LA VASCA DEI PESCI ROSSI- Alessandra Pierini: un tuffo a capofitto nell’esperienza del carcere

mimmo di dio

mimmo di dio- tuffatrice.
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La mia “esperienza” in carcere risale a un paio di anni fa. Ho avuto modo di prestare servizio come volontaria presso la sezione femminile dell’istituto penitenziario di Capanne, insieme a un gruppo di religiosi francescani che svolgono questo tipo di pastorale da tempo. Li ho affiancati per circa tre mesi, prendendo parte alle loro attività che, abitualmente, concentrano in un pomeriggio a settimana.
Sono stata immediatamente colpita dalle numerose barriere che devono essere superate per poter accedere: un primo check-in al cancello e un secondo quando si entra nella cinta muraria che circonda l’area interna. Da lì, passando attraverso un piazzale molto ampio, con prati in cui “saltellano” i conigli, si arriva all’edificio, non troppo grande, in cui “vivono” le detenute. Le porte e le finestre sono tutte sbarrate, le chiavi e le serrature così grosse che viene da chiedersi se quell’ulteriore sbarramento non sia “ridondante”, considerando tutti quelli attraversati prima.
La sala adibita alle “attività ricreative” non è molto illuminata, è piuttosto spoglia perché qualsiasi oggetto potrebbe diventare potenzialmente pericoloso ed è circondata da finestre protette da un reticolato di ferro che non permette di dimenticare, nemmeno per un istante, che si tratta di un carcere.
Non ho potuto fare a meno di soffermarmi sui volti delle donne che ho incontrato, i quali “raccontano” di loro prima ancora che siano le parole a farlo. Scavati, stanchi, sofferenti…segnati dalla durezza dei loro vissuti, dalle difficoltà di convivenza con le altre detenute, dalla nostalgia per i figli lontani o per la famiglia, dai pesi lasciati fuori… Degli sguardi tristi che, ogni tanto, si illuminano per un gesto di attenzione o per un sorriso che, anche solo per un istante, sembra dare speranza e alleviare il dolore. All’osservare è seguito l’ascolto dei frammenti delle loro vite: racconti fatti con “accenti” diversi, perché diverse sono le loro provenienze, e spesso intervallati da silenzi, singhiozzi e toni che si fanno accesi per il riaffiorare dei rancori.
Da questa prospettiva, quale è stata la mia, molto limitata sia per la brevità dell’esperienza sia per l’esiguità del tempo a disposizione, il confine tra la colpa e la pena appare molto sfumato. Le vere vittime sembrano essere loro: si tratta perlopiù di persone perseguitate o ricattate dai mariti, cresciute in condizioni di grave degrado a livello sociale, segnate della povertà non solo materiale ma anche spirituale: la mancanza di istruzione è, per molte, anche assenza di alternative, di possibilità, di riscatto e di futuro…Sono state schiacciate dall’ignoranza, dalla collera, dal desiderio di vendetta… “inclinazioni” al male da cui tutti siamo affetti, sebbene in misura diversa.
Alla compassione per loro e per la loro condizione si è affiancato lo stupore per il lavoro che, nel silenzio, i religiosi, insieme a tutti coloro che hanno scelto di portare su di sé il fardello di chi vive ai margini, svolgono, senza la pretesa di cambiare, di giudicare, di sapere il perché quelle persone siano finite lì…L’unico scopo è portare una parola di speranza, nella convinzione che la dignità di ciascun essere umano non può essere “negoziata” e va tutelata comunque, nonostante le colpe.
Le detenute, escluse dall’interesse e della comprensione della maggior parte dell’opinione pubblica perché considerate persone pericolose che devono essere tenute lontane, hanno dichiarato, a più riprese, di essere colpite dal fatto che qualcuno, da fuori, pensi a loro, si prenda cura di loro e porti un raggio di sole in un luogo in cui c’è tanta ombra.
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Alessandra Pierini

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Riferimenti in rete:

NELLA CRUNA DI UNA TESI CON… Alessandra Pierini- Intervista di Anna Maria Farabbi

2 Comments

  1. questa testimonianza sottolinea ancora una volta che il lavoro di comunicazione, comunione tra persone, oltre ogni giudizio, e lo scambio che porta a chi non ha la possibilità di leggere il mondo in modo diverso modifica senza dubbio lo sguardo e l’aspetto interiore delle persone, non si può sempre pensare di battere-abbattere si deve aiutare a conoscere ciò che si può essere.

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