Fausto Melotti. L’angelico geometrico e necessario

fausto melotti

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“L’arte è stato d’animo angelico, geometrico. Essa si rivolge all’intelletto, non ai sensi”. E’ Fausto Melotti a scrivere che l’arte è uno stato d’animo angelico e geometrico, che si rivolge all’intelletto e non ai sensi. Al Mart di Rovereto in una mostra del 2012 la presentazione delle opere di Melotti ha concesso di vedere che cosa egli intendesse con quell’affermazione.
Con il termine “Angelico Geometrico”  Melotti descriveva la propria poetica all’interno del testo, apparso nel catalogo della sua prima mostra personale, nel 1935 alla Galleria del Milione di Milano, città in cui si era  trasferito da Rovereto, già dagli  anni ’20.
 A quell’epoca nessuno aveva mai visto cose come quelle, l’esposizione  era materia di  un’astrazione pura e totale, integrale. Si definosce così  Melotti, in una autocertificazione che dichiara l’artista colui che accostagli estremI:  immaginazione con raziocinio, matericità plastica e tattile degli oggetti con l’essenziale della  forma. Convivono leggerezza e rigore, passione e lucida visionarietà a cui si rifanno gli artisti in formazione. Dagli anni Sessanta, epoca di radicali cambiamenti  i giovani artisti delle correnti astratte studiano le opere di Fausto Melotti, degli anni precedenti, e traggono suggerimenti forti dal suo percorso all’interno del quale trovano posto componenti oniriche e metafische, astratto e connotazione ambigua, non solo rigore delle geometrie e delle forme . Nella mostra del Mart, nella sua città natale, le opere molte presentate,  un centinaio,  si confrontano dialetticamente con le opere e i percorsi di altri artisti: da  Armitage, a Bonalumi, Calder,  Carrà,  Castellani, Fontana, Giacometti, e ancora altri.
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Melotti, Rondò delle idee galanti, 1981

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Fausto Melotti ha scritto che “l’arte è stato d’animo angelico, geometrico”, conferendo al concetto di geometria un valore assai più imparentato con la metafisica che con il mito del controllo del mondo da parte della ratio.

Muove da questo assunto la presentazione del gruppo di opere lievi e potenti, esemplari d’un artista che il mondo odierno della cultura molto rispetta, ma tende a frequentare meno del dovuto (in effetti, sia consentita la riflessione, se l’oggi è Murakami a Versailles, in una sorta di apologia al quadrato del vuoto e del kitsch, sarebbe stupefacente il contrario).

Forte, paradossalmente, di questo suo conquistato anacronismo, l’iniziativa decide di volare assai alto. Non si mette in mostra la qualità artistica di Melotti, data ormai per ampiamente asseverata e condivisa, ma se ne suggerisce l’indagine nelle pieghe più squisitamente intellettuali e poetiche. Ecco, dunque, che l’umore metafisico di Melotti esce dal territorio lucido delle astrazioni intellettuali e si fa materia di autentica luminosa rivelazione. Posta in scacco la materia, messo in mora lo spettacolo e il compiacimento visivo, toccate le corde d’un musicale che è bellezza senza corpo e divaricazione definitiva tra mondano e oltre, l’artista costeggia, infine, verità decisive.
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Melotti, Le sorelle, 1976

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A proposito dell’artista trentino si legge in una presentazione di Flaminio Gualdoni:  << Melotti non amava più che tanto Matisse, ma condivideva con lui l’intuizione che il destino dell’arte, come ebbe a dire il grande francese, sia la Luce. Ed è ciò che legge nel suo percorso ultimo Enzo Bianchi, priore di Bose, una delle rare grandi coscienze d’oggi.>>
E poi di seguito prosegue.

<<Melotti è l’uomo pacificato, liberato da una luce dall’alto, liberato dall’angoscia, dal narcisismo, capace di rivoluzione, perché ha anzitutto rivoluzionato se stesso. Le sue opere sono una liturgia silenziosa e discreta, una ascesi di liberazione e di comunione cosmica, una celebrazione della bellezza, fatta di umiltà e trasfigurazione, bellezza che si fa nostra serva per ricrearci, per rigenerarci, secondo l’esempio di Gesù che si è abbassato per lavare i piedi ai discepoli, amando fino all’estremo. Per questo l’ultimo Melotti è ormai un uomo che pare avere la Morte dietro a sé, non più davanti a sé o in sé, e proprio per questo può donare e trasmettere Vita. Egli è veramente libero della libertà che apre all’oltre, alla luce senza tramonto>>.

Flaminio Gualdoni

http://flaminiogualdoni.com/?p=4256

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