MAI LETTI PRIMA – Testi di Amina Narimi

eugenijus konovalovas

Eugenijus Konovalovas  (22)

.

A mio figlio

Non  come porti pane a casa
benedetto o accidentato
ma come vivo sai il respiro
capace di distinguere un segnale
di sopravvivenza da un rumore
come rischio  dov’è il cuore, sai
al centro del dolore che non fa
paura del futuro piangere
ballando al buio con la pace
la montagna

…la mia Jebel  ti mostro
la portata d’acqua  i suoi colori
lungo il perimetro dei  fianchi
circondata da due fiumi una segesta
abbandonata a 36 colonne- nello scrigno
morbida  roccia incompiuta vita
niente del suo splendore più colpisce
il semicerchio vuoto nel Teatro

il donativo del paesaggio toglie il fiato
quasi a morte nel tuo sguardo. dov’è il mare
alimenta il mio pensiero mentre scendo
tengo il filo del fondale. fino al fondo
ondeggia  sulla prateria la posidonia
coi suoi capelli d’oro silenziosa
l’ossigeno di un peso  troppo grande
dentro gli occhi delle anfore  perdute
con le mani sulle alghe ti racconto
come levarti dalla solitudine
che avresti giocato in paradiso. Sì
“anche lì viene la neve ” ti rispondevo

Risalgo  le domande  sulle dita
le acque strette  erano il tuo viso
impresso c’è quel nome- figlio mio-
già illeggibile
al mare che ti chiude
infinitamente tacito
.

eugenijus konovalovas

Eugenijus Konovalovas  (17).

Non so la radice divina che tocchi
il limite matematico a dimora
solo un canto in lingua Sacrale
parole strette  come un osso leggero
nell’orgasmo di petto alla gola
pronto a rinascere
su frori prus bellu

“sta nella ferita  d’assenza
– mi dici- l’amore
nell’ombra chiara
delle prime rose”

Sta dove il dolore mi trasforma
le ossa nella tua guarigione
sa petza esposta al canto,
i seni  in rose, sa bestia
di gioia, Lei,
può passare la porta stretta
sotto il cuore della terra
sotto il cielo parallelo con la schiena
-madre dalla lunga voce-
con il sangue avanza
-contra su chelu abantzu-
lavando il petto della cerva
fango che dorme alla luce
tutto il silenzio fuori dal torace
vita e moto le sue vocali in carne
allo scoperto. Ama
odorando l’Assenza, infine
comente cantu
ubriaca il dolore
in su bentu
.

Eugenijus Konovalovas  (16).

è la porta stretta di una retina
dove s’inginocchia il cielo
quando non arrivi in cima

la sua parte di luce
-quel prodigio-
si avvera dal di dentro
nel cristallino opaco
in cui  riversa il sole

fedele all’invisibile
rimani  a far  l’Amore
come lo fanno i fiori
portando l’uno all’altro
un’ape la magia

stacca l’anima
 il suo petalo
nel ventre
la tua immagine

Amina Narimi

**

Riferimento in rete: http://www.larecherche.it/testi_raccolta.asp?Tabella=Poesia&Utente=amina.narimi

6 Comments

  1. Leggendo questi versi ho sentito il mare con il suo respiro possente, ho percepito la presenza di riti ancestrali e la ferita che proviene dall’amore, sia esso presente o assente. Ma ho soltanto sfiorato queste liriche, e penso che dentro il loro corpo vi sia un magma che per adesso non riesco a delineare nelle forme. E’ una poesia che cattura e seduce.

  2. ho letto ieri, ora ho riletto cogliendo e trattenendo il filo delle immagini
    un “miracoloso” immaginario, un canto ininterrotto sotto il cielo e dentro il cielo dell’occhio

    elina

  3. Grazie Fernanda. E’ stata una forte “commozione” trovarmi ospitata qui, da Te…Grazie di tanto
    E grazie di quel segno Gabriella, grazie Blumy
    e grazia a te cara Elina
    perché è ininterrotto il cielo

    1. condividiamo sempre con piacere i testi che portano passi praticabili in un terreno ormai così accidentato quale è quello delle relazioni umane e voci che hanno in sé vita. ferni

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