giorgio maria griffa
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La luce di questo faro mi permette di offrire gli ori che incontro durante i miei viaggi, tra un passo e l’altro, nel mondo. Mi capitano tra le mani pagine lavorate con rigore e passione: mi arrivano come strette di mano, come doni. Torno a casa, apro questi regni e li studio sotto il cono della lampada.
A Capo d’Orlando, due mesi fa circa, Lucio Zinna mi ha generosamente lasciato una copia della sua Arenaria. Mi prometto in futuro di approfondire la qualità letteraria e la persona di Lucio Zinna con una esaustiva intervista. Intanto, apro la mia lente d’ingrandimentosu questa collana di volumi collettanei di letteratura moderna e contemporanea. Riporto le stesse parole che auto presentano l’opera: è un’iniziativa culturale no profit, a diffusione gratuita, come è gratuita la collaborazione e ogni prestazione personale. E’ un mezzo destinato, oltre alla proposta di nuovi testi, all’informazione e alla critica, senza alcun condizionamento da parte del mercato librario o di natura ideologica. Una peculiare tendenza dell’iniziativa consiste nell’offrire uno spazio alle realizzazioni di livello della media e piccola editoria nonché della c.d. esoeditoria. I volumi non hanno periodicità prefissata, trattandosi di collana libraria e non di pubblicazione periodica.
L’autorevolezza di Lucio Zinna conduce e orienta Arenaria. La redazione ha sede a Palermo in via Alcide De Gasperi 2. Attualmente è al suo quinto numero.
Tra saggi, una ricca antologia poetica, e molte recensioni articolate ho estratto questo bell’articolo di Vittorio Riera su Giacomo Giardina.
In questo modo, conosciamo un poeta interessante.
Anna Maria Farabbi- 7 gennaio 2012
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da ARENARIA
Ragguagli di letteratura
cinque
UNA POESIA INEDITA DI GIACOMO GIARDINA
Questa poesia è parte di un incontro con Giacomo Giardina registrato nel giardino di casa Mezzatesta-Dell’Aira (Milioti, Villagrazia, fraz. di Carini). L’incontro avvenne il 24 luglio 1985, vigilia della trasmissione televisiva sulla vita del poeta (“Bosco per verso”) e giorno compleanno dell’allora piccolo Sergio Mezzatesta, oggi valente capotecnico della RAI di Palermo. Erano presenti, oltre al poeta, Nuccio Vara e Antonella Dell’Aira, rispettivamente regista e montatrice del film, Aleardo Mezzatesta, anch’egli valoroso tecnico RAI, Sergio Mezzatesta, di cui si è detto, il fratello Roberto, lo scrivente e qualche altro di cui non ricordo il nome. Titolo e sottotitolo della poesia sono dello stesso Giardina. La divisione in strofe è mia (7, 7, 3). La poesia, “Fantasia futurista”, la definisce lo stesso Giardina, non si distacca dagli stilemi percorsi dal poeta nella sua lunga esperienza poetica: immagini ardite (“giraffa umana”, riferita proprio ad Antonella), accostamenti inconsueti (“pentagramma-trapezio), terminologie proprie del Futurismo (“stracinematografico”), ossimori sostantivali (pagliaio-grattacielo), aggettivali (“selvaggia-moderna”, riferiti a vita), verbali (“spezzando-unendo). Insomma, sembra quasi di essere davanti a un riepilogo dei tratti più caratteristici della poesia di Giacomo Giadina. Suggello ne sono la ripresa del termine gabbiano (“Il gabbiano osserva spera vola”) con cui Marinetti lo presentò nel 1931 all’Italia letteraria del tempo («Corpo di gabbiano assottigliato, quasi scarnificato nello sforzo di vincere il libeccio»), e il ricordo mai venuto meno di Roccabusambra, il regno delle sue fantasticherie bucoliche.
Un’ultima considerazione, di carattere personale: a parte Giacomo Giardina, anche Aleardo Mezzatesta e Antonella Dell’Aira non sono più. Valga la presente ricostruzione come segno di un’amicizia mai dimenticata.
DAL PAGLIAIO AL GRATTACIELO
(Naturalmente per Antonella)
Presto o tardi, per te, amica immediata Antonella,
questa fantasia futurista che inquadra
la tua intelligenza simultanea da giraffa umana
tra il pentagramma al trapezio impegna il poeta
attraverso il regno del tuo corpo allungato
e aperto alla figura alla musica al paesaggio
del nostro originale racconto stracinematografico.
Accordo e disaccordo col regista Vara
tra la vita selvaggia erotica e quella moderna
stilizzata eterogenea mentre la penna estrosa
unisce-percorre verso l’avvampante entusiasmante
così dal pagliaio al grattacielo ad occhi stearici
alzati. La prima ruga dostoevskijana già rimbalza
dal tuo volto radioso spezzando-unendo le sequenze.
Il gabbiano osserva spera vola e s’incontra
con l’ideale giraffa sotto il ventaglio aperto
di Roccabusambra col bosco e il mare.
Giacomo Giardina
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Ferdinando Scianna– Giacomo Giardina
Giacomo Giardina nasce il 30 luglio del 1901, a pochi chilometri da Palermo, a Godrano, «paesello, scrive in una nota autobiografica, dalle case di gesso che a guardarlo di notte, in lontananza, sembra aggrappato alle stelle». Godrano è anche sinonimo di bosco, è anzi bosco esso stesso, «bosco siculo, puntualizza il poeta, ondeggiante come un mare verde sotto Rocca Busambra». Questa, a sua volta, gli appare come una «montagna che si apre come un enorme ventaglio rameggiato di cerri scuri.» È qui, a contatto con questo scenario selvaggio, incontaminato, che Giardina trascorre la sua fanciullezza. Di scuola, come si suole dire, non ne ha voluto sentire, e dopo avere frequentato alcuni mesi la scuola elementare dove il padre insegnava, si ritira, per così dire, a vita errabonda, conducendo le pecore al pascolo e iniziando con la natura un dialogo muto, stupefatto, che talvolta volge allo sconforto, al pianto. Poi, improvvisamente, la svolta. È egli stesso che ricostruisce: «Nel mio cervello rombante, maturò il pensiero innato, doloroso come un vespaio: la poesia!» Un caso fortunoso lo spinge ad uscire dal suo semi-analfabetismo, e sono i primi tentativi poetici, le prime poesie. Nella vicina Bagheria, dove la famiglia si era trasferita, conosce il poeta futurista Castrense Civello, Ignazio Buttitta, Renato Guttuso, tutte figure che avrebbero segnato di sé la letteratura e l’arte del nostro tempo. E giungono le prime pubblicazioni. “Novale”, una rivista che si pubblicava a Palermo negli anni Venti, ospita alcune poesie, e così altri periodici. L’approdo al Futurismo si ha a Napoli nel 1930: sul capo di Giardina Marinetti pone la corona di alluminio dichiarandolo ‘poeta record’ dopo Castrense Civello. L’anno dopo, l’editore Vallecchi pubblica la prima silloge, “Quand’ero pecoraio”. Il poeta acquista di colpo notorietà divenendo un vero e proprio caso letterario. Gli articoli tra il 1932 e il 1933 si contano a decine e tutti esaltanti un personaggio, un poeta «introvabile in nessuna parte del mondo» come più tardi non esiterà a scrivere Franco Grasso.
La notorietà consente al Giardina di vivere anche una breve stagione d’amore con un nobildonna e poetessa di Lecce, ma si tratta solo di una parentesi che il poeta è costretto a chiudere subito per il disagio che prova a vivere in un ambiente che non è il suo. Nel 1944, intanto, Marinetti muore e con lui la vena poetica del Giardina sembra inaridirsi. Il poeta lascia la penna e per qualche tempo indossa la veste del venditore ambulante. Con una cassetta di legno a tracolla sul petto gira per i paesi vicini vendendo minuterie di ogni genere: spagnolette, aghi, nastrini, momento questo che l’amico di sempre, Guttuso, fisserà in una tela che sarà anche la copertina dell’altra raccolta di poesia del poeta: “Dante ambulante al mio paese”. Quest’opera è del 1982, appartiene quindi al secondo periodo dell’attività poetica di Giardina. A scuoterlo dal torpore nel quale era caduto, Francesco Carbone, che nel 1959 pubblica un articolo e successivamente cura un opuscolo, “Guttuso nel mio quadro”. Siamo nel 1971, che è l’anno quindi del ritorno del poeta sulla scena culturale, e l’anno anche che dà il via a nuovi articoli a firma di A. Russo, C. Civello, N. D’Alessandro, dello stesso Carbone ed altri. Seguono anche nuovi scritti del Giardina, “Il poeta pecoraio” (1973), “Rocca Busambra” (1978), “Dante ambulante” di cui si è detto e, infine, “Poesie” (1991). L’interesse per Giardina non si esaurisce qui. La RAI, come si è ricostruito, gli dedica nel 1985 un filmato, mentre, cinque anni dopo, postumo, uscirà “La corona di latta” per i tipi della NUOVA IPSA Editore di Palermo. Giardina muore nel 1994, il 24 settembre. Nel gennaio dello stesso anno, la stampa nazionale dà notizia della scoperta di un cimitero della mafia a Rocca Busambra nei cui anfratti, come da tempo si vociferava, venivano gettati i corpi dei tanti sindacalisti uccisi.
Vittorio Riera
il problema sarà la conservazione, di tanto materiale in rete, come anche di quello cartaceo in cui, non solo la parola scaduta e deteriorabile ancor più ma anche il materiale poco pregiato utilizzato per la stampa ci darà tra pochi anni solo grandi maceri. La poesia razzolerà per strada, sarà un vuoto dentro cui il cosmo scriverà le sue parole terse e incomprensibili.f