erica anderson
… gli altri sono altre parole…
stanno oltre i vetri…nei segni invisibili del buio sono respiri e sono dentro gli inverni piccole scintille nella stufa che schiocca scoppia lo scricchiolio del legno che brucia, sbucciando quel che resta di una vita lasciandone cenere e fumo nell’aria…e si sperde dovunque lasciando il posto ad altro ciocco, ad altra nuvola di fumo. Sentire che tutto è lì, registrato senza sicurezza, nell’attimo, attaccato ad un… amo! L’insetto, il legno, il fuoco, la cenere, tutta l’arte del vivere.
Il libro, quello di carta, non è ancora arrivato ma si sa che la poesia può fare giri immensi…invece i fogli, quelli li ho pescati dal mare, e a cavalcioni su ognuno stava
una poesia,
l’amo di una direzione –
il piombo dell’inaspettato,
il polo di un nodo.
una poesia,
compasso del no
per il cerchio del sì
Anche se di solito tutti, tutti
noi prendiamo
il piombo
all’anima
lo facciamo
scendere
in una
poesia
ecco
questa ha un naso di pesce
.
In questi testi ci trovi il test della vita. Sta lì, in quello che si potrebbe dire un camuffamento, quel goffo involucro che la parola ci disegna nel suo vetro trasparente, inconsistente sì, e insistentemente incisivo ad ogni immagine che ci viene incontro o si forma e si riformula dentro, quello che è ognuno di noi, perché anche noi siamo vetri, anzi siamo vetrini in cui la vita si esperimenta, trattenendoci quel tanto che basta e noi non comprendiamo, per una formula che non è abitudine ma ci abita e rende noi suoi corpi, suoi vuoti a rendere e. Dentro quei vuoti tutto: in-visibile che si fa tangibile e allo stesso tempo, nell’inconsistenza della sua corporeità, sin-tesi: senza altra tesi che questo momento, che è come dire un f f f f, un soffio, un niente con cui vorremmo con-prendere il mondo, tutto il mondo, che abbiamo già dentro, in corpo-rat(e)o senza pagamento che il vivere, ogni giorno, con il suo tutto compreso. Noia, gioia, tedio, rumore, silenzio, colore, grigio e sole, molecole di umore, pudore, vademecum di segni, registrazioni di suoni dentro una pietra, in una foglia, nella linea che si genera, dentro l’occhio che disegna il suo orizzonte e media la follia di raggiungere l’infinito nel finito suo scoprirsi infimo. Soli davanti ad altri, solitari, di nessun valore eppure sicuri d’essere coi piedi in terra e la testa dentro i problemi , non persi attimo per attimo in una mareggiata in cui la casa sta di casa altrove, sempre è da nessuna parte in questo moto costante, dentro e attorno ad un noi non manifesto se non per chi ha echi e occhi o chi, esso stesso miracolo tra tutti quelli che la vita produce ogni istante sente di farne parte
dedicato a quei miracoli
detti fra noi,
quelli di cui avremo cura –
dedicato a qualcuno
che si dedica a qualcun altro,
al montacarichi delle cose insieme –
dedicato al momento indovinato insieme
–
al momento che vive la mia vita
l’ha costruita nella sua
al momento vivo la sua vita
che ho costruito nella mia
.
E tutto è collaborante, tutte le cose sono vicine perché si muovono dentro di noi, sempre, anche quando non ne siamo consapevoli.Il mare ci respira e noi lui, in un continuo essere e al tempo stesso essere mai, mai divisi, anche se di-visibili
abbiamo il mare appena fuori casa
e tutto è lontano e vicino
e siamo e non siamo sicuri,
ma pensa a tutto il mare,
basta trattenere il respiro –
sempre oggi, oggi sempre
terra terra del mai –
qui tutti insieme facciamo una brezza
Forse per dire il luogo dovremmo togliere da noi ciò che pesa, questa parola grossa , che vorremmo potesse essere detta e ridetta, dettata e dittatrice di una cosa compresa, posseduta, a cui poterci abituare traendone la sicurezza che non c’è in quella misura, perché è altra e smisurata la sua forma, che è anche nostra immensa perdita di ciò che vorremmo e ci fanno credere d’essere, quell’io piccolo smilzo, che si gonfia sempre troppo pensando e ripensando d’essere tutto, d’essere tutto lo spazio.
Allora i modi per sfruttare l’aria sono l’inizio, legato ad uno stare dentro, dentro la a di un’ape che sta appesa a un amo, e ancora dentro la a di attenzione per costruire l’a di abitare, ciascuno se stesso e in sè tutti i mo(n)di che si accampano in questa, aria azzurrina praticabile di attimo in attimo, anche se sotto forma di cicala o di formica. Ma l’ape punge e ci ricorda che acuto ormai è diventato il dolore e tutti noi dovremmo consapevolmente, nutrendoci d’aria, essere cauti, guardarci dentro e intorno, saperci colpevoli per il fatto che avveleniamo l’acqua, bruciamo viva l’aria.
“Sono così renitente perché ogni conquista tecnica è ormai connessa, inevitabilmente, inestricabilmente, col crimine e con l’espansione, la moltiplicazione e l’impunibilità dei crimini. Chimica, nucleare, motorizzazione, panelettronismo: enormi spazi di mondo contagiati dal crimine – e più dal crimine che dai veleni.” Scriveva così Ceronetti in Lo scrittore inesistente, La Stampa Editrice nel 1999. Pare che nulla sia cambiato.
fernanda ferraresso
erica anderson
.
Da TRE BEI MODI DI SFRUTTARE L’ARIA, Francesco Balsamo
gli altri sono altre parole –
mi piacerebbero solo parole,
scrivere sui vetri
e fare un segno buio –
condividere inverni
con i respiri,
occupare la pazienza
come una sedia libera –
essere e non essere sicuri,
come chi è morto,
occuparsi solo
di una virtù ideale –
è accaduto,
sembrano dire
i vetri,
è accaduto di tutto.
*
la casa ben piegata,
le cose ancor prima delle cose,
la vita fino alle ossa
tra la misericordia ghiacciata dei muri
e la comprensione del pavimento,
che regge tutto senza che nulla lo sfiori –
solo chi morde le pietre
sente il batticuore dell’aria
*
il cielo
curvo
su una candela
adesso ha
l’età di una candela
e la candela ha
un suo odore di diluvio
*
e ciascuno in sé
ha una strada, premuta nell’abbraccio
o solo nell’abbraccio alcuni hanno una strada
e si guardano intorno sicuri
e vanno avanti e indietro,
o hanno una mappa di vie traverse,
e quasi senza intenzione
si separano dal mondo
e lasciano il posto al resto
*
ognuno ha una sua mappa dell’abbraccio
una strada premuta come un sasso
la scintilla di una luce spenta
la speranza di un lampione
la tenerezza dei tetti
accanto ai tetti
.
**
Francesco Balsamo, TRE BEI MODI DI SFRUTTARE L’ARIA, Edizioni Forme libere, 2013
*
Complimenti a F. Balsamo per i suoi tre bei modi… e a F. Ferraresso per il suo altrettanto bel modo di scriverne!
grazie!
grazie e …speriamo che passi.fernanda.
! urrà
Eccomi, un po’ trafelato per l’emozione di leggere così tante idee intorno al mio libro. Grazie Fernanda. Adesso zitto zitto mi rileggo tutto.
Un libro che merita. Uscirà a breve una mia lettura, auguro a Francesco fortuna per le sue pagine intense. Grazie a Fernanda che mi dà modo di leggere di nuovo il libro. Un saluto
aspetto di leggere anche te allora Nadia, mi piacciono le reti che si intrecciano. ferni
Si, anche a me. Un saluto
Particolari, tutte le poesie presentate e particolare anche la lettura, si sente che chi le ha lette le ha come attraversate, le strade delle poesie e ha descritto ciò che ha visto. Un modo particolare per innescare la voglia di fare altrettatnto. Carlos
Sì è così, il libro mi è davvero piaciuto molto, per la sua disarmante complessa semplicità e per l’aprire lo sguardo là dove di solito non si appunta l’attenzione, su quelle che erroneamente si considerano cose di poco conto e questo perché ci siamo abituati a non vederle, non perché realmente lo siano. ferni