Geninne- alla radice dell’acqua
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Così dura l’aria. Le more protese fra spini e foglie – nerissime o
ancora acerbe – poi uno splash o fluf o schhhh… a salire fra le canne
– un pesce? il corvo nero? Il berretto calato in testa – tum lo
sterno, poi un niente a seguire l’altro tonfo – intorno ninfee, canne
spesse, l’acqua – pregna di colore, languida dentro le curve del
terreno – spaccata e tonda – spalancata per via dell’erba alta – a
mano tesa a dire guardami, dolcissima, guardami e sono un’altra cosa
– densa – mossa – toccata dalla punta di una spada – colma più di
ogni nome – colma. Allungo il braccio verso il ramo con più spine e
così tante more, così tanto inverno prima, mia asprigna dolcezza, mia
ansiosa altitudine. Farò la marmellata – farò un succo nero – faro le
braccia a pezzi – mi taglierò i capelli e splash – un altro pesce – l’
ho visto! nel cerchio che l’ha inghiottito – la paura sale alla
schiena – la paura di quanto sole inonda – e la bellezza che trema – la
mia angoscia così inutile – lontana. Ho il cesto pieno – allungo le
braccia ancora – lascio un altro po’ di pelle fra le spine generose –
colgo un’altra mora – la porto alla bocca. Così dura l’aria.
Lago d’Iseo, Riserva Naturale delle Torbiere, 5 agosto 2012
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Sono alla radice dell’acqua che continua a inghiottirmi.
Iole Toini
Geninne
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finalmente arriva la notte e un’aria meno densa meno violenta entra
nella casa bruciata porte finestre e noi spalancati
come piazzali di chiese deserte là fuori brucia
la vita la terra e il cielo
là fuori non c’è più
nessuno che arda un buon giorno che spenga la candela delle ore con una parola fresca
di saliva dentro la bocca
si sta sui pali delle gambe come su steli del telegrafo e le senti friggere
senza che arrivi nemmeno il silenzio delle stelle i lampioni le affogano in catinelle gialle
affliggono i connotati della notte. Nessun passo intorno
non una voce un richiamo se non quella dei grilli
anche gli uccelli dormono e al mattino tirano alle sei quasi in silenzio presi dal peso
di questo caldo africano che scotta e frutta la vita delle more nere
grosse succose quasi avessero per intero il cielo e il suo specchio spremuti dentro.
Stavano sui colli in lunghi cordoni di siepi e qualcuno ha seminato fuoco
mentre ancora sto qui, tra queste mura che scottano, ardono e io me ne sto appesa al terrazzo
in un silenzio incredibile in cui c’è qualcosa
qualcosa sicuramente che dice quanto siamo distanti distanti
anche quando abitiamo accanto nello stesso vivaio del tempo
o in questo ottuso silenzio.
Parto andrò in Visdende qualche giorno
sentirò finalmente l’odore della vita
che qui sembra ormai un’altra cosa.
Le more e anche le spine rifioriranno al rosso della vita
infinita anche se sembra scontata ma a volte
molte volte abbiamo la testa girata.
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nel secchio della città ustionata- 6 agosto 2012
Ora ci sei Iole. Ora lo so che ci sei.
fernanda ferraresso
Anche io so che ci sei Ferni, e le ustioni bruciano molto meno. Un abbraccio grato.
Sai che tra me e te c’è un filo sensibile ormai.Ti abbraccio con tutto il bene che posso.f
vi aspettavo e siete qui
voci preziose che animate la mente di visioni, fate bello il mio giorno
vi ascolto e percepisco oltre…
io me ne sto in silenzio….
non so se Iole passerà, in questo periodo è immersa nella natura,non tanto nella scrittura,tra poco anche io,niente pc,niente nemmeno telefono, solo vento cielo,selva e …una pace che nessuno la riesce a pagare. Grazie a tutte,un bacio,f
ma non stare via tanto….
solo pochissimi giorni purtroppo! parto sabato e tornerò venerdì 17…anche se…vedremo.Ho bisogno assoluto di quella quiete.Devo abbandonare la mia gabbia. ma per ora sono qui.f
beh…già mi manchi!
ma dai…vuol dire che sono già tras-parente!
appena appena….
niente voglia di scrivere – nientre voglia di pc – solo fernanda che chiama e fa’ sole.
grazie per la mano che tieni sui miei polsi.
grazie a tutti che hanno voglia di ascoltare.
Ciao ala, ciao ruggine del bosco e bacca e bocca del lago del tempo di un mondo a cui appartengo. A sempre,a presto.f