace ricordare qui il lavoro di diffusione dell’opera di Aldo Capitini che già molti anni fa ha fatto la rivista “Una città” di Forlì, con convegni, pubblicazioni e interviste.
Un caro saluto ad Anna Maria
Fiammetta
Mariella, Fiammetta, buona serata. Qui si sta controvento per mettere i semi. Ci affacciamo con umiltà portando maestri e maestre. Odoriamo l’arte e la terra e trascriviamo i segni per noi vitali come tracce di resistenza solare.