A COLPO D’OCCHIO- Silvio Lacasella: Gli imperdibili undici del Chiericati- 3

GLI UNDICI DIPINTI IMPERDIBILI DEL MUSEO CIVICO DI

PALAZZO CHIERICATI – VICENZA

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TERZO IMPERDIBILE: BARTOLOMEO MONTAGNA
Madonna in trono con il Bambino tra i santi Giovanni Battista, Bartolomeo, Agostino e Sebastiano
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BARTOLOMEO MONTAGNA – Madonna in trono con il Bambino tra i santi Giovanni Battista, Bartolomeo, Agostino e Sebastiano

La Vergine con il Bambino in grembo appare volutamente lontana, seduta su un trono marmoreo, formato da elementi tra loro sovrapposti e collocati con grande armonia al centro della composizione. Il suo sguardo abbassato sembra voler contrastare la maestosa solennità che la figura trasmette e indicare, nel più semplice dei modi, la purezza dell’animo della Madonna. L’osservatore, nel momento in cui ne ammira la composta eleganza, incontra un cielo chiaro e luminoso, punteggiato da fiocchi di nuvole disposti a distanza regolare, quasi fossero ricamati sulla tela. Immaginassimo il dipinto senza figure o altri elementi non architettonici, ci accorgeremmo di come ogni linea, all’interno dell’impianto compositivo, contribuisca a stabilire una perfezione assoluta. I motivi geometrici del pavimento, i grandi archi, le aste in ferro hanno una loro vita evolutiva interna, definendo lo spazio in previsione del racconto.
Infatti, l’imponente architettura non funge più da semplice sfondo, ma diviene parte integrante e fondamento di tutta la scena, compreso quel lume che scende perpendicolarmente sopra alla Madonna, dal punto di congiunzione interna di un loggiato che si fa conchiglia: i personaggi, sia pur delineati con precisione, paiono respirare e l’aria muoversi attorno.
Non vi è punto di contrasto nei tre putti musicanti, morbida nota dettata da un insieme di pose naturalissime, tipicamente fanciullesche, come la testa reclinata di uno di loro o il movimento delle gambe con i piedi sporgenti dal basamento, a suggerirne l’indole vivace. Molto più austera la posa dei santi: Giovanni Battista col panneggio della veste scolpito da linee decise e marcate, come le stesse vene in rilievo sui polpacci;  Sebastiano, tornito come una colonna; Bartolomeo risponde ai canoni iconografici che lo vogliono raffigurato in età matura, con barba e capelli scuri; mentre Agostino (confuso in passato con San Fabiano) è anziano, in abiti vescovili e con mitra e pastorale.
In origine la grande pala era collocata nella cappella maggiore della Chiesa di San Bartolomeo: quando quest’ultima venne distrutta, nel 1838, fu trasferita nell’Oratorio dell’ospedale e, infine, da lì entrò a far parte della raccolta del Museo, nel 1867.
E’ quasi certo che fosse stata ultimata poco prima della metà degli anni ‘80, proprio nel periodo di maggior fervore creativo di questo fondamentale maestro della pittura vicentina, a cui attinsero Francesco Da Ponte e Cima da Conegliano.
Nato con probabilità in provincia di Brescia, attorno al 1449, giunse a Vicenza dopo il 1450, ma si stabilì nella zona del Duomo solo dieci anni più tardi. Presto riuscì “a rinnovare Mantegna, senza tradirne l’alta lezione plastica, con un intenerimento nuovo e particolare della luce”, come osserva con precisione Franco Barbieri. Mentre guarda a Bellini e a Vivarini, rivisita in modo del tutto personale la pala di San Cassiano di Antonello da Messina. Infatti, furono soprattutto i soggiorni veneziani a marcarne le scelte stilistiche: non tanto il primo, del 1469, ma il successivo, avvenuto nel 1482, in occasione dell’esecuzione di due teleri per la Scuola Grande di San Marco.
La predella racconta la vita di San Bartolomeo, difficile però attribuirla allo stesso Montagna: al di là del tema, quella che vediamo in questi cinque episodi è tutta un’altra storia.

Silvio Lacasella

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