VALERIA SEROFILLI- Due brevissimi

wabi sabi

wabi sabi

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Qui c’è il sole!

(A mia madre)

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Un uomo percorre il mondo
intero in cerca di ciò che
gli serve e torna a casa per
trovarlo”

G. Moore, The Brook Kerith, 11

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Da qualche anno hai smesso di uscire.
Proprio tu che una volta in pensione avevi programmato di andare missionaria in Africa.
Infinite le motivazioni, dalla perdita del marito alla frattura dell’anca che ti ha reso non indipendente, alle scale dai troppi gradini.
Ma nella tua casa, dici, hai tutto: il gatto in tinello, i piccioni sul davanzale e sui cornicioni del terrazzo, le orchidee in veranda.
E ogni cosa a portata di mano, sul piccolo tavolo tondo vicino al frigo: il cordless, gli occhiali, il blok notes col lapis, il telecomando e la guida TV, il tutto condito dal libro di turno della scuola di tuo nipote.
Dando conferma a Le Corbusier, la tua casa “è una macchina da abitare”.
Mi consigliano di venire a vivere con te, noi di sopra e te al piano di sotto.
Chi parla non sa che spostarti sarebbe la fine. Toglierti dal sole, vista Torre, vista giardino, vista vita.
Una gabbia dorata per altri ma non per te, che continui ad alzarti alle cinque come quando avevi da organizzare l’intera giornata, conciliando gli impegni scolastici e me piccola.
E se adesso territorialmente la tua visuale è ampia quanto la vista dalla finestra di un tinello, la tua apertura mentale ti permette ben più ampi raggi, gestendo i miei appuntamenti, scadenze, impegni e ricorrenze, con positivo solare ottimismo.
La tua casa è il tuo castello, con tanto di appuntamento domenicale con la tombola delle 17, a Natale come a Ferragosto. A tombola si gioca in tre, numero perfetto.
Ogni altro elemento risulterebbe superfluo, se non di disturbo.
E tra un ambo e una quaterna, il pretesto per parlare della vita di ogni giorno, con i suoi problemi e le piacevolezze, i battibecchi, i contrasti e le piccole soddisfazioni, chiedendo ogni tanto con finto ingenuo stupore, quasi al termine del gioco <<l’ambo è stato fatto?>>.
Ultimamente ami mettere dieci euro di posta alla cinquina, ma non la segni se esce il tuo numero per non togliere la vincita a noi. Perché una madre è quella persona che vedendo solo quattro pezzi di torta per cinque persone, prontamente annuncia che non le sono mai piaciute le torte.
Chi ti conosce o meglio, non ti conosce, ti dice generosa fino all’autolesionismo, direi piuttosto di quella generosità che consiste più nel dare per la gioia stessa di dare, appagata nell’immaginare la felicità del destinatario.
Da qualche anno hai smesso di uscire. Proprio tu che una volta in pensione avevi programmato di andare missionaria in Africa. Ma ora sei missionaria in casa tua.
Sei tu ora la casa, il motore della casa, il cuore che per sempre vi pulserà, il tempo, sia cronologico che meteorologico.
Dove abiti sembra un paramondo. Si può parlare della nuvola di Fantozzi al contrario: non di pioggia ma di capsula sole.
E se ieri pioveva molto forte tanto da riprendere l’impermeabile, dall’altro lato del telefono la tua voce squillante: – “Qui c’è il sole!”.

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alexandros demetriades

la-beaute--de-pandore

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Pagina mare

(Figlio dell’onda)

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Solo dopo aver conosciuto la
superficie delle cose … ci si può
spingere a cercare quel che c’è
sotto. Ma la superficie delle
cose è inesauribile.

Italo Calvino, Palomar

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“Vi sono state due rivoluzioni, una tra l’uomo e la terra e una tra la terra e il mare”, era solito spiegare il mio professore di geografia nel corso delle lezioni universitarie. Per la proprietà transitiva, aggiungo, ve n’è stata dunque una tra l’uomo e il mare. Liquidità e fisicità, due realtà così diverse, come possono del resto andare d’accordo? Forse solo in virtù del fatto di essere entrambi, uomo e mare, simboli della dinamica della vita e della creazione in senso più ampio.
Ma cos’è mai l’uomo? Non è forse un abisso, non è forse, come l’acqua, un fluire continuo in continua transizione tra le cose da compiere e il già portato a termine?
Posso provare a dire, semmai, cosa non è: non è certo un essere puramente fisico, come sostiene l’Holbach. Se infatti le ossa si ricollegano alla terra, il suo sangue non richiama forse l’acqua, tanto che la medicina cinese nella teoria dei quattro mari cosmici stabilisce una stretta connessione tra il corpo umano e il cosmo in cui la testa è il cielo, gli occhi il sole, il sangue la pioggia e gli umori e le vene i fiumi?
E’ forse in quest’ottica che il Martin Eden di London si getta nell’acqua restandone per sempre inglobato, diventando, da buon marinaio aspirante scrittore, un tutt’uno con la pagina mare, inchiostro di vita per sempre impresso sul foglio in cui, profumi, colori, suoni, ricordi, aspirazioni e desideri si corrispondono in un infinita sinestesia.
Perché, facendo mio il pensiero di Calvino,“ solo dopo aver conosciuto la superficie delle cose… ci si può spingere a cercare quel che c’è sotto. Ma la superficie delle cose è inesauribile”.

6 Comments

  1. trovo in questi due lavori uno stile deciso e al tempo stesso delicato… nel primo, il ricordo del sentimento prende il sopravvento sugli eventi; nell’altro, avverto nel bisogno di Martin Eden di tuffarsi nella pagina scritta, il desiderio di oblio.
    Memoria e Oblio, dunque. Terra e Cielo. Mai l’una senza anche l’altro.

  2. Delle cose lette parto sempre dall’ultima. Et ton esprit n’est pas un gouffre moins amer.- diceva il nostro Baudelaire all’homme libre. Ma cos’è mai l’uomo?- si chiede la Serofilli – Non è forse un abisso, non è forse, come l’acqua, un fluire continuo…?.
    Condivido il concetto della Serofilli superficie/profondità, di calviniana memoria, e suggerisco l’aforisma di John Dryden:
    Gli errori, come pagliuzze, galleggiano alla superficie; chi cerca perle deve tuffarsi in profondità.

    Con la lettura: A mia madre, (la mia è scomparsa di recente), confesso d’aver fatto il pieno di tenerezza! Un sentimento/virtù che appare in declino nella nostra società. Nelle immagini evocate trovo l’incoraggiamento a coltivare sentimenti miti, dolci, affettuosi. Che la ragione/geometria ceda il passo all’esprit de finesse. Ubaldo

  3. Non sai quanto, Valeria, mi colpisce il primo racconto. I quattro pezzi di torta per cinque. Lo spazio che si restringe ma la capacità della mente di non avere confini. Perchè l’essere umano, come anche dici nel tuo secondo racconto, è qualcosa in più. La meravigliosa geografia del suo corpo richiama l’Universo e la parola, unicità dell’essere umano è lo spazio del pensiero e dell’acqua. Infinito.

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