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Così scrisse Ovidio nelle Metamorfosi: – Quod cupio mecum est: inopem me copia fecit- Ovvero:- Ciò che bramo è in me: la ricchezza mi ha reso indigente. –
Anche la narrazione dei fatti, la storia insomma e la scrittura della storia, con le sue trasformazioni continue, sottostà alla legge della metamorfosi di cui è veicolo e per cui il solo criterio ordinatore è la scelta soggettiva di chi la storia la partecipa e la agisce e questo stabilisce l’ordine all’opera perché è opera propria. Al contrario si crede che siano pochi quelli che tale storia la possono impunemente modificare decidendone le metamorfosi a seconda delle persone e dei mezzi che tali persone dispongono per cambiarne il corpo, la sostanza resta la medesima: terra che tutti ci nutre e ci sopporta, TERRA MADRE, TERRA ORMAI DOLOROSA. Eppure penso che anche oggi, come in ogni altro tempo precedente a questo, l’estraneità alla “patria”, intesa come terra lasciata dai padri, per questo paterna e per questo stuprata, impoverita, lordata, venduta, scambiata, derubata,e tanto altro ancora, sia stata e sia continuativamente il motivo della miseria, della desertificazione di quei valori umani, semplicemente umani, non salvabili in forzieri, non conteggiabili con misure di cassa e per questo così facilmente friabili, distruttibili e al contempo da salvaguardare in ciascuno di noi ma anche, per questo stesso motivo, moltiplicabili.
In questo tempo di menzogne, in cui la corruzione è casa di molti, la malafede parola d’ordine e soldo il cavallo di troia da cavalcare in cui si mercificano corpi d’anima, serve che tutti quelli che non accettano questa legalizzazione del falso e a solo scopo di lucro, di speculazione mercantile, si rendano responsabili e dicano con chiarezza la loro presenza.
Solo così una metamorfosi diversa, quella ricchezza di cui ognuno è riserva, che permetta d’essere indigente verso tutto ciò che è vacuo, che ha un costo troppo alto in vite umane e altre vite d’ogni specie, permetta di dire :- ciò che desidero è in me, è già me.-
Daltronde ancora crescono troppi Narciso e pochi ricordano il responso dell’augure. Interrogato su di lui, Narciso, e chiesto se mai avrebbe visto i tempi lunghi di una vecchiaia avanzata, e per metafora, cioè secondo la lezione di metamorfosi, la vicenda della storia degli uomini, il profetico indovino rispose: «Se non si conoscerà». A lungo il responso dell’augure sembrò vano ma la storia, oggi con chiarezza, mostra che no, ancora non si è conosciuto Narciso, per questo vive, follemente vive e solo la sua immagine guarda e vede.
Dice De Luca:- “Non so cosa potrà succedere. Mi arrogo però una profezia: la Tav non verrà mai costruita. Ora l’intera valle è militarizzata, l’esercito presidia i cantieri mentre i residenti devono esibire i documenti se vogliono andare a lavorare la vigna. Hanno fallito i tavoli del governo, hanno fallito le mediazioni: il sabotaggio è l’unica alternativa”. La difesa della propria terra e della propria vita è dignità ed è un diritto. Chi si pone come difensore della libertà individuale o della collettività in una resistenza civile lo fa perché appartiene ad un solo schieramento: quello umano, senza altro contesto che la bontà del vivere. Tutti occupiamo dalla nostra comparsa su questo pianeta suolo non nostro per cui difenderlo è valore ed è questo un bene nostro.
fernanda ferraresso
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wilmer lalupu flores- seres urbanos (gli esseri urbani)
Manifesto di Chisciotte
Non è l’oppositore dei poteri, lui è l’opposto.
Alla potenza oppone l’impotenza, un’altra volontà.
Non sta all’opposizione, che non c’è, sta nell’antipodo.
I poteri si affollano nei centri, da lui spazio ce n’è,
l’opposto è largo, diffamato, sparso.
Quando incontra un suo simile fonda una repubblica
Su una stretta di mano, una città
Senza sindaco, polizia, giudice, borsa.
Lo rinfresca ogni voce antipatica ai poteri,
ma alla rivoluzione dice: troppo poco,
buttare gambe all’aria, sovvertire non basta,
bisogna sradicarsi dal petto, dal respiro
la volontà di assumere potere, se non si ricomincia.
L’opposto ha un solo articolo della costituzione,
a ognuno fare quello che si vorrebbe fatto a sé.
da L’Ospite Incallito
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Considero valore ogni forma di vita, la neve, la fragola, la mosca.
Considero valore il regno minerale, l’assemblea delle stelle.
Considero valore il vino finché dura il pasto, un sorriso involontario,
la stanchezza di chi non si è risparmiato, due vecchi che si amano.
Considero valore quello che domani non varrà più niente
e quello che oggi vale ancora poco.
Considero valore tutte le ferite.
Considero valore risparmiare acqua, riparare un paio di scarpe,
tacere in tempo, accorrere a un grido, chiedere permesso prima di sedersi,
provare gratitudine senza ricordare di che.
Considero valore sapere in una stanza dov’è il nord,
qual è il nome del vento che sta asciugando il bucato.
Considero valore il viaggio del vagabondo, la clausura della monaca,
la pazienza del condannato, qualunque colpa sia.
Considero valore l’uso del verbo amare e l’ipotesi che esista un creatore.
Molti di questi valori non ho conosciuto.
da Opera sull’acqua e altre poesie
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Quando saremo due saremo veglia e sonno
affonderemo nella stessa polpa
come il dente di latte e il suo secondo,
saremo due come sono le acque, le dolci e le salate,
come i cieli, del giorno e della notte,
due come sono i piedi, gli occhi, i reni,
come i tempi del battito
i colpi del respiro.
Quando saremo due non avremo metà
saremo un due che non si può dividere con niente.
Quando saremo due, nessuno sarà uno,
uno sarà l’uguale di nessuno
e l’unità consisterà nel due.
Quando saremo due
cambierà nome pure l’universo
diventerà diverso.
da Solo andata. Righe che vanno troppo spesso a capo
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Quando morì non me ne accorsi.
Dormivo sulla sedia, le mani intrecciate alle sue,
gli occhi miei chiusi e i suoi aperti verso di me.
Quando sciolsi le dita dalle sue fui solo al mondo.
Fu la mia porzione quella donna venuta fino a me.
Edificammo contentezze,
lenticchie di festa minore ma continua.
E’ stata poco con me,
una breve durata nel corso della vita,
però è venuta.
Sono stato una persona in questo mondo
non solo per i primi dieci anni della vita,
ma anche nei sette del matrimonio.
Essere al mondo, per quello che ho potuto capire,
è quando ti è affidata una persona
e tu ne sei responsabile
e allo stesso tempo tu sei affidato a quella persona
ed essa è responsabile per te.
Sette anni non furono pochi.
Anche se fossero stati la metà o la metà ancora,
non sarebbe stato poco.
Non ci si può lamentare della brevità, non è giusto,
ma della lunghezza sì.
Ho avuto imbarazzo a vivere ancora.
Non provo dolore nel vedere il cielo
qualche volta uguale
a quello di un agosto
passato insieme in vacanza,
però arrossisco di poterlo guardare,
di essere rimasto.
Di questo per me si tratta,
di essere il resto di alcune persone,
delle loro sottrazioni.
da Non ora, non qui
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Ho bisogno d’inventare una rima tra quello che sta succedendo e qualcosa di altro.
Ho bisogno di accoppiare un vicolo cieco in cui mi sono cacciato a qualche sconfinata prateria.
Mi fa da ormeggio per non naufragare.
Sono predisposto al soccorso della poesia, che non è un’arte di arrangiare fiori, ma urgenza di afferrarsi a un bordo nella tempesta.
Per me è pronto soccorso, la poesia, non una sviolinata al chiaro di luna.
È botta di salvezza.
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Ci sono uomini che morendo chiudono dietro di loro un mondo intero. A distanza di anni se ne accetta la perdita solo concedendo che in verità morirono in tempo.
da In alto a sinistra
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Perché lo stato è uno stato di cose ma non è sempre così . Metti per esempio questo caso
“Il potere dichiara che il giovane arrestato di nome Gesù figlio di Giuseppe è morto perché aveva le mani bucate e i piedi pure, considerato che faceva il falegname e maneggiando chiodi si procurava spesso degli incidenti sul lavoro. Perché parlava in pubblico e per vizio si dissetava con l’aceto, perché perdeva al gioco e i suoi vestiti finivano divisi tra i vincenti a fine di partita. I colpi riportati sopra il corpo non dipendono da flagellazioni, ma da caduta riportata mentre saliva il monte Golgota appesantito da attrezzatura non idonea e la ferita al petto non proviene da lancia in dotazione alla gendarmeria, ma da tentativo di suicidio, che infine il detenuto è deceduto perché ostinatamente aveva smesso di respirare malgrado l’ambiente ben ventilato. Più morte naturale di così toccherà solo a tal Stefano Cucchi quasi coetaneo del su menzionato.”
da in risposta al senatore C. Giovanardi sulla morte di S. Cucchi.
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Sei voci
Non fu il mare a raccoglierci
Noi raccogliemmo il mare a braccia aperte.
Calati da altopiani incendiati da guerre e non dal sole,
traversammo i deserti del Tropico del Cancro.
Quando fu in vista il mare da un’altura
Era linea d’arrivo, abbraccio di onde ai piedi.
Era finita l’Africa suola di formiche,
le carovane imparano da loro a calpestare.
Sotto sferza di polvere in colonna
Solo il primo ha l’obbligo di sollevare gli occhi.
Gli altri seguono il tallone che precede,
il viaggio a piedi è una pista di schiene.
da Solo andata. Righe che vanno troppo spesso a capo
*
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Racconti di uno
Da giorni prima di vederlo il mare era un odore
Un sudore salato, ognuno immaginava di che forma .
Sarà una mezza luna coricata, sarà come il tappeto di preghiera,
sarà come i capelli di mia madre.
Beviamo sulla spiaggia il tè dei berberi,
cuciniamo le uova rubate a uccelli bianchi.
Pescatori ci offrono pesci luminosi,
succhiamo la polpa da scheletri di spine trasparenti.
L’anziano accanto al fuoco tratta con i mercanti
Il prezzo per salire sul mare di nessuno.
(…)
Notte di pazienza, il mare viaggia verso di noi,
all’alba l’orizzonte affonda nella tasca delle onde.
Nel mucchio nostro con le donne in mezzo
Un bambino muore in braccio alla madre.
Sia la migliore sorte, una fine da grembo,
lo calano alle onde, un canto a bassa voce.
Il mare avvolge in un rotolo di schiuma
La foglia caduta dall’albero degli uomini.
(…)
Vogliono rimandarci, chiedono dove stavo prima,
quale posto lasciato alle spalle.
Mi giro di schiena, questo è tutto l’indietro che mi resta,
si offendono, per loro non è la seconda faccia.
Noi onoriamo la nuca, da dove si precipita il futuro
che non sta davanti, ma arriva da dietro e scavalca.
Devi tornare a casa. Ne avessi una, restavo.
Nemmeno gli assassini ci rivogliono.
Rimetteteci sopra la barca, scacciateci da uomini,
non siamo bagagli da spedire e tu nord non sei degno di te stesso.
La nostra terra inghiottita non esiste sotto i piedi,
nostra patria è una barca, un guscio aperto.
Potete respingere, non riportare indietro,
è cenere dispersa la partenza, noi siamo solo andata.
(…)
Faremmo i servi, i figli che non fate,
nostre vite saranno i vostri libri d’avventura.
Portiamo Omero e Dante, il cieco e il pellegrino,
l’odore che perdeste, l’uguaglianza che avete sottomesso.
da Solo andata. Righe che vanno troppo spesso a capo
i nostri diritti calpestati chiedono testimonianza e parola “nel segno”
condividiamo e facciamo girare
elina
e se lo riconosci tu sempre mite significa che il livello è alto!
f
Condivido ed aggiungo un grazie a Fernanda e a chiunque si batta contro gli abusi, i privilegi e le offese continuamente perpetrate ai danni della terra e dell’umanità.
Condivido il pensiero il segno importante che testimonia l’impegno di Erri nella fede e libertà di pensiero. Sono con lui, grande stima.
Grazie ferni
.marta