Una tra le figure e le storie più inquietanti che la mitologia ci ha lasciato certamente quella legata al minotauro e al labirinto, in cui fu costretto a vivere, permane ancora viva nelle orme dei nostri giorni. Figura che particolarmente prediligo e su cui personalmente lavoro da molti anni, studiandone gli aspetti che sento particolarmente vicini a cascuno di noi. La carica vitale del mito sta proprio nella lettura che si riesce a farne da punti di vista che il tempo offre allargando il nostro occhio su ciò che compone la polpa del mistero di cui siamo composti. Non c’è statuarietà nel mito, cioè non esiste una pietrificazione di quanto vive dentro il nodo che esso porta ancora facendosi da leggenda legenda relativamente al nostro ampio buio storico bio-logico e psichico. Per questo ho portato il testo di Francesca Diano come elaborazione di quella figura, trovando nel suo percorso tracce di notevole carica visiva e suggestioni capaci di rivoltare e rivalutare ancora una volta la parola mitica.
f.f. – febbraio2012
Sergio Rodella – Il Minotauro.
Marmo bianco, onice rosso. Cm.150 X 80 Collezione privata
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IL MINOTAURO
a Sergio Rodella
Io mi sono perduto in quest’abbaglio
Di terra e pietre il cui disegno esatto
Mesce follia e ragione.
Io nacqui alla vendetta che mia madre
Pasifae – tacque agli dei. Il mio nome
È Asterione e pur del nome m’hanno depredato.
Ma io divino sono
Ché in me riverberando
L’impronta della luce di Elio
Si fa bestiale traccia dell’origine
Tutta della stirpe dell’uomo.
Dio e bestia io sono
E questo mi fa mostro – ché gli dei mi esiliarono
Per non vedere in me il loro volto invisibile
E gli uomini al pari m’hanno esiliato
Che non ricordi al loro sguardo cieco
Ciò che di loro appare.
Fu così che Minosse – figlio di Zeus –
Che mia madre insultò con la sua immonda copula
M’ha fatto prigioniero nel Palazzo della Bipenne.
Non mi vuole vedere – perché è in me
Che si specchia la sua colpa – la sete di potere
Che gli rese nemico Poseidone.
Io da un toro divino sono nato
Sorto dall’acqua come segno di un dio.
Ma forse solo un’ombra o un’illusione
E dunque sono figlio di un sortilegio.
Di un inganno illusorio porto la forma
Ombra del buio che sorge dalla luce.
Io sono ciò che siete – la vostra doppia natura
Non la volete vedere in questo specchio.
Vago in questo palazzo chiuso alla vita
E l’ira mi divora – l’ira per l’ingiustizia
Dell’esser nato da un dio per poi dover morire
Da bestia immonda – da voi tutti odiata.
Non volete vedere ciò che si cela dietro l’apparenza
Di mostro – del mio corpo di uomo
Dalla testa di toro. Eppure un dio in me
Si manifesta. Elio – il padre di mia madre
Febo che solca i cieli col suo carro di fuoco
E cancella i terrori che genera la tenebra.
La luce brucia e annienta i demoni del buio
L’oscurità si scioglie – si dissolve
Abbagliando l’aurora – emerge dalla tenebra.
Io sono quella luce – quel bagliore accecante
Che voi fuggite e mi negate la vita.
E siete voi la tenebra della menzogna.
Minosse ha raccontato che io divoro vergini
Per soddisfare la mia fame immonda –
Eppure non è questa la verità.
È la sua fame di potere che si cela dietro l’inganno.
Io sono puro dal sangue innocente
E le mie grida di cui tremano i muri
Di questo odioso labirinto sono le grida
Dell’ingiustizia che nessuno ascolta.
Si prepara l’inganno della mia morte
Il sacrificio che vi libererà dalla paura.
Mia sorella Arianna – la traditrice
Colta dalla follia d’amore per Teseo
Accecata dalla lussuria per questo scellerato
Lo condurrà nel labirinto perché mia dia la morte.
E sarà questo che a voi verrà narrato.
Questa menzogna livida e spietata.
Ma il mio padre divino – il toro equoreo sorto dagli abissi
Ha infine accolto la mia preghiera
Il mio urlo spezzato e quando Teseo con l’inganno
Seguendo il filo rosso di sangue che Arianna
Gli tendeva illudendosi che l’avrebbe legato
A lei per sempre – quando Teseo mi vide
Rabbrividì e snudando la spada
Mi trafisse vigliaccamente
Ecco che dal mio corpo di mostro
Con fatica la mia forma divina
Sgusciando come un serpe dalla pelle
Lentamente sorse ed emerse dalla sua spuma oscura.
Libero dalla gabbia del mio aspetto bestiale
Il mio corpo s’abbaglia del suo stesso nitore.
Traluce la mia forma che ondulando – rappresa in luce –
Diafana oscilla in una danza sacra nel liberarsi.
Io – Asterione – figlio degli astri
Libero emergo dalla morsa della mia pelle
Di animale divino e divino
Figlio della Luce libero infine
Abbandono la spoglia di quel che fui
Di quello che voi siete – vostro eterno tormento –
Ombra del buio che sorge dalla luce.
Ed io luce dal buio sorgo – immortale.
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FRANCESCA DIANO 6 novembre 2007
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Nota dell’autrice
– Quando, nel 2007, vidi il Minotauro di Sergio Rodella, questa statua che rendeva un’immagine del tutto diversa dalla tradizionale iconografia della creatura mitologica, iniziò a parlare con voce silenziosa. Quello che mi disse io ho fedelmente annotato in questo testo. La sua voce, venuta dagli abissi del tempo, narra la sua verità. Una verità che la statua di Rodella ha messo a nudo e che mi ha permesso di vedere. Il “Palazzo della Bipenne”, o dell’ascia a due lame, è l’esatto significato di Labirinto –
RIFERIMENTI IN RETE:
http://emiliashop.wordpress.com/2011/06/25/il-minotauro-di-sergio-rodella/
Grazie di cuore Ferni! e grazie del tuo commento, profondo e sensibile come sempre.
Un mondo particolare di leggere il mito sia come scultura sia come parola poetica.Decisamente godute l’una e l’altra proposta.
il mito del labirinto e del minotauro sono ancora oggi figure della nostra psiche, simboli dentro cui si nascondono o vivono le nostre ossessioni più profonde.Nessuno sfugge a queste ombre voracissime. Trovo questo percorso un’esecuzione brillante della discesa in se stessi, il palazzo dell’ascia, bi-penne:dove conscio e inconscio si mangiano l’un l’altro un corpo di verginità.alfredo crescentini
incredibilmente belli,testo e scultura. Stella
Sì, quando l’arte è vera, parla.
Bravissima, Francesca ;-)
Grazie Fiorella! Un abbraccio