geninne
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E’ venuto l’uccellino del freddo
a picchiettare avido ai vetri
appannati (più che appannati, sporchi)
in attesa di briciole che non ho
che non mangio pane né lo mangiavo
(per la glicemia e il colesterolo);
con fatica ho spazzato la finestra
con la mano dalla nebbia grondante.
Il raschio lo ha infastidito
(basta un niente da queste parti
che ti trovi in un’altra storia):
scricciolo scricciolo scricciolo resta!
E’ volato sulla siepe spinosa…
La finestra della cucina è sipario del giardino d’inverno. Ecco, arriva il primo attore. Ha un lungo sopracciglio chiaro, la coda corta e appuntita sollevata bene in alto, il re degli uccelli. Agile e scattante saltella sul cotognastro strisciante e sui rametti di agrifoglio scalandolo fino alla cima per raccogliere le bacche rosse e lucenti di dicembre. Non teme le foglie spinose. I suoi antenati in Irlanda venivano sacrificati e poi appesi a quei rami; ora i Wren boys visitano le case e mostrando la sua immagine sul rametto verde lucente richiedono un’ offerta. Apro la finestra e sbatto la tovaglia al di fuori sull’erba gelata, questo è il mio compito quotidiano a fine pasto. Mi guarda incuriosito e scappa via.
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geninne
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.è tornato che era un pettirosso:
avevo una noce l’ho spezzata
nel nome del padre, un pezzo a me uno
a lui. Ha mangiato il microcervello
guardandomi attento che neanche tuo padre
le sere d’inverno col freddo
gli occhi grandi per vedermi meglio.
Tic tic tic! Una serie di corte frasi gorgheggiate. Arriva il cantore spavaldo paffuto e senza collo, non indossa il frac ma è in bella mostra il suo panciotto arancio.Ha fame, anche per lui bacche rosse e qualche seme di calicanto; questo lo penso io, dato che ama accovacciarsi tra i suoi rami e da lì osserva l’ambiente vicino per saltellare poi di qua e di là. L’agrifoglio gli ricorda la corona di spine dell’uomo morto in croce. Si mormora in platea che questo uccello si sarebbe insanguinato il petto tentando di rimuovere la corona del crocifisso.La scena mi commuove, gli offro metà della mia noce di fine pasto riaprendo la finestra. Anche lui scappa via, ma solo per un po’, so già che tornerà alternandosi al compagno di scena.
Freebord , freebird cantavano i Lynyrd Skynyrd prima che l’aereo precipitasse:
“Se me ne andassi domani mi ricorderesti ancora? Infatti io devo proprio essere in viaggio, ora, perché ci sono troppo posti che devo vedere. Ma, se stessi qui con te, le cose non potrebbero semplicemente essere le stesse. Perché io sono libero come un uccello ora, E questo uccello tu non lo puoi cambiare. Dio lo sa, io non posso cambiare.”
Due uccellini nella mia casa, uno è rimasto, l’altro se n’è andato che aveva poco più di vent’anni. Torna a volte e si ferma a mangiare, oggi era qui, ha scostato le tendine appoggiando il naso sul vetro:
-Eccolo lì, non ha toccato la noce, è il pettirosso o lo scricciolo?. Tornano sempre.
Si sta bene qua.-
Qui non si sta male, rispetto alla scogliera:
il vento sibila di fuori, c’è un camino
con una minestra sospesa sempre pronta.
Ma non ho fame, giusto la noce.
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geninne
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La poesia riportata nel testo è di Lucia Tosi
Riferimento in rete: http://licheni.wordpress.com/author/falconieredelbosco/
una pagina bellissima tra immagini e parole e …immaginazione a restituire canto e meraviglie
ringrazio il Falconiere e Lucia Osi per avergli portato le pagliuzze buone, i suoni, le voci per elaborare questa pagina che apre vista e cuore.
ferni