tamara de lempicka
–Kate Clanchy è apparsa alla ribalta del mondo letterario inglese nel 1995, imponendosi rapidamente come una fra le voci femminili più significative nel panorama della poesia anglosassone. Nata a Glasgow nel 1965, ha studiato a Oxford e vive in Inghilterra. La sua prima raccolta Slattern, attirò immediatamente l’attenzione della critica ottenendo diversi premi letterari (il prestigioso Forward Poetry Prize per opera prima, e il Saltire Prize.)
Le poesie di Slattern parlano di uomini, e sono spesso caratterizzate da una sensualità espressa in modo diretto e originale:
“i delicati capelli che ho sulla nuca,
proprio là dove potresti chinare
la testa, esitando, sfiorando con le labbra,
trattengono un aroma fragile e preciso come una flotta
di piccole navi d’origami, pronte a salpare.”
.
Ritratti di uomini, dunque. Uomini… “che odorano di mele, di legno fresco e duro”. Uomini che sognano di “arrampicarsi lungo le curve della sua schiena/ fino a crollare sulla sua cima”. Poesia di incontri e di amori, con gli inevitabili addii e l’agonia della fine:
“A volte di notte ,
o su un treno, sogno di danzare,
o di starmene fra le braccia di qualcuno che mi dice
in francese che ama i miei occhi, e ancora,
ancora cammino sulla strada che mi porta a casa tua….
Devi reagire, / dicono, e con molta ragione,
ma è testarda la ragazza,
quell’illusa, che ancora cammina.”
.
tamara de lempicka
.Al suo primo libro è seguito Samarcanda (1999), dove la vita professionale, una relazione consolidata, l’acquisto della prima casa, l’entrare pienamente nell’età adulta, costituiscono il centro tematico verso cui gravita l’intera raccolta. Se quelle di Slattern sono poesie della giovinezza, degli esperimenti amorosi e del desiderio, Samarcanda è il libro della crescita individuale e del consolidamento, delle gioie ricavate da una relazione stabile e dal mettere su casa insieme. Ma è solo nel suo terzo volume: Newborn, (tradotto liberamente come L’appena nato, o Nascita), dove si percepisce un senso di raggiunta completezza, di piena maturità e appagamento nel ruolo di moglie e di madre. Il libro segue, in una cronologia quasi diaristica, l’arrivo del figlio, dal momento in cui il ‘tu’ con cui l’autrice si rivolge al futuro bambino non è “più di una decina di cellule”, ma un essere compiuto. Il viaggio passa dalla gravidanza, alla nascita e all’allattamento, fino a che il bambino raggiunge l’anno di età. La raccolta si conclude con una bellissima immagine di simbiosi fra madre e figlio: “appoggio il mio bambino sull’anca, come fossimo amanti in un giro di valzer’.
tamara de lempicka
Newborn è un libro che parla della più femminile delle felicità, esaminando con lirismo e grande freschezza di immagini l’esperienza travolgente e sempre nuova della maternità. L’autrice riesce a schivare ogni rischio di sentimentalismo in un mondo dove il privato sfocia nel pubblico e l’esperienza appagante di avere un figlio viene percepita da ogni lettore donna in tutte le sue sfumature di tenerezza, creatività, amore, in versi che mai cadono nel retorico o nello scontato..
Le poesie di Kate Clanchy usano un linguaggio estremamente semplice, di grande efficacia e impatto immediato. Nei suoi testi si esplora la vita di una trentenne nell’era post-femminista. La maternità non è vista come un impedimento alla piena realizzazione dell’io sociale o professionale della donna, ma come il raggiungimento della parte di sé più in sintonia con la natura e il mondo. La poesia di Clanchy è intimistica, a tratti quasi sussurrata, eppure riecheggia di un’universalità immediatamente riconoscibile e identificabile.
tamara de lempicka
Nella poesia ‘The other woman’ (L’altra donna), Clanchy crea un immaginario incontro fra la ragazza di ieri: libera, indipendente, single, con la donna trasformata dalla nascita del figlio: madre, moglie, immersa in un universo totalmente proiettato verso le cure del neonato. L’autrice e il suo vecchio alter ego si incontrano per una chiacchierata e un bicchiere di vino, e ciò che si sviluppa da questo incontro può risultare a prima vista persino reazionario: a vincere è sicuramente la seduzione della maternità, il rinunciare senza problematiche alla propria indipendenza per offrirsi al nuovo ruolo di madre. La donna senza figli esce invece dal confronto come una figura di secondo piano, irrealizzata nella sua mancata maternità, e per questo incapace di seguire l’evolversi di colei che ha scelto invece la via della procreazione:
“…Non capisci.
E’ successo che un nuovo essere è scivolato fuori dal mio fianco, un essere
completamente formato. Sbadiglierà? Afferrerà la borsetta, ci infilerà
dentro le sigarette mentre io tiro fuori la sua foto
e dico: guarda, guarda come è cresciuto,
tutto da solo, è cresciuto fino a diventare
grande quanto la mia vita.”
.Sarebbe uno sbaglio giudicare anti-femminista la poesia di Kate Clanchy. Nei suoi versi spicca sempre, chiaro e forte, l’orgoglio che deriva dall’essere donna – la maternità vista non come destino imposto, ma come scelta individuale che arricchisce l’esistenza. Clanchy giustamente rivaluta il ruolo di madre – ruolo spesso trascurato, se non denigrato come limitativo e secondario, dal femminismo più radicale delle generazioni passate. Nella sua poesia ‘Non è arte’, ci dice:
“Questo è il lavoro che le donne attingono dal fiume,
bagnate fino alla cintura, le voci che cantano,
il lavoro che dondoliamo sulle nostre spalle,
che stendiamo sulla terra così che tutta la folla
possa tenerlo fra le mani, soppesarlo, toccarlo – le giovani ragazze
piene di meraviglia, le vecchie che ridono,
o zoppo, l’uomo con gli occhi di latte, il cieco.”
.Il mondo poetico di Kate Clanchy è indubbiamente fatto di tattilità, di una fisicità gioiosa, solare e palpabile. Sono emozioni senza tempo trasmesse dal sangue, assorbite dalla pelle e dalle dita; emozioni che l’autrice sembra attingere con meravigliosa facilità dalla nostra coscienza più ancestrale per restituircele intatte in versi di straordinaria semplicità linguistica e commovente forza descrittivameglio su di lui.
Da Newwborn
One, Two
The camera has caught me in a church doorway, stooping to fasten what must be
my old cork-soled sandals, their thick suede straps, that dry, worn grip at heel
and instep. I’m smiling downwards, pinkly self-conscious, and above me
the arch is an extraordinary blue. New – the whole place was just lime-washed, azure
and sapphire rough-brushed over moss. It stood in the moist heat at a confluence of rivers –
I’ve even noted their names, and the date, which says you, love, are perhaps ten cells old.
In the humid space beneath my dress, my body is bent in the small effort of buckling,
the sag of my stomach briefly leant on my thigh, and, at the crux, in the press
of my nerveless places, you are putting me on, easily, the way a foot puts on a shoe.
|
One, Two
La macchina fotografica mi ha sorpreso sulla porta di una chiesa, chinata per allacciare, sembra,
i miei vecchi sandali dalla suola di sughero, i grossi lacci di pelle, vecchi e consumati che fasciano tallone
e collo. Sorrido mentre guardo in basso, arrossendo con un po’ d’imbarazzo, e sopra di me
l’arcata è di un celeste straordinario. Nuova – interamente imbiancata a fresco, resa azzurra
e zaffiro con energiche pennellate sopra il muschio. Sorgeva nel caldo umido alla confluenza di fiumi –
ho persino notato i loro nomi e la data; dice tu, tesoro, ora devi essere non più di una decina di cellule.
Il mio corpo è piegato sullo spazio umido sotto il vestito, nel piccolo sforzo di allacciare la fibbia,
il mio stomaco appoggia brevemente sulla coscia e, all’incrocio, sotto la pressione
della mia carne senza nervatura, tu ti fai posto in me, senza fatica, nel modo che un piede scivola dentro una scarpa. |
Two months gone
It makes us want to shut all doors, turn off the news, the phone, light after light, pull the stairs, like a ladder, up behind us, until, beneath the covers, the darkness pressing in around us,
we are the pair in the heart of the tale, the woodsman who spared the unicorn, the kitchen maid who hooked a witch from the well and held her toe through fourteen frightful incarnations,
and won, walked home with a wish like a brimming glass of water, and when the goblin with the question came, sang out, to his single rhymed conundrum, the answer: all we ever wanted.
In the black after the thunderclap, we wait for the crooked town to wake, find gilded roofs, loaves on each table, for the crowds to come, half-dressed, incredulous,for our fortune, squalling in its cradle.
|
Due mesi sono passati
Ci fa desiderare di chiudere le porte, spegnere tv, telefono, luce dopo luce, lasciarci dietro i gradini, tirali su come una scala, col buio che ci si stringe addosso,
siamo la coppia nel cuore della favola, il boscaiolo che ha risparmiato la vita all’unicorno, la sguattera che ha tirato su dal pozzo una strega e l’ha tenuta sospesa per un dito del piede durante quattordici spaventose incarnazioni,
e ha vinto, ed è tornata a casa con un desiderio che traboccava come un bicchiere colmo d’acqua, e quando lei cantò la risposta con un indovinello semplice e ritmato: è tutto ciò che volevamo.
Nel buio dopo il clamore del tuono, aspettiamo ché la città tortuosa si svegli, per trovare tetti d’oro, pane sopra ogni tavolo, e che la gente arrivi, mezzo svestita, incredula, per questa nostra fortuna che strepita nella culla.
|
Scan
They showed me on the screen some star lit hills, a lucky sky, then, resting among haar-filled fields,
A settlement round the outlet of a phosphorescent river, all low windows flickering with early electricity.
And they pointed out with a line of light a hub like the start of a knotting city, Like a storm in a weather front, coalescing.
|
Ecografia
Mi hanno mostrato sul video una collina illuminata dalle stelle, un cielo fortunato, poi, steso su prati coperti da una nebbia marina,
un accampamento intorno all’estuario di un fiume fosfluorescente, tutte le finestre basse, i guizzi di una elettricità primitiva.
E hanno segnato con una linea di luce l’epicentro di una città di nodi, come una tempesta al punto d’incontro di due correnti d’aria che si fondevano nel cielo.
|
Driving to the hospital
We were low on petrol so I said let’s freewheel when we get to the hill. It was dawn and the city was nursing its quiet and I liked the idea of arriving with barely a crunch on the gravel. You smiled kindly and eased the clutch gently and backed us out of the driveway and patted my knee with exactly the gesture you used when we were courting, remember, on the way to your brother’s: I like driving with my baby, that’s what you said. And at the time I wondered why my heart leapt and leapt.
|
Guidando verso l’ospedale
Avevamo poca benzina allora ho detto quando arriviamo in cima alla collina metti in folle. Era l’alba e la città cullava la quiete e mi piaceva l’idea di arrivare accompagnata solo da uno scricchiolio sulla ghiaia. Hai sorriso hai messo in marcia, gentilmente sei uscito in retromarcia verso la strada e mi hai toccato il ginocchio con lo stesso, identico gesto che facevi le prime volte che uscivamo insieme, ricordi, mentre andavamo da tuo fratello. Mi piace guidare con la mia bimba, così avevi detto. E in quel momento mi chiesi perché il mio cuore battesse e battesse. |
I had my eyes shut the whole time
and in that inner cinema saw the ruched vermillion curtain rise on a vast screen showing lava. There, you issued forth in scarlet flames, in cinescope, in a sunrise of burst veins.
|
Tutto il tempo con gli occhi chiusi
e in quel cinema interiore ho visto i tendoni di gala vermigli alzarsi su un grande schermo che mostrava lava. Lì, avanzavi avvolto in fiamme scarlatte in cinemascope, in un’alba di vene esplose.
|
Find
When he’s at his grandparents’ we can’t sleep without him rolled in his blankets, two floors below us:
the heart of the house, muscular, unconscious, deep in our wrappings our golden scarab.
|
Find
Quando è dai nonni, non riusciamo a dormire senza di lui avvolto nelle sue coperte due piani sotto:
il cuore della casa muscoloso, senza coscienza, chiuso dentro le pieghe di lana il nostro scarabeo d’oro.
|
Aneurysm
When my father heard his friend was dead, we sat a while and talked of traffic: how cars clog each by-way now, every road you think you know. We were quiet, and I lit the lamp. I thought
I could hear the cars outside, bashing, lowing, rank on rank. There’d been a crash, my father said, and his friend had walked out, shaken, saved. It was hours before the blood-clot got him.
I held my baby on my lap. I was dark, it was the winter solstice. We said there is no such thing as the right route or a clear passage no matter where you start, or how you plan it.
|
Aneurisma
Quando mio padre venne a sapere della morte del suo amico, ci sedemmo un poco a parlare del traffico: come le auto intasino ogni vicolo, ogni strada che pensi di conoscere. Restammo in silenzio, accendemmo una lampada. Mi sembrava
di sentire le macchine di fuori cozzare con violenza, muggire, schiera dopo schiera. Mio padre disse che c’era stato uno scontro e il suo amico era uscito dall’auto tremando, ma illeso. Dovevano passare delle ore prima che il grumo di sangue avesse la meglio su di lui.
Tenevo il bambino sulle ginocchia. Era buio, era il solstizio d’inverno. Dicemmo che non esiste nessun percorso giusto, nessun passaggio sicuro non importa da dove uno parta, o quanto si pianifichi il cammino.
|
Dark, Dark
He is calling down the night, the way he calls out next door’s dog and sees the word grow ears and eyes, emerge on heavy loping legs, a furry manifest of name.
The dark will have a lion’s neck. He’ll ride its muscled back all night.
|
Buio, Buio
Chiama nella notte, nel modo che chiama il cane della vicina e vede la parola crescere, orecchie e occhi emergere, il nome saltellare su grosse gambe coperto di pelliccia.
Il buio avrà il collo di un leone. Lui cavalcherà tutta la notte la sua schiena muscolosa.
|
Stance
Now I sit my child on the jut of my hip, and take his weight with the curve of my waist, like a tree split at the fork, like lovers leaning out of a waltz.
Nothing is lost. I was never one of those girls stood slim as a sapling. I was often alone at the dance.
|
La posa
Adesso siedo il mio bambino sulla sporgenza del fianco, e sostengo il suo peso con la curva della vita, come un albero diviso alla biforcazione, come due amanti che si aprono in un valzer.
Niente è andato perduto. Non sono mai stata una di quelle ragazze che si ergono esili come un ramoscello. Al ballo restavo spesso seduta.
|
Grazie, Fernanda, per questa vetrina su Kate Clanchy, per me una delle voci più valide della moderna poesia anglosassone. Chi fosse interessato ad approfondirne la lettura, può acquistare un suo libro di traduzioni italiane edito da Medusa Edizioni, dal titolo: NEONATO, POESIE SCELTE, a cura di G. Sensi. Un saluto.
Sempre illuminanti questi sguardi sulla poesia inglese contemporanea. Trovo inoltre molto bella l’idea di accostare in uno sguardo sinottico testo originale e traduzione italiana.
Grazie Antonio. Personalmente credo che la poesia anglosassone, soprattutto quella femminile, sia davvero all’avanguardia e da essa abbiamo molto da imparare. Felice del tuo passaggio :)
Daniela
Grazie a te che fai da ponte tra lì e qui e grazie ancora dei riferimenti bibliografici. f.f.
una porta aperta alla distanza
grazie Daniela Raimondi per aver favorito un nuovo incontro e viaggio
elina
Daniela ha scavato le parole fino alle radici e le ha risillabate nel gioco preciso di echi ritmici e sonori, così la voce originaria si prolunga veramente nella nuova ,custodendone la vibrazione .Grazie davvero a Daniela e a Ferni .
Un saluto ad Elina e Maria. Contenta del vostro passaggio :)