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Giovanni Carlo Federico Villa è alla fine del settennato alle Scuderie del Quirinale. Risale al gennaio 2005 l’inizio della collaborazione con le Scuderie, dove ha curato le mostre di Antonello da Messina (2006), Giovanni Bellini (2008), Lorenzo Lotto (2011), Tintoretto (212) e quella ora in corso dedicata a Tiziano (visitabile sino al 16 giugno, catalogo Silvana editoriale), così da chiudere idealmente un magnifico cerchio, al cui interno vi è la stagione della grande pittura veneta.
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Giovanni C. F. Villa-curatore della mostra “Tiziano”
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Antonio Paolucci e Giovanni Villa
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Professore incaricato di Tecniche diagnostiche per i beni culturali presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università Cattolica di Milano, Villa ha la cattedra di Storia dell’Arte Moderna all’Università degli Studi di Bergamo, dove è anche direttore del Centro di Ateneo di Arti Visive. Tra le rassegne da lui curate, va almeno ricordata quella dedicata a Cima da Conegliano a Palazzo Sarcinelli a Conegliano, nel 2010.
In un ambiente dove è oramai una regola essere preventivamente sospettosi, il suo garbo e la sua disponibilità sorprendono e quasi intuisse la prima domanda, subito dice: “Ogni mostra è figlia di una mediazione tra il catalogo di un artista – sterminato quello di Tiziano! – lo spazio che si deve allestire e l’immagine che si desidera offrire ai visitatori”.
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D. Allora è d’accordo che per quanto possa ripercorrerne le tappe fondamentali, si ha sempre l’impressione che l’itinerario espositivo di una mostra non arrivi mai a riassumere la grandezza di un artista. Una sensazione che si accentua di fronte ad un pittore straordinario come Tiziano, la cui longevità ed energia espressiva paiono entrare in ogni singola opera. Lei ritiene che i 39 dipinti alle pareti delle Scuderie siano sufficienti per dar conto di un’esperienza così complessa e decisiva per la storia dell’arte?
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R. In un’epoca in cui sovente si propongono mostre costruite su due o tre attribuzioni, su tele di ignota storia in prestito da collezioni private, su confronti con altri autori e ipotesi anche suggestive ma assolutamente tenui oppure occasionali, si è deciso di proporre un Tiziano privo di problemi attributivi in un’esposizione monografica che ne racconti tutto l’arco di carriera, scegliendo tre o quattro opere per decennio tali da evidenziarne l’evoluzione stilistica. Ed è questo il motivo per cui ci sono stati concessi prestiti del tutto eccezionali: la completezza del progetto e l’immagine offerta dell’artista. Sembrerà paradossale, ma gli unici antecedenti italiani sono le veneziane mostre di Ca’ Pesaro del 1935 e di Palazzo Ducale del 1990.
D. Voci critiche sostengono che si sono privilegiate opere “a portata di mano” e poche sono quelle che provengono da musei non italiani
R. Desiderando creare una narrazione estremamente sostenuta, tale da offrire una percezione piena e assoluta della qualità di Tiziano e del suo ruolo nella storia, si sono scelti dipinti che in questa direzione potessero andare. Ai musei esteri domandando solo tele finalizzate a questa lettura e incontrando, così, l’entusiastica collaborazione d’istituzioni quali il Louvre e il Prado, le National Gallery di Londra e Washington, la Gemäldegalerie di Berlino e il Kunsthistorisches Museum di Vienna ma anche i Musei Reali di Anversa o il castello arcivescovile di Kromĕříž, per citare solo alcuni dei prestatori esteri. Dunque non proprio opere “a portata di mano” e il cui insieme costituisce parte fondante, anche numericamente, della mostra. Come si può agevolmente constatare anche solo sfogliando il catalogo…
D. Come già accadde nel 2012 con Tintoretto, dispiace non poterla rivedere poi a Venezia questa mostra di Tiziano. Musei e chiese avrebbero creato una propaggine naturale ed emozionante. Una sorta di immersione totale, come accadde con Caravaggio qui a Roma nel 2010
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R. Venezia sarebbe stata il luogo ideale di tutto il progetto impostato nell’ultimo decennio alle Scuderie del Quirinale! Raccontare in laguna Antonello e Giovanni Bellini, Lotto, Tintoretto e Tiziano, alla luce dei prestiti complessivamente ottenuti, avrebbe consentito di comprendere appieno la rivoluzione avvenuta a cavallo tra Quattro e Cinquecento, la nascita di quell’altro Rinascimento che, alternativo alla linea condotta sull’asse Firenze/Roma, portò la Serenissima Repubblica a creare il linguaggio figurativo che più nessuno muterà fino alle avanguardie storiche. Purtroppo questo non è stato possibile e così Roma e la piazza del Quirinale si sono caricate di ulteriore importanza, nel sottolineare e celebrare la centralità veneziana al di fuori di essa.
D. Una serie di indagini scientifiche sono riuscite a leggere nei minimi dettagli l’andatura pittorica dell’artista. Come mai ancora rimangono cementati pareri fortemente discordanti tra gli studiosi sull’autenticità di alcune opere? Pensiamo a quanto anche di recente si è letto a proposito della Fuga in Egitto (peraltro devastata da un interminabile restauro) o, addirittura, su uno dei suoi quadri più celebri, L’uomo col guanto, presente in mostra e proveniente dal Louvre.
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Tiziano- autoritratto
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Tiziano- danae
Tiziano-flora
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Tiziano- maddalena
R. L’alunnato di Tiziano tra Sebastiano Zuccato, Gentile e Giovanni Bellini e infine Giorgione, insieme alla vexata quaestio legata alla data di nascita del cadorino, hanno fatto si che il suo abbrivio pittorico sia questione secolarmente dibattuta tra gli storici dell’arte, con ancora molti dipinti discussi tra il giovane Vecellio e quell’“oggetto misterioso” che è tuttora Giorgione. L’ampia campagna di analisi scientifiche, svolta dal Centro di Ateneo di Arti Visive dell’Università degli Studi di Bergamo, ha consentito di porre in rapporto la tecnica e la concezione stessa dell’opera attuata da Tiziano con quella dei maestri, offrendo un contributo che auguriamo possa essere d’aiuto agli specialisti dell’artista.
D. Tiziano anticipa i tempi in modo impressionante. Manet si è ispirato a lui per L’Olimpia o per Le déjeuner sur l’herbe; però è davanti ad opere quali il Sacrificio di Marsia (altro capolavoro presente a Roma), dipinto tre secoli prima della Scena di caccia di Courbet, che si rimane increduli. Anche in Delacroix c’è tutto Tiziano. Così come lo si può trovare nel Novecento. Per fare un esempio, nell’Autoritratto del Prado si riflette un pittore come Music.
R.“Noi tutti siamo carne e sangue di Tiziano” scriverà proprio Eugène Delacroix, significando come senza Tiziano non avremmo avuto né Velàzquez né Rubens, né Rembrandt né Goya ma neppure Renoir o Cézanne. E magnificamente Rodolfo Pallucchini, nella sua insuperata monografia del 1969, sottolineava come “Nell’opera pittorica tizianesca, realizzata nell’arco di un sessantennio, si avvicendano due civiltà: si potrebbe dire quella di Ariosto o di Shakespeare. Il codice espressivo tizianesco a sua volta sarà di base alla civiltà pittorica occidentale, che da Rubens e da Velázquez si conclude nel nostro secolo con l’avvento del cubismo”. In Tiziano, quanto appreso dall’ultimo Giovanni Bellini diviene patrimonio europeo, un linguaggio internazionale difficilmente scardinabile se non da esiti che scompiglino letteralmente la composizione e il senso stesso della figurazione.
D. Anche in questa occasione, l’allestimento si è rivelato un’aggiunta preziosa (e molto lodata) per la lettura delle opere, come già per la mostra di Giovanni Bellini e di Lorenzo Lotto, è stato firmato da Mauro Zocchetta ed Emilio Alberti. Immagino si sia creato un rapporto di grande fiducia
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R. Le mostre alle Scuderie del Quirinale hanno avuto una profonda matrice “vicentina”, essendo nate da un rapporto di appassionata collaborazione, fraterna amicizia e dialogo quotidiano con due eccezionali professionisti/artisti quali Alberti e Zocchetta. Con loro si definirono tanti progetti a Palazzo Chiericati e al Teatro Olimpico e una naturale evoluzione è stata lavorare insieme a Roma. Bellini, Lotto e Tiziano sono figli, visivamente e didatticamente, di un vero e proprio lavoro d’equipe, in cui ognuno ha apportato un tassello fondamentale nella comprensione dell’artista. Sinceramente non credo avremmo avuto tanti e unanimi consensi senza le geniali intuizioni di Mauro ed Emilio, la loro sensibilità nel trattamento di materiali e colori, sempre avendo presente la centralità dell’opera e la sua necessità, per quanto possibile, di contestualizzazione.
D. Tra i molti capolavori alle pareti, scelga quello che mostrerebbe a Michelangelo (e ancor più a Vasari), per fargli intendere come in terra veneta il segno non può che fondersi nella luce. D’altronde, anche nella Pietà Rondanini è la luce a modellare la forma.
R. Gli mostrerei la Punizione di Marsia, la tela esposta nell’ultima sala, significativamente su quella parete finale in cui ponemmo il Noè deriso ora a Besançon di Giovanni Bellini: spiazzante per sregolatezza d’impaginazione e di fuoco che ci porta a un passo dai protagonisti, proposti in grande scala e impaginati a forza sul primo piano, la tela che li trattiene a stento, tanto da essere condotta, tra gli altri, proprio nei cataloghi di Tiziano e Lorenzo Lotto, la cui Presentazione al tempio di Loreto anche fu esposta sulla medesima parete. Tre dipinti capaci, da soli, di rivelare in modo deflagrante tutta la capacità della pittura veneziana di incidere sull’arte futura, annunciando già quella che sarà la rivoluzione degli impressionisti.
D. Visto che siamo a due passi dal Vaticano, è azzardato, secondo lei, trovare una forma di parallelismo, non solo biografico, con Michelangelo: vissero quasi novant’anni, produssero opere determinanti in tarda età ma, soprattutto, entrambi idealizzarono, dopo averla sfiorata in gioventù, una perfezione interiore, attraverso la tecnica del “non finito”. E’ una condizione umorale che va maturandosi strada facendo (pensiamo anche a Turner), oppure sono percorsi individuali?
R. Potremmo aggiungere anche il tardo, sublime Giovanni Bellini. Una profonda e comune religiosità accomuna Tiziano e Michelangelo, la loro cristologia esasperata poeticamente espressa in una materia che si sfalda: se guardiamo alla Pietà del primo, quel Cristo dalla materia che ci lascia, si sgretola, quel braccio scarnito toccato dalle mani di un Tiziano incarnato nelle vesti di Girolamo, che a quel Cristo si affida completamente, ritroviamo il Michelangelo della Pietà Rondanini. La medesima urgenza espressiva, la medesima tensione emotiva.
D. Mi dica qualcosa su Bartolomeo Montagna, chiunque ama l’arte a Vicenza attende da molto tempo che si concretizzino le possibilità di avere presto una sua mostra. E poi mi dica qualcosa della Basilica Palladiana. Converrà che è abbastanza misterioso che solo di recente ci si sia accorti che essa può trasformarsi in un volano per l’economia della città. Un cuore pulsante, tra i più belli in Italia.
R. Le mostre alle Scuderie del Quirinale sono state affiancate da quelle di Cima da Conegliano a Conegliano e a Parigi. In un progetto da completarsi con altre due esposizioni legate ai territori: Palma il Vecchio a Bergamo e Bartolomeo Montagna a Vicenza. Su quest’ultimo sarà edita in autunno una nuova monografia, a oltre mezzo secolo dallo studio di Lionello Puppi, che vuole essere omaggio e ricordo di colui che la mostra di Montagna per primo cercò di compiere, intuendo quale risorsa straordinaria fosse la Basilica Palladiana: Giuseppe Roi. E proprio con lui ne parlai nel nostro ultimo incontro, pochi giorni prima che lasciasse la sua straordinaria eredità umana alla città. Promettendogli quell’unico suo desiderio irrealizzato si sarebbe compiuto.
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Silvio Lacasella
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RIFERIMENTI IN RETE:
I mercoledì di Tiziano: incontro con Antonio Paolucci- Scuderie del Quirinale
http://www.scuderiequirinale.it/media/i-mercoledi-di-tiziano-incontro-con-antonio-paoluc.html
http://www.scuderiequirinale.it/categorie/mostra-tiziano-roma
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