Ewa Przybyła
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–Quale il suono del senzasuono?
– Quale la voce del senzavoce?
– Quale il nome del senzanome? – fu chiesto, senza parole, al Signore.
Quasi in un sibilo, animale, dunque
non una voce, no, nessuna voce
ancora, né mai forse, forse in un men
che suono, o, se suono,vuoto, cavo,
fondo, di lingua da farsi nel fu della fine,
di lingua, nel sarà delle origini, da sfarsi,
di detta che sia, la lingua, nei silenzî, o
nei rumori che sia, la lingua, di sdetta, ecco
la notte, fecondata come ch’era dai soffî,
dai venti, non per ciò darsi in luce, no, ma
solo in strati e strati di nere polveri di nero:
ecco la notte, dunque, darsi al Signore, ed ecco,
come fra tuono & frastuono, lacrime di nubi,
di nebule, di nembi, sibillare oscure chere, concrete
astrazioni, escrete concrezioni. Una velata
rivelazione questo manifestarsi de l’apparenza, un residuo
di arcaiche arche, tipiche dei primordî e insieme
degli últremi. Brancolavano in branchi, queste sostanze
úmide, flúide, immateriali. Ma ecco ora il giorno, ancora
uno, non fecondo né fecondato, ecco il giorno non per ciò
darsi come qualcosa né come niente, ma solo in forme
amorfe di bianche polveri di bianco: ecco il giorno,
dunque, darsi non dandosi al Signore, un giorno, tutti i giorni,
rivelarsi non svelandosi, come chora, come senza chi, come
senza cosa. Ecco insieme giorno & notte, insieme senza
insieme di grigie polveri di grigj, chiaroscure profezie
di memorie d’oblio.
“Avevo per caso molti fogli da macchina leggermente più grandi del normale, e mi è venuta la tentazione di scrivere sequenze narrative che in ogni caso non superassero la misura di un foglio: è un po’ il mito del sonetto, cioè di una struttura rigida e vessatoria con la quale lo scrittore deve necessariamente misurarsi. Ma il fascino è tutto qui: in un tipo di scrittura che ti obbliga all’essenziale, che ti costringe a combattere contro l’espansione incontrollata. Insomma, credo che se non avessi avuto quei fogli non sarei mai riuscito a scrivere questo libro.”
[giorgio manganelli in un’intervista rilasciata a stefano giovanardi in occasione dell’uscita di Centuria]
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Giovanni Campi
:-)
Ciao Giovanni e grazie per “quel” s(u)ono. ferni