.
…uno stato di guerra, continuo, intensificato e intensivo. Da più parti e fronti nel sociale c’è una compressione esplosiva che porta a falsificare la lettura dei rapporti tra popolo e popolo, tra persona e persona, tra uomo e donna, tra oggetti consumati e consumatori in una terra mercantizzata e sempre meno fertile in cui non si ha la possibilità di vedere la fonte, l’origine che produce questo sterminio continuo.
Falsante è la visione che ha costruito una dittatura e un dettato dentro il pensiero di ciascuno inibendo la capacità di vedere in profondità cosa sia davvero male e cosa il bene, non individule soltanto ma collettivo.
NOI PENSIAMO CHE OVUNQUE LE DONNE DOVREBBERO AGIRE CREANDO UNA PRESSIONE FORTE SU QUANTI, AL GOVERNO, IN OGNI PAESE DELLA TERRA, PARE NON SENTANO PIU’ ALTRE RAGIONI CHE IL CONFLITTO, IN TUTTI I CAMPI E SETTORI, CHE SONO PALESEMENTE QUELLI DELL’INTERESSE ECONOMICO. SERVE CHE LE DONNE SI ESPONGANO CON PIANI CHIARI DI PARTECIPAZIONE ALLE SCELTE DEI GOVERNI. LE QUOTE ATTUALI NON SONO CHE UN SISTEMA PER AZZITTIRE QUANTO AVREBBE UN PESO PREPONDERANTE E CIOE’ L’ESTESA PARTECIPAZIONE DELLE DONNE IN TUTTI I SETTORI. E’ TEMPO CHE OVUNQUE I MOVIMENTI DELLE DONNE DIMOSTRINO CON CHIAREZZA IL PESO DI QUESTA VOLONTA’ PARTECIPATIVA E DELLA LORO NON INDIFFERENTE PRESENZA ALLE SCELTE PER LA VITA.
fernanda ferraresso
.
dascha friedlova
.
In un passato dimenticato, oscurato, in cui queste stesse cose accadevano, ci sono state donne che si sono battute per realizzare una voce consistente, costruirla mediante atti, non solo parole evanescenti. Tra queste mi piace ricordarne una, che si schierò con voce netta contro la guerra nella storia. Si tratta di Jane Addams, originaria di Chicago (6 settembre 1860 – 21 maggio 1935). Scrive:
– Per Pace non si intende semplicemente assenza di guerra, ma il dispiegamento di tutta una serie di processi costruttivi e vitali che si rivolgono alla realizzazione di uno sviluppo comune. La Pace non è semplicemente qualcosa su cui tenere congressi e su cui discutere come se fosse un dogma astratto. Essa assomiglia piuttosto ad una marea portatrice di sentimenti morali che sta emergendo sempre di più e che piano piano inghiottirà tutta la superbia della conquista e renderà la guerra impossibile.-
E ancora, sempre lei, il 10 gennaio 1915 a Washington sottolinea:
– Il massacro di esseri umani su vasta scala, pianificato e legalizzato, rappresenta in questo momento la somma di tutti i mali.
Come donne, proviamo un senso di rivolta morale contro la crudeltà e la devastazione della guerra. Noi donne siamo le custodi della vita e non consentiremo più alla sua sconsiderata distruzione. Come donne, a cui è stata affidata la cura delle generazioni future, dei deboli e dei disabili, non sopporteremo più senza protestare l’ulteriore aggravio della cura degli uomini invalidi e mutilati,delle donne impoverite e degli orfani che la guerra ci impone.
Noi donne, che nel passato abbiamo costruito con duro e paziente lavoro i fondamenti della vita famigliare e delle attività produttive pacifiche, non ci lasceremo più ingannare da quel male devastante e non tollereremo che venga negato il primato della ragione e della giustizia attraverso cui la guerra oggi soffoca le forze morali del genere umano.
Pertanto noi chiediamo che sia riconosciuto e rispettato il diritto di essere consultate su questioni che riguardano non solo la vita degli individui, ma anche delle nazioni e che alle donne sia data l’opportunità di decidere della guerra e della pace.
Tra i punti della nostra risoluzione c’è la limitazione degli armamenti e la nazionalizzazione della produzione bellica, l’opposizione organizzata al militarismo, l’educazione della gioventù all’idea di pace, il controllo democratico della politica estera, l’estensione del voto alle donne, condizione perché i governi possano divenire più umani, l’unione tra le nazioni in alternativa all’equilibrio tra le potenze, l’azione per una graduale organizzazione internazionale che renda inutili le leggi di guerra, la sostituzione di eserciti e marine rivali con una forma di polizia internazionale, l’eliminazione delle cause economiche della guerra, la nomina da parte del nostro governo di una commissione di uomini e donne, con adeguati stanziamenti, per promuovere la pace internazionale.-
http://controlaguerra.blogspot.it/
.
dascha friedlova
.
In una pagina dell’Enciclopedia delle donne, http://www.enciclopediadelledonne.it, Giovanna Providenti ne fornisce un ritratto esauriente e sintetico.
Jane Addams, premio Nobel per la pace 1931, è tra quelle pensatrici che, fin dagli inizi del secolo scorso, hanno concepito la propria opposizione alla violenza non solo come contrapposizione alla guerra, ma come un insieme concreto di teorie e pratiche rivolte alla costruzione di una società pacifica.
Riformista in tempi di crisi sociale, pacifista in tempi di guerra, internazionalista in tempi che vedranno la nascita dei peggiori nazionalismi che la storia ricordi, Addams, nota per avere fondato la Women International League for Peace and Freedoom (da lei presieduta fino alla morte) ha per tutta la vita perseguito l’obiettivo di «vivere al livello della propria coscienza, realizzando attraverso le azioni quotidiane la propria etica spirituale».
Nata a Chicago, rimane orfana di madre all’età di due anni. Il padre è quacchero, idealista, mazziniano e sostenitore di Lincoln. Jane è una giovane donna privilegiata, che studia in uno dei migliori college femminili americani e che all’età di ventinove anni si trasferisce nel diciannovesimo distretto di Chicago, un quartiere brulicante di immigrati, fra i più poveri della città. Qui, nel 1889, lei ed Ellen Starr – e a loro si uniscono presto altre donne intellettuali dell’alta borghesia americana, come Alice Hamilton, Florence Kelley e Mary Rozeth Smith – fondano il Social Settlement Hull House: «un centro per attività sociali ed educative». Le residenti di Hull House (vi saranno anche degli uomini nel corso degli anni, ma sempre in netta minoranza) e i loro vicini immigrati sperimentano una pratica di democrazia e di cittadinanza interculturale e interclassista, soddisfando due diverse esigenze: permettere a donne “college trained” (che a quel tempo rimanevano senza lavoro) di utilizzare e applicare i propri saperi prodigandosi per il sociale; offrire possibilità di liberazione a una popolazione «intrappolata in condizioni di estrema povertà e tagliata fuori dalla cultura».
Nei più di quaranta anni trascorsi a Hull House Addams scrive anche molti libri. Democracy and Social Ethics del 1902 e Newer Ideals of Peace del 1907 sono testi di riflessione politica riguardanti la concezione di democrazia sostanziale, il ruolo della donna e del femminile per il progresso della società, la necessità di recuperare metodologie e idee politiche e pedagogiche rivolte al raggiungimento di una società equa, interculturale, solidale e pacifica. Nelle due autobiografie (Twenty years at Hull House del 1910 e The Second Twenty Years at Hull House del 1930) e in altri suoi scritti il suo ideale di democrazia e pace viene raccontato attraverso storie vere accadute a Hull House, tra la gente del diciannovesimo sobborgo di Chicago o nella sua esperienza europea. John Dewey è suo amico e partecipa ad alcune attività di Hull House; scriverà nella introduzione a Peace and Bread in Time of War, un testo di Addams del 1922: «Miss Addams ha una profonda persuasione che i più semplici, i più umili della terra sono coloro in cui gli impulsi primitivi di amicizia sono i meno danneggiati, i più spontanei. La sua fede nella democrazia è indissolubilmente associata a questa persuasione».
Per l’intellettuale americana la partecipazione delle categorie escluse, come le donne, gli stranieri e i nonbianchi, più che un problema di diritti, sembra essere una questione di partecipazione necessaria: la società ha bisogno del contributo soggettivo di tutti, va costruita dal basso e non può essere espressione solo di una elite. Nella sua democrazia ideale le relazioni fra cittadini non possono essere che paritarie e reciproche, e la graduale costruzione della pace consiste proprio in una relazione di reciprocità, che «sempre più» va a sostituire le relazioni di disparità e i rapporti di forza.
Il succeso di Hull House – a cui segue, nei primi anni del Novecento, la fondazione di altri Social Settlements statunitensi e un importante movimento di social settlers – porta Addams a divenire una leader del movimento riformista americano e una delle donne più conosciute d’America.
Nel 1912 Jane Addams, conosciuta in tutto il paese come la “santa d’America”, si impegna in prima persona, offrendo la propria notorietà, per sostenere la corsa alla presidenza americana di Theodore Roosvelt, leader del nascente Partito Progressista, nonostante sia contraria alle due corazzate all’anno da lui promesse. Le presidenziali del 1912 vedranno salire non Roosvelt ma Woodrow Wilson che avrebbe portato l’America in guerra solo due anni dopo e nel nome della Società delle Nazioni e della pace perpetua.
Allo scoppio della prima guerra mondiale Addams inizia l’avventura da intransigente pacifista: dapprima all’interno del movimento americano dei social workers e poi insieme al movimento femminista internazionale. Negli ultimi mesi del 1914, insieme alle europee Rosika Schwimmer ed Emmeline Pethick Lawrence, attraversa gli Stati Uniti dando numerosi discorsi pubblici per incoraggiare le donne a organizzarsi politicamente per la pace; accetta di divenire chairman dell’appena fondato Women’s Peace Party e si imbarca sul transatlantico Noordam, il 12 aprile 1915: per la prima volta in vita sua lascia gli Stati Uniti d’America. La prima destinazione Europea è la Conferenza per la pace indetta a L’Aia dalla suffragista olandese Aletta Jacob. A fine conferenza Addams fa anche parte di una delle due commissioni che vanno a bussare, per essere ricevute personalmente, a capi di Stato e ministri europei. La loro proposta, stilata da Julia Grace, mira a proporre la costituzione di una commissione di esperti internazionali, avente lo scopo di fare cessare il conflitto non per armistizio ma per mutuo accordo.
Di ritorno dall’esperienza europea, in cui assiste agli orrori della guerra, Addams tiene un coraggioso discorso al Carnegie Hall di New York contro la guerra (The revolt against war, in J.B. Elshtain (ed.), The Jane Addams reader, Basic Book, New York 2001, pp. 327-340) che ribalterà la sua notorietà.
Negli anni Venti, per via dello spauracchio anticomunista, le sue posizioni pacifiste e riformiste le garantiranno una presenza certa in molte black list dell’epoca e trasformeranno la “donna più amata d’America” nella più odiata.
Negli ultimi decenni della sua vita i molti viaggi e lo scambio intellettuale con donne europee ampliano le prospettive di Addams, che partecipa a movimenti internazionali per la pace, per le libertà civili e religiose. Presta grande attenzione ai tentativi non violenti di affrontare le intricate «complessità del mondo moderno». Gandhi rappresenta per lei la duplice possibilità di potere enunciare un messaggio spirituale, e di porlo in termini di azione sociale e politica, mostrando che è possibile affrontare cose complesse e inestricabili come la violenza, le ingiustizie e la guerra, non in termini utopici ma di realistica prospettiva politica.
Gandhi apprezza molto il lavoro del WILPF, e il 21 marzo 1929 nella rivista settimanale «Young India», da lui diretta dal 1919 al 1931, scrive: «Women of the west are playing a most important, if not the leading, part in the movement». Ed anche sembra ammirare il racconto del tipo di lavoro svolto a Hull House, (pubblica nella sua rivista degli estratti di Twenty Years at Hull House) che deve essergli sembrato una buona sperimentazione del tipo di società “evoluta” a cui egli stesso aspirava.
In un breve saggio dal titolo Tolstoj and Gandhi, pubblicato nel novembre 1931, Addams utilizza i due pensatori nonviolenti per esporre le sue proprie idee riguardo al tema della coerenza tra mezzi e fini nella lotta politica, ribadendo l’idea che l’unica resistenza possibile, e anche più efficace, prevede: «solo l’uso di mezzi nonviolenti. Per resistere all’odio si deve usare l’amore, per resistere alla violenza la mitezza, alla crudeltà il dolore, alla disumanità la capacità di perdonare. Non la rassegnazione senza speranza né l’antagonismo violento, ma un incessante sforzo di sovrastare il male attraverso continue azioni positive».
Nel 1931 viene onorata del secondo Nobel per la Pace dato ad una donna, (la prima era stata Bertha von Suttner, nel 1905): la terza sarà proprio la sua prosecutrice e amica, Emily Greene Balch, nel 1946.
L’impegno rivolto alla pace nel mondo e al nutrimento delle popolazioni affamate, insieme al movimento femminista internazionale, caratterizza l’ultimo periodo di vita dell’anziana riformista e pacifista americana. Una donna ancora forte e attiva, non disposta ad abbandonare l’aspirazione di tutta una vita: contribuire alla realizzazione di un mondo in cui pace e giustizia non siano solo parole e «sostituire i valori morali della guerra con il nutrimento della vita». Partecipare alla realizzazione di una società pluralista in cui ognuno, anche chi è sempre stato ai margini, possa dare il proprio contributo attivo, in un’ottica di solidarietà e cooperazione. Come lei stessa ha fatto per tutta la vita: «sostituendo i valori morali della guerra» (quel desiderio di abnegazione, dedizione e avventura, che rende la guerra così “psicologicamente attrattiva”) con una lunga e instancabile attività politica nell’ambito del riformismo e del pacifismo internazionale.
http://www.enciclopediadelledonne.it/index.php?azione=pagina&id=431
.
.
E non finisce qui, in Colombia, sono le donne che portano avanti con grande energia la proposta di risoluzione della guerra in corso da più di 50 anni. http://www.mujeresporlapaz.org/web/
La pace senza le donne non va avanti
L’appello delle donne colombiane verrà presentato alla Tavola della Pace a La Havana e ricerca appoggio internazionale
Le Donne in Nero di Bologna hanno fatto proprio l’appello della rete Mujeres Por la Paz, nata per chiedere una pace sostanziale al conflitto colombiano. E invitano tutte e tutti ad aderire.
Di seguito l’appello di Mujeres Por la Paz .
LA PACE SENZA LE DONNE NON VA AVANTI!
Ai partecipanti al Tavolo dei Negoziati perché finisca il conflitto armato in Colombia
Noi, associazioni, gruppi, persone delle istituzioni e della società civile torinesi e piemontesi abbiamo ricevuto la Dichiarazione Finale dell’Incontro Nazionale di Mujeres por la Paz della Colombia, tenutosi a Bogotà il 3 e 4 dicembre 2012; la Dichiarazione è stata sottoscritta da 44 organizzazioni colombiane e qui ne riportiamo alcuni passi che ci stanno particolarmente a cuore:
“Noi, le donne della Guajira, Bolívar, Atlántico, Sucre, Antioquia, Caldas, Chocó, Valle del Cauca, Cauca, Santander, Meta, Caquetá, Tolima, Bogotá, Boyacá, Risaralda, Cesar, Magdalena, Sucre, Putumayo, Norte de Santander, Huila, Quindío, Cundinamarca, Nariño; donne afro-discendenti, indigene, contadine, di città, giovani, adulte, dell’arte e della cultura, di organizzazioni di donne, femministe, sociali, popolari, partiti politici, settore LGTBI; veniamo nella città di Bogotá per unire e tessere sogni ed azioni, per delineare una società anche a misura delle donne; società in cui ci si riconosca come soggetti di diritti nel pubblico e nel privato, si accordi autorità alle nostre voci e si valorizzino le nostre esperienze come valori della condizione umana.
Respingiamo le guerre pubbliche e private contro le donne, l’espropriazione di territori, suolo, sottosuolo e risorse, la concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi e a detrimento delle condizioni di vita della maggioranza della popolazione colombiana, lo sfruttamento dei beni comuni, la privatizzazione delle risorse pubbliche, ambientali e dei diritti umani; esigiamo una crescita sana e uno sviluppo inclusivo e sostenibile.
A far tacere le armi nel pubblico e nel privato non è la pace. La pace implica far diventare realtà la giustizia sociale per tutti e tutte senza distinzione di etnia, sesso, religione, posizione politica o condizione economica; significa garantire i diritti alla verità, alla giustizia e alla riparazione per tutte le vittime; sradicare la violenza come esercizio della politica e la negazione dell’altro e dell’altra come pratica quotidiana. La pace significa smilitarizzare i territori, le menti e le parole.
Noi donne riunite nell’Encuentro Nacional de Mujeres por la Paz, chiediamo al Governo e alla “insurgencia” di non alzarsi dal tavolo fin quando non siano giunti all’accordo che ponga fine al conflitto armato; riteniamo che si devono superare tutti gli ostacoli e stabilire il conseguimento della pace come un diritto di tutti i colombiani e le colombiane. E’ imprescindibile che noi donne siamo protagoniste nel processo di dialogo, nella costruzione della pace e nelle decisioni che si prenderanno per realizzare questi propositi. Infatti i problemi che colpiscono le donne coinvolgono tutta la società e noi riteniamo che devono stare al centro dell’agenda che si discute tra il Governo e la “insurgencia”, a L’Avana a Cuba.”
Accogliendo una delle proposte contenute nella Dichiarazione Finale, che chiedono “alla comunità internazionale di appoggiare le iniziative delle donne e delle loro organizzazioni per contribuire al riconoscimento come interlocutrici politiche indispensabili nel processo di dialogo e costruzione della pace” facciamo nostro
– l’impegno a diffondere, far conoscere e sostenere le azioni delle Mujeres por la Paz per l’uscita negoziata dal conflitto armato
– la richiesta al Governo e alla “insurgencia” di non alzarsi dal tavolo fin quando non siano giunti all’accordo che ponga fine al conflitto armato.
http://www.radiocittafujiko.it/news/la-pace-senza-le-donne-non-va-avanti
***
Altri riferimenti in rete:
http://giulia.globalist.it/Detail_News_Display?ID=49617
http://serenoregis.org/2013/01/17/appello-la-pace-senza-le-donne-non-va-avanti/
http://www.cipamericas.org/es/archives/7915
http://lunanuvola.wordpress.com/2013/01/13/colombia-le-donne-del-popolo/
http://www.ilmanifesto.it/attualita/notizie/mricN/3806/
.
dascha friedlova
Grazie di Cuore per questo splendido post.
grazie grazie grazie e ancora grazie!!! è ora che le donne escano allo scoperto e dicano con voce come questa cosa fa andare avanti la vita! Altro che parole al vento! BRAVISSIMEEEEEEEEEEEEEEE. francesca meda
Finalmente qualcuno con una vista ampia che prende passato presente e futuro tra le braccia.E quanta passione qui dentro. Maestre! Grazie.
Donne! Grandi le donne e lo dico con tutto il cuore ricco della gioia che in casa mi hanno sempre donato mia madre e le mie amate sorelle,tutte le altre colleghe di lavoro e amiche che ancora mi onorano della loro compagnia e intelligenza. Buona giornata e in bocca al lupo, che siate voi davvero a prendere in mano le redini, me lo auguro e ve lo auguro. Diego
grazie.
grazie Fernanda, tu sai quanto io condivida il tuo scritto. Facciamoci coraggio, è ora di fare. Un abbraccio a tutte
Fernanda cara, solo un GRAZIE grande come il mondo per aver scritto quanto hai scritto e che condivido con altrettanta passione
lucetta f.
grazie a voi tutte, perché di tutte voi c’è bisogno, c’è bisogno di una reciprocità di intenti che aiuti il nostro lavoro a svolgersi senza tentennamenti. Vi abbraccio tutte. ferni