armodio- ariannas
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Oltre la grata. Dentro il labirinto c‘è sempre la vita, persino dentro un carcere, che poi è l’immagine s(of)focata della vita, tutta, in questa dimensione fisica, in cui ciascuno sta dietro le sue gabbie. Sì persino chi cerca i soldi per trarne palate, di cose e felicità, di fatto sta dietro una gabbia e felice non è mai alla pari di chi non ha nulla e dunque niente da perdere. Chi accumula vuole solo accumulare ma nessuno accumula vita. La vita la perdiamo tutti. Non ci appartiene. Qualsiasi cosa riuscissimo a scrivere in proposito è sempre attorno e non dentro. Il nucleo vitale è una volontà ferrea, che non arrugginisce nemmeno se sottoposta a intemperie tremende, ai guasti più gravi.
Quello che possiamo fare è “tingere” i nostri cartoni e farne teatri in cui vivere, dovunque siamo. A qualunque latitudine sarà la localizzazione interiore che ci farà vivere.
“Che bisogno c’è di tante notizie dall’estero. Tutto ciò che riguarda la vita o la morte viene trattato e agisce dentro di me”. […] “La mia vista non tornerà più, la retina è distrutta, anche se quando smetterà di sanguinare ciò che resterà della mia vista potrebbe migliorare. Devo abituarmi all’idea di non vedere più. Se la mia vista è dimezzata, la mia mente vedrà con meno chiarezza? ” ( Derek Jarman- Blu)
Per questo ho deciso di fare una cosa che fisicamente non so se avrei avuto il permesso di fare. Andare a trovare Carmelo Musumeci non è facile e sopprattuto non è facile parlargli, avere uno scambio diretto. Abitiamo nella stessa città, lui ai Due palazzi, in un centro modello ma super affollato ormai, le carceri traboccano, e dunque il sistema mostra la sua imperfezione. Io invece abito appena fuori del centro città, accanto al fiume che scorre e porta acqua e storie tra le case e le campagne. Fino al mare in cui si azzittisce prendendo altri corpi, altre forme.
Ecco, l’idea è di scambiarci un paio di poesie. Lui le sue parole, io le mie, cercando di rispondere a tono, cercando di fare sentire che l’umanità è una, e sola. Oltre la grata è un modo di stare, di essere. Non ha direzione. E’ un dentro e un fuori. Ma. Se solo lo si vuole, l’incontro è possibile, anche oltre l’ingrata abitudine di tenerci distanti. La vita quotidiana, a qualsiasi latitudine e con qualsiasi tempo è molto, molto più chiusa di questa bianca e piccola strada, quasi di carta, in realtà solo d’aria. Aria che respiriamo insieme.
fernanda ferraresso
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armodio
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Vite silenziose
Sangue nell’anima
lacrime nei ricordi
sguardi spenti
Gelida vita
sorrisi opachi
rivestiti di ghiaccio
silenzi interminabili.
Tempo che va
su e giù
fra la vita
la morte
fra sogni
e incubi
fra bianco
grigio
fra silenzi
senza colori.
Buio nel cuore
freddo nell’anima
silenzio doloroso
di ghiaccio
senza speranza
Ombre velate
silenzio nell’infelicità
immortale
eterno …
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Carmelo Musumeci
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armodio
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Non vincerò la battaglia contro il virus –
nonostante gli slogan del tipo “Vivere con l’AIDS”.
Quelli che stanno bene si sono appropriati del virus –
così noi dobbiamo convivere con l’AIDS,
mentre loro dispiegano la coperta commemorativa
da una sponda all’altra del mare di Itaca scuro come vino.
Questo aumenta la consapevolezza, ma si perde qualcos’altro .
Il senso della realtà sommerso dal teatro
…
Gautama Buddha mi dice che devo allontanarmi dalla malattia.
Ma lui non era legato a una flebo.
…
Si può conoscere il mondo intero
Senza spostarsi di casa
Si può scorgere la via del cielo
Senza guardare fuori dalla finestra
Spingersi sempre più lontano
è sapere sempre meno
Derek Jarman- Blu
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Riguardati
Non stare lontano da te neanche un attimo
e scrivi
scriviti
sulle mani sulle braccia sul corpo
su tutta la pelle
scriviti il vento
e la pioggia o le stelle
e lascia che lo facciano
da soli
non perderti tra queste bocche di lupo
che sbranano
e azzannano
dentro
dentro di noi
c’è un luogo così vasto che nessuno
te lo giuro
nessuno può
venirti a prendere e
nello stesso luogo
solo per te
c’è una chiave e tante porte
che gli altri non vedono
e tu solo puoi aprire
per raggiungere chi vuoi
in un attimo
credimi
nulla è distante
.
fernanda ferraresso
Posso dire che è un’idea fantastica e le poesie sono bellissime, bravo Carmelo e Brava Fernanda
Mi commuovo ogni volta che leggo testi di Carmelo Musumeci e mi commuovo per gli interventi appassionati di Fernanda sul tema dell’ergastolo ostativo.
Si potrebbe allargare questo scambio poetico con Carmelo a tutti gli amici di CARTESENSIBILI?
trovo che sia una bellissima idea, caro Antonio, se poi Carmelo vorrà allargarla ai suoi compagni, allora useremo una carta più grande! Ci sentiamo presto.
GRAZIE Alessandra. Grazie anche a te!
ferni
Siete in gamba . E’ un piacere leggervi .
Perseverate !
leopoldo attolico –
Detto da lei Leopoldo carissimo rinfranca davvero, dai silenzi che spesso segnano distanza da taluni luoghi, da talune persone ,come se si potesse tenersi alla larga dai fatti in cui la vita ci mette, tutti. Ancora grazie. fernanda f.
Grazie Fernanda per questa proposta che giunge alla viglia di una mia simile iniziativa , il 7 ottobre porterò in carcere, in una casa di reclusione, detenuti con fine pena mai , la poesia di un mio caro amico , poeta, psicologo : Matelica, dalla parola al tempo; proprio per dare al tempo la parola, per cercare di far uscire le parole dal cacere ,piuttosto che pietosi lavoretti in legno proposti nelle mostre estive alla bendisposta coscienza dei turisti in vacanza nell’Isola; un progetto più ambizioso poi è in cantiere e riguarda la ricerca filosofica sul tema giustizia …chissà che le parole possano limare anche solo un pochino le sbarre!
l’idea di allargare le sbarre con le parole mi trova completamente in linea , in fondo lo scopo della pena è quello della remunerazione…dietro le sbarre c’è un tempo sostanziale , quasi fisico , materiale..oltre le sbarre lo stesso tempo è evanescente , sfuma , corre , lo si insegue , accostando altre sbarre .
Cara Francesca il mio desiderio è che non siano solo parole ma diventi volontà dei fatti quella di rivedere situazioni in cui oggi si trovano non poche persone in carcere. Apposta ho riportato in epigrafe del mio testo , una parte di quello che ho finito di tradurre di Derek Jarman, in cui parla di teatralizzazione, anche quella mette in standby la coscienza ma parlare non è abbastanza, portare alla luce non è sanare situazioni di fatto che sono quotidianità pesanti e logoranti per chi le vive in ambienti degradati soprattutto a causa di chi dice di essere il protettore di una esecuzione di giustizia che spesso è atrocità brutale.E non è l’unica cosa degradante,si potrebbe continuare ancora per ore,resterebbero, qui, solo parole e pochi già ora si avvicinano a queste gabbie.f.f.
ho passato molte ore in carcere , per via del mio lavoro, ho incrociato molti sguardi ed il mio non è rimasto indenne dalle colpe, dagli abusi, dalla spietatezza, dalla crudeltà, seppur non commessa…quando guardi gli occhi di un assasssino sei un assasino anche tu, quando sei in carcere le sbarre soffocano anche te, il tuo ritmo diventa ..quello della pallina del calcio balilla..e la luce un neon spietato e l’odore ti rimane attaccato sulla pelle, ma comunque tu sei fuori!
Già, fuori, e dentro il fatto costante di non poter fare.Il dialogo è spesso monologo di alcuni, quelli che, per motivi di lavoro e o per volontà personale intendono fare qualcosa. Guarda ora, anche queste gabbiette ospitano solo queste due, quattro. voci.
C’è una disumanità fuori che è crudamente più sensibile a sè, alla teatralizzazione di qualsiasi cosa, che alla volontà di prendere su di sé qualsiasi tipo di battaglia.Il carcere? Si guarda al cinema.
I Palazzi sono invisibili gli uni agli altri, e la nostra vita scorre dentro i Palazzi in ognuno dei quali si parla una lingua diversa, le strade, solo le strade consentonio il raccordo..il riaccordo, se solo fossero armate di tempo e parola, ma sono ormai insieme di buche o nella migliore delle ipotesi nastri veloci per raggiungere il prossimo palazzo
Difficile commentare questi testi, ma arrivano, toccano qualcosa. Un caro saluto.
Grazie Nadia per quanto scrivi.Sì, è un luogo difficile, che però abitiamo tutti, ciascuno in gabbie che spesso non vediamo, perché sono le ombre di noi stessi.
Come saranno le mani
di un assassino?
Se non grondano
sangue
come saranno?
Come distinguerle
mentre gesticolano
la storia e i motivi
uno sguardo ferito
il ricordo arrabbiato
di uno sguardo
da sempre negato
Te le immagini
grandi
dure
da uomo
E poi le trovi
stranamente infantili
piccole e fredde
leggermente sudate
Come distinguerle
che stropicciano gli occhi
o si grattano il naso?
Come saranno
le mani
di un assassino?
Sono come le tue
che non grondano
sangue