vangelis bagiatis
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Sulla…….guerra
1
Moriremo in cento in mille a milioni
moriremo con l’argilla che ci chiama alla terra
e ogni ala volerà solitaria al vento di bufera
volevamo essere pochi ma volevamo tutto
poi pure il perdono e s’allungava rosso
il cammino della storia sempre frequenti
pozze di sangue e urla a scarnificare i cielo
inutili le urla delle prefiche lo sguardo grande
e smarrito del neonato – fummo per dannarci
l’un con l’altro? fummo predatori con gli uncini?
Ma non cessa la guerra- non cessa- e muore
ogni mio padre tutte le madri i miei fratelli
che i cani della notte annusano e i latrati perforano
rovine di case senza più forma e scopo
nero morire per essere più ricchi teli a nascondere
malamente cadaveri senza nome e senza cielo
senza preghiere nel lento andare lo Stige
verso la foce.
2
La sinfonia delle armi ben avviata
s’inceppa in qualche cacofonia ( siamo
stati quella volta pietosi) ma dura il canto
di mitraglia la batteria dei missili il banjo
delle bombe la mia parola secca che non esce.
Questa è la guerra Narda che cosa non capisci?
che siamo in tanti a morirci addosso privi di vantaggi?
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Narda Fattori
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walter breidenbach
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La memoria dell’umanità per le sofferenze patite è meravigliosamente breve. La sua immaginazione per le sofferenze a venire è quasi minore ancora. Questa insensibilità dobbiamo combattere. Poiché l’umanità è minacciata da guerre rispetto alle quali quelle passate sono come miseri tentativi, e verranno senz’alcun dubbio, se a quelli che le preparano del tutto apertamente le mani non vengono tagliate.
BERTOLD BRECHT-1952 [L’immagine ripresa in parola: letteratura cinema e altre visioni. Matteo Colombi, Stefania Esposito – 2008]
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In alto e in basso
il filo è dentro e non c’è calcolo che trovi il centro
muta e mutuabile la guerra è un calco e sicura innesta questo a quello
scoperchia e chiude la valvola di un mondo apocrifo
ogni destino fende e ogni storia tende offende l’ora
la grazia di una umanità ferita sperduta
dentro un deserto che l’anima distorce e brucia
e là sacrifica ancora l’Adamo della prima volta
che conosce la morte dentro l’argilla di una terra mai sua
dentro il suo volto precipitato
dentro il deserto di una ripetuta creazione senza pace
provvisorio lo rende e storia e famiglia
gli strappa in luoghi lontanti sulla scena di tante crocifissioni
dove integro non resta l’uomo
né la terra che lo feconda e in lei è cacciato e cacciatore
ma quel dio delle fiere e delle bestie più mansuete
davanti alla fine di un uomo imbraccia l’arma e ammazza se stesso
per questo non uccidere è il comando perché uccidi te stesso
significa essere le spalle dell’altro a cui corri contro
da qualsiasi luogo tu parta a qualsiasi luogo si faccia ritorno
in alto e in basso reduce è sempre un vuoto e l’essere
che perde l’oriente di sé aliena la vita
come una merce di cui non gli è dato disfarsi
tutto è la medesima assenza tutto si riforma
senza identificazione di sostanza.
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Fernanda Ferraresso
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walter breidenbach
in diretta tv la strage di ogni sera
stravolti in media re di urla
e sangue resistere alla fuga
per abbondanti ipotesi a domani
qui per ora –Libano Egitto Siria-
è carne straziata
curda irachena palestinese afgana
sono giorni roventi che i pensieri
sanguinano
e si rifiutano di diventare poesia
stasera la mia pancia è immensa terra
che va da Roma a Il Cairo a Nassirija
è culla di ogni pianto di ogni lutto
per la bambina persa spaventata
per la nonna spaccata dalla furia
proverò un’aria morbida di latte
lieve sugli occhi che hanno visto troppo
*
mi brucia lo sguardo
– sono tutt’occhi questi bambini
larghi sgranati sulla nostra cena –
sgarra i salotti buoni e fende
strappi nella palude del ventre
non io occidente arrogante
non per me risale
dalle fogne uncinate
la melma della storia
si dilata aneurisma del sistema
-abissi d’interessi- finché scoppia
di morte “che libera “ gli inermi
è violenza che nasconde la colpa
e spegne gli occhi per non più vederli
Angela Chermaddi
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walter breidenbach
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DOPO LA GUERRA
Dopo la guerra, che ci facciamo
con i fucili e i machete?
Dopo la guerra, quando tornano gli uomini e i giovani
Che ci facciamo con i fucili e i machete?
Li facciamo forse rotolare giù nei pozzi più profondi
Per non farli mai più affiorare?
O li teniamo, intatti, giusto in caso
Dopo la guerra, che ci facciamo
con le pistole e i machete?
Quando gli uomini e i giovani sono logori
e stanchi e morti?
Che ci facciamo, con i fucili e i machete?
Li fondiamo ai nostri muri come amuleti?
o li passiamo ai nostri fratelli stretti
o allo straniero o al cliente?
Giusto in caso avessimo bisogno di un’altra guerra
Dopo questa
Dopo la guerra
Che ci facciamo con i fucili e i machete?
Dopo la guerra
AFTER THE WAR
After the war, what do we do
with the guns and the machetes?
After the war, when the men and the boys return
What do we do with the guns and the machetes?
Do we toss them into the deepest pits
Never to see them to surface again?
Or do we keep them intact, just in case
After the war, what do we do
With the guns and the machetes?
When the men and the boys are worn
end torn and dead?
What do we do, with the guns and the machetes?
Do we melt them into our walls as amulets
Or do we pass them on to the next brother
Or stranger or buyer?
Just in case, we need another war
After this one
After the war
what do we do, with the guns and the machetes?
After the war?
Natalia Molebatsi
grazie di tutte queste voci che sono semi di pace