Fiammetta Giugni – Carmina flammulae

Christophe Vacher

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Abramo Levi, uomo di sterminata cultura e di sottilissimo argomentare, vedeva giusto e lontano quando scriveva che la poesia di Fiammetta Giugni “potrebbe essere rappresentata da quel filo a piombo con il suo peso finalistico verticale che incrocia con il filo a piombo orizzontale dello sguardo”. Abramo, con questa bella immagine ricavata osservando il lavoro dei muratori, alludeva nello stesso tempo, alla precisione linguistica (e anche alla concisione) di questa scrittura e, nel contempo, alla sua potenza evocativa, la sua profondità. E, parlando di muratori (che in Valtellina costruivano, sino a 50 anni fa, quasi soltanto con le pietre ricavate dal letto dell’Adda o dalla montagna – da qui l’importanza del filo a piombo e della capacità dell’occhio di cogliere profondità e asse), ecco questo libro nei quale la pietra (il “sass”) ha un ruolo fondamentale, perché è concretezza, paesaggio, durezza e insieme levigatezza, sguardo verso l’alto e verso il basso, precisione irregolare, forma che allude e materia che sta lì a disposizione, appunto, per costruire. Ed è un volume ben costruito questo di Fiammetta, profondamente radicato alla sua terra di montagna e insieme aperto ai quattro venti della cultura, per la sua proposta di solidità ed essenzialità linguistica. É, credo, uno dei migliori libri che ho letto in questi ultimi anni, che rivela una poeta di spessore, anche se molto sobria nella sua produzione (la precedente raccolta, Logotelìa, prefata da Abramo Levi, era del 2000 e, dopo di allora, la produzione di Fiammetta si è rivolta un poco alla prosa, un poco alla poesia per bambini e ad altre brevi composizioni come le 7 poesie per in Natale, o Nadir, una silloge di 12 poesie con illustrazioni di Margherita Piuselli in una bella edizione, ambedue pubblicate lo scorso anno). Una poeta che quasi si nasconde, che non parla mai dei suoi inediti, che li vede e li rivede con cura sino a quando decide che non sia l’ora giusta per pubblicarli. Ma è proprio vero che la quantità non fa la poesia.

L’opera è prefata da Maria Cristina Bartolomei, con due note di lettura, di Arnold de Vos e Gianmario Lucini

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Christophe Vacher

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Ineunte vere

  

… essere tutta pronta

sotto il riflesso tumido del tenero guscio

sotto il diaframma lucido

di una superficie fragile

e fremere di un eterno primordio

prima di essere vera

*

alba

bell’alba

gutta de rosada

umor de veritate

destillatio rara

 

alba

bell’alba

immaculata et vaga

pagina clara

sovra la mia scriptura

de paga et pretio

a la mia notte oscura

*

manca sempre qualcosa

al tutto che ho tolto

ma lo compensa il salto

con tutto quel che ho avuto

 

e quando sono con lui

dall’anfratto stretto

sullo strapiombo

posso beata guardare

l’orografia della mia avventura

 

mi espongo al sublime

senza alcuna paura

e mi riconosco:

 

stesso destino di un dettato geologico

per grazia di coerenza

fra il principio e il fine

Fiammetta Giugni, Carmina flammulaeCFR Edizioni , 2012

9 Comments

  1. Ho letto le liriche di Fiammetta Giugni rapidamente,ma mi ha colpito la quantità di significati che ci sono dentro quelle righe criptiche.C’è il frammento classico,la speculazione filosofica,una sorta di post-ermetismo,
    un plurilinguismo dentro il nostro italiano e l’antica lingua.Come poeta,mi sento vicinissimo a questo tipo di lavoro,che non conoscevo direttamente
    Ugo Berardi

    1. cara Fiammetta mi riservo, con la pace che serve, di portare anch’io la mia lettura al tuo percorso.Impossibile farlo correndo. Grazie.f

  2. Beh, non trovo la poesia di Fiammetta così “criptica”: vorrei spendere una parola nel merito, perché non passi che la lettura di queste poesie sia difficile (qualcosa di “criptico” necessita di “decriptazione”, che è un’operazione un po’ ostica). Direi che F. usa le parole in modo da produrre significati aperti, polisemici. Così facendo, cerca di rendere la lettura “inesauribile”, come dicono gli ermeneuti, ossia, ad ogni lettura (anche a seconda dei momenti di queste letture), il significato si arricchisce, rimanda a qualcos’altro. Come la musica di un bravo musicista: più la ascolti e più ha cose da dirti. É un pregio di molte (buone) scritture liriche.

  3. non criptica, no, affatto, ma colta e di una semplicità che ha in sè non la superficie delle cose, ma profondità in cui tutto te stesso è richiamato. Per questo serve a me tempo, non la fretta con cui oggi si legge tutto quanto scivola davanti al video.Grazie a Fiammetta per avermelo inviato e anche a te Gianmario, per avere pubblicato questi testi. f

  4. Grazie a tutti voi per l’attenzione. Riguardo al “criptico” vorrei dire che il mio “sentire” le situazioni che descrivo è così vasto (e devastante, a volte; vi giuro, ne farei anche a meno di provare “tutto”!) che devo per forza metterci tutto quello che so per riuscire a dirlo. Tutto questo poi cozza con il fatto che la maggior parte delle poesie che ho scritto mi vengono di getto, come aprendo un rubinetto. Non ho ancora capito come agisce la parola!!! Io ci metto un po’ di parsimonia (tolgo…) e un grande senso innato della musicalità. Meriti ne ho proprio pochi. Coltivo la meraviglia di fronte alla Parola, questo sì.

    1. già è tutto quello che ci sta dentro, Fiammetta, e non è un guscio, ma l’estremo di un viaggio in cui si sente tutto il corpo con quel che il corpo imbarca come un’arca delle molte alleanze con la vita, con la morte, con l’anima e il suono che sembra cosa domestica ma è ampio quanto l’archetto di una vibrazione atomica riesce ad emettere e,..tanti sono gli occhielli dentro le e che ancora aggiungerei. A presto e grazie per questo tuo ascoltare. ferni

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