camille claudel- the wave

Ancora una volta relativamente al tema di “Madre”, del quale avevo parlato qualche tempo fa in questo blog, mi è parsa molto interessante la relazione di Luisella Mambrini presentata a Ca’ Vecchia, a proposito della quale esiste una parziale presentazione in un articolo pubblicato su Le Voci della Luna n.49 – marzo 2011. Personalmente ritengo che la sua esperienza diretta di psicanalista trasmetta concretezza al suo pensiero.
Vittoria Ravagli- febbraio 2012
Per secoli il fatto di essere Madre ha giustificato il fatto di essere Donna. La Donna è la Madre: Freud non la pensava diversamente, Lacan sì. La maternità non è una dimensione esclusiva di colei che diventa Madre; non si diventa Madre solo partorendo un bambino: si possono portare a termine le potenzialità materne in altri progetti di vita. Ma al di là di questo, si può essere Donna senza essere Madre ma sicuramente non si può essere Donna senza fare i conti con la propria Madre. Ma cosa è una madre per il bambino? Se da una parte tra Madre e Bambino tutto comincia con un corpo a corpo, da subito la Madre è anche altro, è come essere di parola che lascia sul Bambino la propria marca. Da subito il pianto del Bambino non è semplice domanda di soddisfazione dei bisogni, ma domanda di essere riconosciuto dall’altro. Sulla domanda del Bambino si proietta l’ombra dell’oggetto degli oggetti: l’amore. A seconda di come la Madre darà l’oggetto, questo dare sarà interpretato come atto d’amore oppure no. Tra Madre e Bambino passa il primo profondo legame di parola e cioè l’accoglimento del grido come domanda di riconoscimento, come domanda d’amore. Bisogna dire che questo non è sempre assicurato nel rapporto con la madre, che ci sono madri che non riescono ad operare questo accoglimento. Dunque la Madre da subito è potenza simbolica: è nella sua parola che il Bambino cerca di cogliere il mistero del suo concepimento, la chiave della sua esistenza. Del resto le parole della Madre, i suoi imperativi, o più semplicemente i suoi modi di dire si imprimono nella mente dei soggetti che, quando arrivano da uno psicanalista, nel corso di una cura, finiscono inevitabilmente con il dire: “Mia madre diceva che…”, con un sottofondo oracolare, tessuto da enigma. L’amore Madre–Figlio è comunque da subito destinato alla separazione: già alla nascita il Figlio è diverso da come lo si è sognato, pensato, voluto. Ogni Madre, si può dire, deve in qualche modo “ adottare “ il Figlio che spesso alla nascita si presenta come estraneo alle fantasie che lo hanno preceduto, che hanno accompagnato la gravidanza. Ma vorrei, in questo contesto, soffermarmi in particolare sulla relazione Madre – Figlia. Freud definisce questa relazione come “umbratile, ardua da riportare in vita” ma pensava anche che la Bambina, nel corso dell’Edipo,una volta che si fosse rivolta al Padre, non attendesse più niente dalla Madre. Lacan invece crede che la Bambina, anche dopo che si è rivolta al Padre, dal rapporto con la Madre continui ad attendere più sostentamento. La Bambina diventata Donna continua ad aspettarsi dalla madre un nutrimento essenziale e indispensabile come quello sperimentato nella primissima infanzia nel rapporto con lei. Persiste cioè l’idea di una trasmissione da donna a donna di “qualcosa” che le darebbe consistenza. Ma spesso quello che la donne in una cura psicoanalitica lamentano è proprio il fatto che quello che era atteso dalla Madre “ non è arrivato…” e che questo “mancato sostentamento” è percepito come un danneggiamento, come qualcosa di rovinoso, qualcosa che ha compromesso e compromette la loro esistenza. Ma cosa è questa domanda in sospeso, questa domanda spesso silenziosa rivolta alla Madre, questa richiesta di sostentamento? Al suo fondo, nella sua essenza, questa domanda verte su che cosa è essere una Donna, come si fa ad essere una Donna . E’ una domanda per la quale nell’inconscio, nel simbolico,non c’è una risposta1. E’ come Madre, come Figlia, come moglie, come sorella che il femminile è riconosciuto nell’inconscio, ma anche l’eventuale sommatoria di tutti questi termini non è sufficiente a definire il femminile, a definire l’essere Donna: nel simbolico c’è un posto vuoto, un’assenza, un silenzio che dunque non è contingente ma strutturale. La Madre non detiene la risposta a questa domanda ma il malinteso che spesso si instaura tra Madre e Figlia è che la Madre tenga piuttosto per sé la risposta, che non la voglia condividere con la figlia. Il ritorno sulla Figlia di quella che è percepita come una non-risposta può assumere l’aspetto di una devastazione, come attentato alla sua vita e da qui i rimproveri rivolti alla Madre, che possono giungere fino a ritenerla responsabile delle difficoltà che incontra nell’esistenza Possiamo leggere tutto questo anche da un altro angolo prospettico e cioè soffermandoci sull’andamento dell’Edipo nel femminile. Per raccontarlo partirei da questo assunto; per una Figlia stare con la Madre o separarsi da lei spesso si pongono come situazioni impossibili entrambe. Quando la Madre è lasciata come oggetto esclusivo d’amore per volgersi al Padre, la Bambina necessita di una identificazione femminile: ma dove trovare questa identificazione? La Madre, proprio perché è abbandonata, è inutilizzabile come identificazione. Ma come prendere il Padre come oggetto esclusivo di amore se non si reperisce una identificazione femminile su cui appoggiarsi ? Si ritorna allora alla Madre come oggetto d’amore, in una altalena dove appunto separarsi da lei o stare con lei sono situazioni entrambe impossibili. Perché stare con lei mette in pericolo la sopravvivenza dell’identità personale; stare vicino alla Madre comporta infatti una sorta di incollamento, di adesività, di vischiosità, dove è in gioco un fantasma di indifferenziazione. L’identità nei loro corpi di Donna non può che produrre fuga, evitamento, per il timore di rimanere inghiottiti in una identità fusionale. Qualcuno ieri diceva: ho dovuto estraniarmi da mia Madre e leggerla come Donna per venire a capo della relazione con lei. In effetti nel percorso di una cura analitica di una Donna, arrivare a scoprire la Donna nella Madre è qualcosa a cui si giunge con una certa sorpresa e dopo avere molto faticato nei meandri della parola che si porta ad uno psicoanalista. Ma mia Madre era una Donna ! -; quando una Donna vi arriva, ognuna a suo modo, in forza di un suo percorso questo rappresenta sempre uno snodo fondamentale all’interno di una cura analitica. Avvicinandomi alla chiusura vorrei riprendere questo elemento ; una Donna non è tutta definita dal Simbolico, è definita in parte, non-tutta, c’è un posto vuoto, ma questo posto vuoto rappresenta una chance per il femminile, quella che ciascuna dia vita ad una invenzione originale con la quale assumere tale mancanza, una per una, ognuna a suo modo Quel posto vuoto invece di essere vissuto come un meno, un deficit, può essere rovesciato in un vantaggio: la presa di coscienza che questo posto vuoto nel simbolico le consente una mobilità e una leggerezza sconosciuta al maschile, che rappresenta dunque uno spazio di libertà e cioè la possibilità di costruirsi ognuna una risposta originale sull’essere Donna. E’ così che ho sempre pensato la società femminile, non tutte uguali sotto uno stesso ombrello, che è il modello maschile, ma tutte diverse l’una dall’altra, ognuna portatrice di un tratto non conforme, ognuna eccezione per se stessa, ognuna con la sua modalità di essere Donna fuori dall’universale. Le Donne “osano il reale” sostiene Helen Cixous, “toccano il cuore vivente delle cose”, e io come lei, in forza di un altro percorso, mio, originale penso che davvero le Donne siano più vicine al Reale, non siano fermate dalla paura di perdere e possono andare molto lontano nei loro agiti e che questo non sia dovuto al caso ma al fatto che questa è la loro posizione nel Simbolico – non tutte dette nel Simbolico e quindi più esposte a questo Reale – in intimità con il Reale di cui hanno, per così dire, una esperienza diretta. Così come una Donna ha la capacità di andare oltre gli Ideali, di farsi meno intrappolare dalle convenzioni, dagli usi, dai sembianti che rispondono sempre di una logica universale per andare oltre e puntare, nella relazione con l’altro, al tratto non conforme di ciascuno, al cuore vivente del soggetto, che è il cuore del Reale.
Luisella Mambrini
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RELATIVAMENTE ALLAUTRICE:
Luisella Mambrini è psicoanalista a Bologna, membro della Scuola Lacaniana di Psicoanalisi e della Associazione Mondiale di Psicoanalisi, docente dell’Istituto Freudiano per la Clinica, la Terapia e la Scienza e membro dei Consultori di Psicoanalisi Applicata. È autrice di vari articoli pubblicati nella riviste «La Psicoanalisi» e «Attualità lacaniana» e di testi pubblicati nei volumi Stili della sublimazione, a cura di Maurizio Mazzotti (Franco Angeli, 2001) e Una per una, a cura di Paola Francesconi (Borla, 2007). Nel 2010 è uscito il suo libro ” Lacan e il femminismo contemporaneo, Quodlibet, Macerata 2010
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Riferimenti: Le Voci della Luna n.49 – marzo 2011.
una pagina illuminante, un ponte necessario, una succosa esperienza
ci sono passaggi così profondi e interi e insieme bisogni, di dire, di dare
di capire poichè ancora molto dobbiamo per toccare il cuore del Reale
ringrazio Vittoria per queste puntate a tema “Madre”
elina
Complesso e interessante tema. Come donna ho dovuto passare faticosamente attraverso l’opposizione al riconoscimento di mia madre come donna, altra e diversa e effettuata da una sua storia, e quindi non come agente responsabile di tutti i miei guai. Un’altra donna- speculare-simmetrica-diversa. Fuori da me, altro dall’unico legame con me. Nel momento del riconoscimento, ci si affranca e si comincia, non imputando continuamente alla Madre, a rivedersi come figure autonome. A camminare svincolate.
Il percorso più difficile e arduo, riconoscere che una madre è donna.
Soprattutto tenerlo dentro, non dimenticarlo nel corso delle esperienze e riuscire a dare un’altro colore, un altro tono a quella fusione che rischia di diventare pericolo. Alcune madri sono troppo impegnate a sentirsi madri per riconoscersi donne, altre a sentirsi donne per riconoscersi madri, ma la questione è la medesima. Mia madre è una donna, dovrebbe dirsi una figlia. All’interno di un percorso di conoscenza difficile e faticoso.
Ma..mia figlia è una donna?