hollie chastain
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Tradotto dal turco da Semsa Gezgin ( traduttrice dall’italiano al turco delle opere di Umberto Eco) per la casa editrice SCRITTURAPURA, l’opera di Feride Çiçekoglu offre una lettura veloce, densa, emozionante perché diretta. E la storia, quella di Bariş, un bambino costretto a vivere in carcere con la madre, reclusa per ragioni politiche, che racconta è a storia vissuta dall’autrice stessa, detenuta come prigioniera politica dall’80 all’84. La voce dell’ ingenuità con cui il piccolo racconta ciò che vede e vive nulla toglie alla crudezza della prigionia: la convivenza coatta, la violenza di una censura ossessiva, la distruzione dei libri. Ciò che risulta in risalto è l’assurdità e l’ingiustizia della repressione politica in Turchia, la mancanza di libertà di pensiero, la condizione femminile. L’unica libertà che il piccolo Bariş riesce a fare propria, senza capirne fino in fondo il senso, è quel fazzoletto di cielo oltre le sbarre, dove ogni tanto volano gli aquiloni. Nel 1980 , infatti, a Istanbul si sveglia con il fragore dei carri armati, è il terzo colpo di stato nel giro di vent’anni. Evocati ma non resi visibili dalla parola dell’autrice, questi stralci di storia fanno da incubatoio del dipanarsi del racconto, un filo che si annoda tra una donna e un bambino di soli quattro anni, dietro alle sbarre con la madre. Inci, questo è il nome della protagonista femminile, apre le pagine del libro mentre dietro di lei si chiude la pesante porta del carcere. Mentre esce e le porte di ferro si chiudono alle sue spalle a gran voce Bansi, il bambino con cui aveva trascorso molto tempo,a cui aveva aperto le porte di quella immeritata reclusione attraverso storie che sapevano di spazio aperto, di libertà, inizia a chiamarla. Spesso Inci lo aveva tenuto in braccio promettendogli che lo avrebbe portato via da lì, lo avrebbe portato con sé. Attraverso le sue parole e i suoi gesti, il piccolo aveva imparato a conoscere ciò che stava fuori, e anche ciò che può cambiare radicalmente le relazioni tra le persone,ciò che le rende pure, il valore e il pericolo dei sentimenti. E vede anche gli aquiloni, rossi, azzurri, contro cui puntano i fucili le guardie, nel tentativo di abbattere non le cose ma il senso di libertà che riescono a dare ai prigionieri, a che deve stare chiuso, rinchiuso, senza scampo.
La voce del bambino snocciola il suo racconto da un punto di vista particolare diverso da quello di un adulto, ciò di cui porta testimonianza è la sua visione divertita e precisa di quanto accade dietro le sbarre, al suo tono ironico il merito di mancare della cattiveria che pur vede e sente attorno a sé. Protagoniste infatti non sono le donne ma le proteste, i cambiamenti, i litigi violenti tra detenute, o la requisizione di un libro della biblioteca ritenuto pericoloso, eoppure appunto l’improvvisa comparsa sulla scena del cielo di un aquilone rosso a cui i soldati sparano senza riuscire ad abbatterlo. Il racconto del bambino avviene per lettere, scritte con l’aiuto delle donne rinchiuse in carcere, e inviate a Inci, lettere che a loro volta faticano ad uscire da quelle mura di reclusione, quasi a mostrare che neppure i pensieri, soggetti a censura, hanno libertà tale da poter superare i limiti di quegli esigui confini. E’ proprio la purezza disarmante di Bansi, come già si è detto, che riesce a mostrare ciò che sta dietro la maschera di un potere che si regge spesso sull’assurdo e di questo sono vittime uomini e donne che della storia non sono più protagonisti ma succubi. E questo accade ancora, accade anche adesso.
Con la sceneggiatura firmata dall’autrice stessa, la storia, divenuta film, Don’t_Let_Them_Shoot_the_Kite per la regia di Tunç Başaran, ha vinto ben quattro Golden Orange di Istanbul e il Prix du Public Rencontres Internationales di Cannes.
fernanda ferraresso
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Feride Çiçekoglu, NON SPARATE AGLI AQUILONI- Edizioni Scritturapura
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RIFERIMENTI IN RETE:
http://www.scritturapura.it/libri/sparate.html
http://www.globalist.it/Detail_News_Display?ID=45303&typeb=0
grazie per la proposta
cercherò il libro