A proposito di Carmelo Musumeci e i suoi racconti per ammazzare il tempo- fernanda ferraresso

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Come già anticipato usciranno a distanza di tempo, quindici giorni, i racconti inediti arrivati dal carcere. Questo perché, lo avevamo anticipato nella precedente pubblicazione, CARTESENSIBILI vuole dare visibilità al problema dell’ERGASTOLO OSTATIVO, la MORTE VIVA, come la chiamano coloro i  quali la subiscono in virtù di una legge che dovrebbe essere riveduta e corretta, come in molti già sostengono.
Oggi, festa dei lavoratori, pensiamo a tutti quelli che in carcere partecipano al lavoro collettivo non visti ma comunque partecipi e vivono con angoscia e ansia l’aspettativa di collaborare da persone libere alla trasformazione di un paese sempre più rivolto, invece, alla costruzione di emarginazione sociale, all’odio,alle caste e alle clientele, in cui la gestione del potere è spesso abuso e non intelligente e lungimirante connessione tra il bene comune e il bene del territorio, ormai leggibile solo a livello globale, visto che risorse umane e risorse materiali sono senza ombra di dubbio le motrici e matrici del vivere comune. Carmelo Musumeci, l’autore del testo L’amore perfetto,  inviatoci dal Carcere di Padova  attraverso la sua tutor Nadia Bizzotto, che non smetto di ringraziare per il gran lavoro che svolge a favore di queste persone e il problema tragico dell’ergastolo ostativo, ci parla dell’odio, che nasce dal vivere in una gabbia che è il carcere, che ci si costruisce dentro e poi diventa il nostro intorno, il nostro modo di guardare gli altri e il mondo, senza ascoltare quella che, con semplicità, lui chiama con voce affrancata dal timore di essere fuori dal coro, cuore. C’è un cuore che batte e ci fornisce il tempo della nostra vita, l’intimità nascosta in ciascuno di noi, l’emergenza istantanea in cui è dichiarato ciò che serve per vivere e cosa invece è trama, pesante gabbia che quella intimità stritola fino a renderla asfittica e silenziosa. Del racconto, inedito , pubblichiamo oggi i primi due capitoli. Altri, come già detto, seguiranno tra quindici giorni.

BUON PRIMO MAGGIO A TUTTI.

fernanda ferraresso- 1 maggio 2013

P.S.: L’unità è la coesione tra parti in dissidio che proprio grazie a questo continuo giustapporsi  in una coazione continua, in reciprocità lavorando, generano la vita. L’abbassamento della guardia, per una falsa unità dialettica, riscontrabile in questi giorni, è vivere a livelli di bassa energia: mortale, mortifera. Un tempo c’erano i lavoratori e i loro padroni, c’erano i sindacati schierati dalla parte dei lavoranti. Oggi  tutto questo si è trasformato in  una chiara farsa perché se è vero che il mondo è uno, e tutti stiamo lì sopra come in una gabbia senza sbarre, è pur vero che non può più sussistere schieramento: né schiavi né padroni, antico retaggio di una storia che continua a scrivere le medesime squalllide pagine, invece di una collaborazione atta a salvare il luogo e gli uomini che in questo luogo vivono con parità di diritti.

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L’AMORE PERFETTO

 carmelo musumeci

Io ho conosciuto Nico.
I nomi, i luoghi, i tempi di questo racconto sono falsi,
ma i fatti, le emozioni, i sentimenti e l’amore sono veri.

 

Primo capitolo– Due giorni all’alba.
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Aveva il cuore a pezzi. Non riusciva a vivere più.
Da molti anni non riusciva neppure a sopravvivere. Viveva solo per vendicarsi.
La odiava. Eppure la sua ombra era sempre accanto al suo cuore. Non riusciva a capire. Il suo cuore correva da lei anche quando non voleva. Era ancora innamorato di quella sgualdrina.
La detestava, ma continuava a pensarla. La sognava continuamente. Non solo per ammazzarla, ma anche per farci l’amore. La puttana, tutte le volte che finivano di fare l’amore, gli ripeteva spesso che non l’avrebbe mai lasciato.
Nico fece un grande respiro e parlò fra sé.
Io scemo che ci credevo.
Mosse la testa da una parte all’altra.
Stupido che mi fidavo.
Nonostante gli anni passati sentiva ancora il cuore di quella sgualdrina battere nel suo petto. Presto non lo avrebbe più sentito battere.Fra due giorni l’avrebbe ammazzata. E provava dolore e felicità insieme. Nonostante tutto quello che le aveva fatto, la puttana era ancora presente nei suoi pensieri. Non si dava pace.Amava ancora quella donna. Per questo fra due giorni le avrebbe sparato in bocca. Solo così forse l’amore che provava per lei sarebbe morto.Scosse la testa.
E con voce arrabbiata si disse.
Sgualdrina.
Alzò gli occhi al cielo.
Hai pochi giorni di vita.
Diede un pugno nel muro.
Puttana.
Batté la fronte nel muro.
Non vedo l’ora di spararti in bocca.
E mosse il dito come per premere il grilletto di una pistola.
Due giorni all’alba e poi sarò fuori.
Fece la faccia da cattivo.
Ti verrò a cercare e ti ammazzerò.
Fece un grosso sospiro.
Aveva fra le mani la foto della sua ex compagna. La madre di suo figlio Nico Junior. Parlava con lei. Erano stati fuori insieme cinque anni a spassarsela. Lei si chiamava Giovanna.La ricordava ancora bella. Capelli neri e corti. Occhi castani. Lineamenti dolci nel viso. Lui si chiamava Nico. Era un rapinatore. Rapinava le banche. Lavorava da solo. Era bravo. L’avevano preso per la prima volta sette anni prima dentro una banca. Parlò a voce alta. Tutti sapevano che Nico in cella parlava da solo.
Puttana.
Diede un morso con rabbia a una mela.
Ti ho lasciato gioielli, due macchine e soldi a palate e tu che hai fatto?
Gli andò di traverso un pezzo di mela.
Ti sei fatta sbattere a destra e a sinistra.
Tossì senza smettere di parlare.
Mi hai abbandonato dopo un anno di carcere.
Nico continuava a guardare la foto di Giovanna.
La sua immagine sembrava sorridergli.
Puttana che cazzo hai da ridere?
Buttò fuori dalle sbarre il torsolo di mela.
Presto non riderai più.
Si accese una sigaretta.
I morti non ridono.
Aveva provato tante volte a strappare quella foto. Non c’era mai riuscito. Ci provò anche questa volta, ma ci rinunciò subito. Nico respirò a fondo. Fissò le sbarre della sua cella e maledì il suo cuore che era prigioniero di Giovanna.
Dei miei soldi non mi hai mandato un euro.
Gli cadde la cenere di sigaretta nella camicia.
Non mi hai mandato neppure i miei vestiti.
Si spolverò la cenere della sigaretta dalla camicia.
Hai messo nostro figlio in collegio.
Iniziò a passeggiare avanti e indietro per la cella.
Non me l’hai più portato a colloquio.
Strinse i denti.
Ti ammazzerò soprattutto per questo.
Sentì aumentare i battiti del suo cuore.
Non tanto per quell’anno che mi venivi a trovare con l’amante fuori dal carcere.
Si prese la testa fra le mani.
Neppure perché ti sei rubata tutti i miei soldi.
Iniziò un andirivieni continuo ed estenuante per la cella.
Ti sparerò in bocca solo perché hai abbandonato nostro figlio.
A un tratto Nico liberò le lacrime dal suoi occhi.
Te la farò pagare.
Non tentò neppure di asciugarle.
La farò pagare anche a me stesso.
Le fece cadere per terra.
Soprattutto a me stesso.
Le voleva vedere per ricordarle quando si sarebbe vendicato. Intanto Giovanna continuava a stare in un angolo del suo cuore. Era ancora innamorato della donna che amava e che fra due giorni avrebbe ucciso.

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Secondo capitolo- Un giorno all’alba

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Nico ormai non sognava più. Sapeva che sognare non gli sarebbe servito più a nulla. Ormai aveva deciso di ammazzarla. Eppure sentiva ancora nostalgia delle sue labbra. Sentiva nostalgia delle sue gambe che gli stringevano i fianchi quando facevano l’amore. E delle sue tette sul suo petto. A distanza di anni riusciva ancora a sentire il profumo della sua pelle. Il suo cuore batteva ancora per lei. Non c’era nulla da fare, solo la morte lo poteva separare da lei. Era sdraiato nella sua branda e pensava a quello che avrebbe fatto domani. Lo pensava ormai da tanti anni.Vivere senza di lei era una condanna che non poteva più sopportare. Prima sarebbe andato da un suo amico a prendere il libretto di banca al portatore dove teneva una bella somma di denaro.
Si sussurrò:
Per fortuna non le ho mai detto nulla di questo a quella puttana.-
Avrebbe portato all’avvocato il libretto,  che lo avrebbe consegnato a Nico Junior quando sarebbe stato
maggiorenne. Lui non avrebbe potuto farlo.
Aveva già deciso che dopo avere ammazzato lei, si sarebbe tolto la vita anche lui.
Preferiva morire che vivere senza di lei. Ogni volta che pensava a suo figlio il suo cuore danzava insieme a quello del piccolo Nico Junior. Di lui sapeva poco. Aveva solo qualche sua foto di quando era piccolo. Aveva compiuto undici anni da poco. Sapeva che l’avevano dato in affidamento ad una famiglia. Ad un tratto si alzò dalla branda. Andò a prendere le foto di suo figlio.
Le teneva nella scatola di scarpe, dove teneva le poche cose più preziose che aveva. Le guardò con amore come aveva fatto per anni. Era bellissimo. Gli sorrideva. Aveva delle sopracciglia nere e lunghe. Due occhi rotondi e neri. Gli occhi li aveva presi dalla madre. Tutto il resto lo aveva preso da lui. Sperava che avesse preso anche il suo cuore.
Pensò.
Chissà com’è cresciuto.
Sospirò.
Come sarà adesso?
Poi si mise a parlare con suo figlio.
Siamo stati abbandonati Nico Junior.
Scrollò la testa.
Ma ti vendicherò io.
Abbassò la voce.
Lo farò anche per te.
Fissò il vuoto.
E pagherò solo io.
Si sentì impotente.
Lei non ti ha mai voluto.
Si sentì inutile.
La puttana quando era rimasta incinta aveva paura d’ingrassare e non voleva farti nascere.
Ad un tratto la sua voce si spezzò.
L’avevo convinta io a farti nascere e sono contento di averlo fatto.
E poi all’improvviso singhiozzò.
Spero che ti abbiano trovato una buona famiglia e che ti amino come ti amo io.
Le lacrime gli gonfiarono gli occhi. Quando pensava a lui, l’odio per sua madre spariva e rimaneva solo
l’amore. Era esausto.
Si rivolse a se stesso.
Chissà se si ricorderà di me.
Gli occhi s’inumidirono. Il suo cuore iniziò a piangere prima dei suoi occhi. Poi una grossa lacrima uscì piano. Rimase ferma indecisa. Poi scivolò nella guancia. E poi cadde per terra.
Nico iniziò a piangere per suo figlio.

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Carmelo MusumeciL’AMORE PERFETTO- inedito

3 Comments

  1. Grazie per questa iniziativa di grande civiltà e umanità; condivido in pieno quanto scritto nella presentazione e nel post scriptum; il racconto ci fa entrare in un mondo di dolore e, spesso, di umiliazione, ma anche di profonda intelligenza della condizione umana (non solo di quella carceraria – spesso siamo noi stessi dei carcerati senza rendercene conto); in ogni caso constato un’estrema superficialità ed approssimazione nel parlare del carcere e della condizione dei reclusi (quanti luoghi comuni uditi ripetere in giro mi risuonano adesso nella mente!) CARTESENSIBILI prova invece ad entrare nel mondo della prigione con attenzione, spirito solidale e con la volontà ferma di capire. Grazie ancora.

  2. Terremmo, in modo particolare, ad avere uno scambio di idee tra “i liberi” e “quelli tra le sbarre” persone entrambi e volti di una medaglia sola che si chiama umanità, composita e spesso così mal composta, anche se potrebbe indurre a credere il contrario, che ci si ritrova con vertici avviluppati dalle reti della mafia e cittadini comuni presi come capri espiatori, alla faccia della legalità e della legalizzazione delle possibilità riservate a taluni e agli altri precluse.

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