Da aestella a Daniela Andreis. In soluto di cristalli le parole vibrano un sole oltre il tempo-F.Ferraresso

Luigi Ghirri- San Pietro InVincoli 1986

.

Ti rispondo da qui, in questa costellazione del muro di cinta. Non esco mai. E’  il mondo che precipita qui dentro, nel minuscolo spazio in cui la mia rosa splende, in un incanto stellato di azzurroverderame. Ha la mia età quella rosa e le parlo, come tu hai fatto con me, dalle profondità della tua città dove ti sento persa.

Non siamo in cielo meno
di quelle stelle

chiudi gli occhi: e il mondo
è escluso, dico io
è incluso, dici tu. [marion poschman- aestella pag 11]

Ti ho sentita arrivare, guardando quella parete. Non so con precisione il giorno. Microcosmi, in concrezioni alcaline si andavano formando e, avvicinando la mano, si  sentivano al tatto cristallizzazioni di parole come rugiade di prati mai praticati, ma erano calciti e calcedoni dalle azzurre profondità dove la fortuna, ne sono certa, ha voluto c’incontrassimo. Qui tutto il mondo è: istante. Nulla ha misura catalogabile.Tutto schizza tra pareti di luce e niente, niente trattiene le forme che si promulgano nei dislivelli dell’intermittenza. E’ una speciale tormalina il mondo, fatto di leggende che viaggiano dal cuore della terra fino al sole, su di un arcobaleno e, lungo la strada, acquistano tutti i colori e profondità dell’universo. Da aestella a aestella perciò arrivo a sfiorarti come può fare solo una sintassi celeste, qualcosa che vive due volte ma solo chi non ha occhi semplicemente terrestri può leggere e contenere in altri vocabolari di stagioni minerali, profondità di gas che si espandono in stellari che si muovono come onde, in sciacquii che formulano stagioni e dislivelli di ere. Nulla qui muore e tutto è fantasia di successioni. Dimmi: se pronuncio una parola mi preciso? C’è un mondo dentro quello scarto. Perché dire una parola è scartare tutto il resto, è aprire la voragine in cui si precipita l’universo. Sono saline le parole e basta una lingua per dileguarle, come una mareggiata lieve sui dossi delle sabbie. Linee aeree di viaggi  le cose sepolte, in vertebre e dorsali, tra montagne di deserti. Lettere che volano in visibili meridiani di grammatiche e tutto è altro tutto è alla fine solo silenzio in forma di foglie e rami di fico o castagno o. Non esiste differenza aestella, tutto vibra è ha misura d’onda eppure tutto potrebbe essere senza sforzo contenuto nella rosa disegnata sul foulard che indossi adesso, mentre cammini nel sogno di quel boulevard, tra una linea di prato dove l’erba è il filo del tuo discorso e mentre parli si costruiscono  frange del tuo dire quel giorno annodandola all’ora e al colore della vita in questo posto siderale da cui sei partita un giorno tra insetti che ancora non sapevi cosa fossero. Solo più tardi e senza sforzo hai capito che quelli erano i giorni e le loro ceneri, il mercato con cui gli umani svendono il tempo come se il tempo fosse cosa che si può mercanteggiare.

Tu lo sai già, tutto questo. Te l’ho sentito dire

Ieri, mentre mi svegliavo a fatica,
ho provato a pensare che giorno fosse, e non ne ho
cavato nulla. Lo stesso è successo oggi:
non è giorno di mercato,
non è mercoledì delle ceneri,
non è il giovedì grasso,
non è il sabato ebraico,
non è la domenica delle paste,
delle palme,
una festa mariana,
di un patrono,
niente.
Non è bello, non è brutto,
non fa freddo,
non fa caldo,
non è un giorno feriale,
né festivo


non è giorno di lavoro. Naturalmnete,
faccio finta di averlo il tempo: non ha nessuna im-
portanza che io l’abbia perduto, mentre tutti intor-
no lo posseggono:sarebbe come affermare che una
spiaggia sparisce perché un granello si è volatilizzato
dall’arenile. Se non fosse azzardato, penserei che sto
provando in vita quello che succede quando qualcu-
no scompare, perchè si scompare insieme al proprio tempo. [pag.22-23]

Ascoltando queste tue segnature sul muro sono nate oasi, e mi sono sembrate grandi imbarcazioni che tra le vele avevano piegature dello stesso infinito giorno, come se  un punto fosse tutta la traccia in cui stanno intrecciate le storie dei popoli, delle galassie come popoli anch’esse, senza però altra religione che l’esistere in un cedere e procedere senza sosta. E tutto vortica, come dici di vedere all’imboccatura delle scale, a casa tua, là dove dici di vedere anche me ma tu sei me, nell’attimo in cui ti pronunci. Tu, alla pari di me,

sei l’unica cosa ad aver guardato ad ogni angolo della mia
vita e ad avermi detto di non aver trovato alcuna via
d’uscita. [pag.27]

Qui dove sto ora, sospesa su questo piccolo giardino, in bilico tra l’azzurro e i petali delle rose, tocco quel quinto lato che, come dici tu, sapientemente non è chiuso da misura e

il drago non vi ha accesso, io non doso più l’amore,
non esiste il pudore e ogni paura è imprigionata altrove.
[pag.27]

Ora torno a filare il mio calcinante silenzio in questo bianco di latte dove tu deporrai il tuo, srotolando  quel filo lunghissimo, che volevi annodarti al polso, durante la notte, per essere ritrovata. Ti troverò. Toccherò le tue candide ossa: tutte le parole che sono corpo intatto del tuo corpo azzurro, sono qui, in questo sacrario che è il luogo in cui abitiamo insieme, come un uovo nel nido, un gheriglio nel vuoto della noce. Non chiedermi

Riuscirò, aestella, a esistere? Conosco per-
sone che esistono dentro di me in modo così forte e
chiaro per il perfetto mutismo del loro cuore.

Aspetto ancora le tue lettere. Lì c’è tutta la mia e la tua casa. Quando le sentirò arrivare sfiorirò il muro con le dita e toccherò finalmente la tua fiorita sostanza.

f.f.- marzo 2012

aestella- Daniela Andreis, Incerti Editori, Viagrande (CT), 2011.

13 Comments

  1. allora provvedi di scrivere ancora e ancora e …sarà una luce nuova su ogni fioritura, una forma che della precedente si colora.ciao e grazie per le farfalle. ferni

  2. sono molto contenta per aestella!
    di vederla ospite in ” Cartesensibili” –
    e grazie a F. Ferraresso per il suo terrestre stellario –
    di essere entrata nelle lettere e di aver toccato, con voce corrispondente,
    la voce di Daniela Andreis.

    un caro saluto!

  3. Goduto questo stellario e questo giardino di calciti e calcedoni, di rose incantevoli di parola. Raramente si riesce a leggere una parola così, leggera e toccante, consola l’anima e riappacifica lo sguardo. Bellissimo il blog che sembra un giardino dell’arte.
    agata ganthar

  4. Ringrazio tutti e ricordo che il movente di questa lettura è il libro di Daniela Andreis che consiglio a tutti di leggere. Il piccolo formato consente di portarlo con sé in ogni momento e dunque è di grande compagnia. Promuove molte personali riflessioni quanto lì è raccolto con lievità e intelligenza da una “sintassi celeste” dalle profondità dell’autrice e dalle luci e ombre che popolano le vie che percorriamo tra la nostra interiorità e la realtà, mai lontana da ciò che chiamiamo immaginifico. Ve lo consiglio, leggetelo e poi lo rileggerete ancora. fernanda f.

  5. Ah! Che bello! Questo è un altro mondo! Scrittura che incanta questo incontro tra le due scrittrici. In tanta parola inutile che scorre e allaga la rete questo è un bell’argine in cui guardare i riflessi di due e più mondi. Felice di avervi lette. Angela

  6. “il drago non vi ha accesso, io non doso più l’amore,
    non esiste il pudore e ogni paura è imprigionata altrove”
    ho scelto questi versi per quell’ oltre l’occhio” che mi esprimono.
    La lettura di Fernanda conduce ma credo sia personale la riflessione/percorso di ogni lettore. Cercherò il libro, grazie

    elina

  7. Che bello scoprire questi legami sotterranei che, pur seppelliti sotto le scorie di una società oscena, emergono e mandano bagliori e Fernanda dissottera con il suo amore e la sua arte i tanti diamanti di questa miniera.

  8. Non ho volutamente rese pubbliche altre bellissime pagine perché è molto meglio accedervi attraverso il libro. Ciao,grazie.f.

  9. Mi ritrovo qui – oggi – col bianco che raccoglie le cose portandomi in grembo come qualcosa di non ancora nato.
    Le parole mi staccano foglia a foglia, fino a sentirmi caduta, eppure in sospensione, nella dolcezza di quest’onda che sa toccare le più profonde aurore.
    Resto fino a tutto il tempo del mio confine che diventa erba o fiume o ogni cosa vorrai dire.

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