L’intento è quello di mantenere una postazione permanente ad uso della poesia perché indichi la posizione di chi, guardando la guerra in ogni ambito essa si svolga o si accenda, veda e dica con nitore cosa sia la morte che coltiva e innesca.
Sempre più spesso ormai non si mettono a “fare fronte” parole di poesia per quanto accade ed è vita, che ci mastica in mandibole feroci, mentre serve che ci sia una voce moltiplicata che si senta chiara e netta fino all’altro capo dell’oceano, serve che la sentano quelli che già hanno il massacro dentro il corpo, serve che sia uno il corpo di tutte le persone con una mente aperta e un cuore possente. SERVONO PAROLE CONTRO IL FALSO POTERE CHE ABIURA CHI RAPPRESENTA IN NOME DI QUALCOSA CHE NIENTE HA A CHE VEDERE CON LA VITA.
Cartesensibili si fa perciò promotrice di queste parole ed inizia qui la raccolta dei testi che proseguirà ininterrottamente, con una cadenza legata all’invio da parte degli autori. Come sempre al solito indirizzo cartesensibili@live.it.
Oggi i primi testi inviati. Solo questi sono giunti come se, davanti a questo tema, tutti avessero voluto tenersi alla larga. Noi aspettiamo comunque.Siamo qui, davanti al niente in cui sembra essere precipitata la vita.
Già da ora grazie, pensiamo non si debba mollare. Pensiamo non si debba sparire.
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banksy
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Qui non si fanno prigionieri
Qui non si fanno prigionieri:
urla che giungono dal Mali
dimenticato già s’ammucchiano
alle altre, tutte sparpagliate.
Qui non si fanno prigionieri:
e intanto sventrano, torturano.
Catena non conosce pause,
pretesti aziona d’intervento.
Qui non si fanno prigionieri:
ostaggi ottusi non ne avrete,
vittime e testimoni troncano
i fili alle vostre manovre.
Qui non si fanno prigionieri:
già, dove sono i testimoni?
Rimuovono macerie, forse?
Rimuovono lo sguardo e basta.
Anna Maria Curci
7-8 settembre 2013
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Banyas
Cantano le madri, le voci tagliate
come le pietre le schiene di latte
marchiate a sangue, secco come il fango
e dov’è il dio di maggio del sole sulle guance
dei giochi nella polvere che ora respiro
mentre cerco quel che resta
dello strappo di ossa del braccio sotto il corpo
sotto il peso sotto tono la voce
che filtra sotto terra che ti chiama
e cerca te e il dio di sempre
ma siamo a maggio e piove piombo
che ha giocato con te, si – sporco –
un rimpiattino traditore, senza regole
e ora torno a casa
con te che sei pesante più di ieri
quando correvi vento e polvere
ora senza gambe, solo le mie.
Sonia Lambertini
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dove
e come la si vede
questa verità
dei corpi da teatro e scena di guerra
una luce spenta nell’atto di esistere
l’essere in una inquadratura statica di tragedia
l’essere nel mondo non corpo
ma spazio esibito incarnato in luoghi
dentro e fuori davanti dentro
doppiaggi di una storia identica
quel corpo muto e mai mutato alto
parlante di una primordiale nascita
l’accaduto evento il vento che tutto approssima
e scompagina
vuoto in cui si odierna una tragedia antica
rovina e disastri quadrano la vista
ma è persa qualunque verità
Fernanda Ferraresso
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Arthur esclamò: “Interro i morti nel mio ventre”.
Quelli dei conflitti tamburano grida e percosse al suolo. Perché danzano i neri, neri di terra Masai!
Danzavano i Tutsi cristiani, i bambini di Kigali nell’ampolla dell’azzurro infante:
“Avevamo Dio come compagno di giochi…”.
Interriamo il nostro ventre. Rwanda: tenerissimo talismano nero…
E l’Europa, inadeguata all’amore, reggimento sovrano d’un appestato oblio, ci tenne a catena l’attesa. Fu un dolorare sgolato, la fine del mondo in porporini roveti d’acqua.
Un ciuffo di capelli, slavina d’ebano discesa per urlo, scorreva come un fiume in fiamme.
Ecco la teologia dei due mondi: stormi di bimbetti a guardia delle capre smunte. Poco latte, poca erba, un lungo desiderio di clorofilla per nutrire liquidi irritati… I bimbi ai cespugli, la notte lasciata ai rebus dei machete. I bimbi alla terra, portati via – fuggirsi vento – nell’amalgama fossile dei primati.
Francois Mitterrand:
“In questi paesi, il genocidio non è una cosa troppo importante”.
Già. Tutsi e Hutu.
Quotidiana litania – l’etnia.
Nina Maroccolo
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Nella poesia contemporanea spesso si rifugge dall’impegno. Si pensa che una poesia civile o èngagè (si scrive così?) possa perdere il proprio tenore artistico, svilirsi. Però la vostra è un’idea interessante e un sasso nello stagno…
ogni voce es-posta è dono e segno
ringrazio per le parole che richiedono urgente ascolto perché siano strumento e mezzo di condivisione di vita
Guerra penso sia una condizione permanente dell’essere e della materia con cui l’essere si configura ma c’è una guerra in concepibile, pur se antichissima, quella che il libro tra i libri indica nel ceppo di Caino da cui tutti discendiamo, in ogni luogo della terra.Le motivazioni che inducono oggi Caino ad ammazzare Abele sono le stesse?
grazie Nina
condivido questo obiettivo, troverò il tempo e lo spazio per esserci, è importante.
grazie di questo spazio
è permanente per cui c’è il tempo che serve.grazie
Bella e importante l’idea di unire le voci contro la guerra. Grazie Anna Maria Curci, Nina Maroccolo, Fernanda Ferraresso e Cartesensibili per aver raccolto le mie parole, con le vostre è nato un filo prezioso.
L’unione tra anime affini è qualcosa di molto raro, cara Sonia. Anch’io ti ringrazio e ringrazio Elina che per prima mi ha invitata a partecipare a questa iniziativa di Ferni.
Un conflitto non si ferma a un conflitto: ne genera sempre un altro. E’ un’antica modalità dell’essere, in tal senso sono d’accordo con Ferni – e una “condizione” che emerge come volontà di potenza. Sin dai primordi.
La Storia ci perseguita con le sue ignominie, non impariamo, non vogliamo uscirne; sappiamo il male, sappiamo il Bene talvolta indifendibile.
Un caro abbraccio,
Nina