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terra/moto in Emilia
non l’avevo messo nel conto
che le cose potessero morire
come può morire chi non è mai nato?
eppure la guardavo
la mia città
il duomo romanico patrimonio dell’umanità
i palazzi del 500
la mia casa
e un po’ mi facevano rabbia
loro
che c’erano prima che io nascessi
e che ci sarebbero stati
anche
dopo
sfiorando la terra rossa
di cui sono fatti i loro muri
sentivo risuonare le risate dei bambini
sussurrare gli amanti
riecheggiare i passi di mia madre
sul ciottolato davanti al negozio
e la fatica degli scalpellini sulle pietre
di cui è fatta la torre
l’odore acre del sudore
si mescolava al profumo di lavanda
e mi entrava nei pori
poi la terra ha respirato
un respiro potente dal profondo
hanno tremato
le case/ il campanile/ le chiese
crollate
un pezzo dopo l’altro
ad ogni respiro dolente della madre
no non l’avevo messo nel conto
il muro d’angolo in pietra rosa
della chiesa di San Bartolomeo
le persone sì/ è naturale
si sa muoiono
lo metti nel conto
i genitori
gli amici
il marito
i figli/ no non ce la fai
io stessa nella lista
delle perdite
delle irreparabili assenze
ma loro
fatte della stessa pasta
della madre
no
le pietre della mia città
il suo cuore pulsante
i battiti che risuonano nella carne
come antichi graffiti
preziose mappe di altre vite
proprio non l’avevo messo nel conto
perdute per sempre
al respiro profondo della madre
la bestia
la chiamano i terremotati
ora
Giovanna Gentilini
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arianna vairo
infinito dolore…
grazie Giovanna per questa incisiva parola in cui il passato non è crollato addosso insieme con le pietre, anzi, è più vivo e radicato di prima,ciò che è crollata è un’abitudine a dimenticare: cioè che la decadenza esiste,delle cose tutte e nostra, la morte, e il rischio. Nessuno pensa che abitiamo su una palla, che dentro il cuore ha magma che pulsa, ed è viva e respira di un soffio primordiale a cui nessuno può opporre alcuna resistenza. Ciò che non funziona in questi tristi giorni è che qualcosa e qualcuno vada ad aizzare la bestia e questa si svegli e si ritorca con le zanne e gli unghioni non contro chi la molesta., ma su chi ci sta appollaiato sopra come su un nido su una roccia. Un abbraccio a te e a tutti voi, a presto, mi auguro. ferni
Un testo doloroso e allo stesso tempo carico di umanità viva, che non si dà per vinta. A tutti auguri al più presto tempi migliori.Lester
Che posti! Un incanto! E la gente? Mai trovato luoghi così accoglienti. Siete nella nostra mente sempre. Vi abbraccio tutti e non vi dimentico
Andavo ogni anno a S.Felice sul Panaro, lo consideravo la casa dei sogni e vederlo così distrutto è come vedere distrutti i sogni della gente. Grazie per queste parole. Veevera sempre con voi.
Non ho mai avuto paura della morte o meglio della mia morte e ho sempre considerato la temporalità dell’esistenza un fatto naturale.La distruzione dei paesi della mia terra ha cancellato anche la memoria di tante vite passate e questo mi hasciato sgomenta e vulnerabile. Ho toccato con mano l’inenuttabilità della fine non solo delle persone ma anche della loro memoria. Penso che sia un sentimento egoistico nei confronti delle persone che hanno perso in questa tragedia i loro cari e me ne scuso.
Ringrazio poetella, gradisca, veevera e lester oltre a te cara Ferni per la vicinanza e lo spazio nel cuore che hai saputo riservare al mio dolore e a quello di tutti i colpiti dal respiro innocente della madre.
Giovanna
le letture del tuo testo sono state moltissime sia qui sia in fb,dove è stata condivisa da molti,segno che siamo in tanti ad esservi vicino . Capisco quanto dici Giovanna carissima ma è su testi di memoria che abbiamo costruito l’intera vita. Forse ora ci sarebbe da costruirne un peso diverso, da tenere in sè come corpo del corpo nostro e poi, non soffrire troppo per la perdita, la vita ancora ci è dentro e tuto tiene stretto in sé. UN ABBRACCIO A TE E A TUTTE LE ALTRE AMICHE E COMPAGNE DI VIAGGIO.ferni