enzo bevilacqua
Il cancello era aperto, sì, ma entrare…
… avrei dovuto spiegare,
magari nel citofono,
di aver vissuto lì i miei primi anni
(nome e cognome di tutti i miei parenti,
periodo dell’affitto e sua entità…).
Ho proseguito invece lungo gli archi
dell’acquedotto, e ho ritrovato
la fontana che piscia quieta e le famiglie
di lucertole che escono a scaldarsi
al sole di febbraio.
*
Andavo a letto dopo carosello,
dicevo le preghiere sottovoce.
La luce era un gelato dopo cena,
un giornalino tutto colorato.
Castagna secca in tasca,
lavanda tra i lenzuoli,
la naftalina difendeva il resto
negli armadi di mogano e di noce.
Sui cartocci del pane disegnavo
per ore con la biro.
Sgranavo anche i fagioli.
Avevo un’astronave
che non cadeva mai dal tavolino:
sull’orlo dell’abisso si fermava
e ritornava indietro.
*
Per la pioggia caduta nella notte
non parte la vettura del vicino
così che i reiterati tentativi
distruggono il mio sonno.
Accendo l’abat-jour sul comodino,
guardo attorno.
La carta alle pareti è bianca o gialla?
Dopo il diluvio chi rimane a galla?
La pioggia s’infittisce. Penso ai vivi
e ai morti, in appendice. Quindi spengo.
Tace il motore fuori.
Un tuono dopo l’altro mi addormento.
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Andrea Martini, L’ASTRONAVE, Edizioni dell’Ombra, 1995
con incisioni all’acquaforte-acquatinta di Gaetano Bevilacqua tirate a torchio su carta Amatruda di Amalfi.
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RIFERIMENTO IN RETE:
http://gaetanobevilacqua.blogspot.it/2013/12/edizioni-dellombrauno-sguardo.html