akash
Nel corpo, nel corpo del grano e della cicoria, nel corpo di tutti i vulcani, nella carne del vento e delle cicale, nelle vene della terra, nelle sacre paure, nella paura delle paure, una preghiera si offre alle mani, alle mani di tutte le cose, a quelle che chiedono, a quelle che restano ferme, alle dita inferme, a quelle che accusano, alle sorelle mani, alle mani zingare, alle mani della talpa e del fiume: sorridete mani, sorridete al vento e alla luce, sorridete in questo nero-colore- di-fame, in questa terra di confine, in questa fame alta in fronte al molo, fame delle coste lontane, sorridete corpi stipati sotto al tendone, pena dei fianchi, pena che fluttua a compagni di scodella, a compagni di coperte e di cartone, sorridete boschi, sorridete alti sopra gli spari, sopra le teste degli infami, sopra la polvere dei mortai, sorride alti nei cieli dei gabbiani.
Nella bocca della parola malata, nei gitani della morte.
Donna che stendi lenzuola all’aria vuota ascolta i presepi degli ospizi, i presepi dei barconi della notte, i presepi spaventati dei bambini, i presepi dei gesù della contrada, ascolta la grazia della povertà della parola, la grazia della solitudine e dell’angoscia.
Si è persa la storia, persi i campi delle ossa ammassate, persa la vittoria.
Apriti cielo rosso rosso, avanza negli occhi smarriti, nel seme ammuffito della notte, avanza e apri al silenzio. Silenzio dei morti delle piazze, i morti delle baracche e dei rifiuti.
Aprici shock di Dio, aprici Dio di questo tutto perduto che non ricorda, non ricorda…
iole toini
.
akash
adesso chiudo
chiudo
chiudo
mente fammi buio buio
non posso sopportare
fammi buio dentro al cervello
non posso più guardare
quello che la luce mi fa vedere
non posso sentire i miei piedi nel mezzo del vuoto
sollevami in alto in un posto qualsiasi nel cosmo
tremendo è questo mondo
e se urlo mi incollo a questo cerchio
e divento pazzo pazzo pazzo
fai la guardia stai di guardia
occhio chiudi la porta a tutto quanto ti urta addosso
c’è un uomo in catene e nudo è tutto quanto sento
la sua paura è un terrore in fermento non è scomparso
per lui questo inferno
la catena attorno al polso
e i ferri alle caviglie sono le uniche vigilie
che vive da decenni e li conta gli attimi li conta i mesi in tutti i giorni
e quando la guardia apre la porta lui si accuccia
come un cane accanto alla soglia e senza rabbia aspetta
che gli riempiano di riso una ciotola
ho un fischio dentro l’orecchio
fatto di tutti i loro pensieri di tutte le parole
che non escono dalle loro bocche
un fischio come un filo arrugginito
un tetano profondo e acuto
un dolore su un tendine scoperto
ha la sua carne esposta come in un’acquasantiera
era dio in quella gabbia
in quella gamba inchiodata alla vita
c’era il mondo in quel metro di stanza
in quadrato al centro della sua cupa paura
fernanda ferraresso
.
**
RIFERIMENTI IN RETE
http://ioletoini.wordpress.com/2013/10/28/canto-della-dimenticanza/
L’ha ribloggato su amina narimi.
troppo dolore.vorrei non esserci su questa terra
questo è ciò che purtroppo avviene e anche laddove pare ci sia democrazia di fatto vive la prepotenza, la forza che trasforma in tragedia la vita.Non ci si deve nascondere e non si deve restare indifferenti a queste dimostrazioni di disumanità.f
un filo cucito dalla bocca, dal pensiero, dal centro del dolore
grazie a voi