carlo ravaioli-dove iniziano le stagioni
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Non ho seme da spargere per il mondo
non posso inondare i pisciatoi né
i materassi. Il mio avaro seme di donna
è troppo poco per offendere. Cosa posso
lasciare nelle strade nelle case
nei ventri infecondati? Le parole
quelle moltissime
ma già non mi assomogliano più
hanno dimenticato la furia
e la maledizione, sono diventate signorine
un po’ malfamate forse
ma sempre signorine
*
Due scalini saranno la distanza
Perché i miei piedi non calpestino
il vestito e allora due scalini
più tardi arriverò
leggermente in ritardo
a consumare lo spazio
che rimane – ah per le mani
non ci sono scuse –
a trasformarle in carezze
le incertezze.
*
Ti odio perchè non ti amo più
perchè non posso perdonarti
di non riuscire più ad amarti.
*
Che orrore immaginare due corpi
che fanno l’amore presi da necessità
che qualche cosa avvenga
si compia e poi sfilacciati
da una soddisfazione si ricompongono
nella loro apparenza.
Preferisco quel metro di distanza
dove vedevo l’eterno mare scuro
calmo silenzioso.
*
Addosso al viso mi cadono le notti
e anche i giorni mi cadono sul viso.
Io li vedo come si accavallano
formando geografie disordinate:
il loro peso non è sempre uguale,
a volte cadono dall’alto e fanno buche,
altre volte si appoggiano soltanto
lasciando un ricordo un po’ in penombra.
Geometra perito io li misuro
li conto e li divido
in anni e stagioni, in mesi e settimane.
Ma veramente aspetto
in segretezza di distrarmi
nella confusione perdere i calcoli,
uscire di prigione
ricevere la grazia d una nuova faccia.
*
Essere testimoni di se stessi
sempre in propria compagnia
mai lasciati soli in leggerezza
doversi ascoltare sempre
in ogni avvenimento fisico chimico
mentale, è questa la grande prova
l’espiazione, è questo il male.
*
Ormai è sicuro, il mondo non esiste
la sua materia labile che si trasforma
in gioia o dannazioe. Quella parete
quella parete, quella strada, quel muro,
quell’occasione infetta che è nella mia testa.
I pensierini. Il tempo.
Mi scivola via l’anima
e io non la trattengo.
da Poesie (1974-1992)- Einaudi, 1992
*
Guardavo avanti, non certo per principio,
guardavo avanti seduta in mezzo al prato
– nessuno rispondeva se chiamato –
il motore freddandosi scrocchiava
e certe luci lontane in doppia fila
come stelle viventi luccicavano.
C’era la luna, a destra, quasi piena,
i temporali a nord l’avevano schiarita,
oh estate! più che dolce, necessaria.
E già più magra io ero
o mi sentivo, ninfa
quasi ardente anche se sola, non
sola veramente ero inebriata
da Pigre Divinità e Pigra Sorte– Einaudi 2006