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7 poesie per il Natale
… Natale è il venire
di un chiaro disciplinare d’amore
una regola antica
legge per il passo e la parola
nella Notte oscura
I
il prologo è monco
l’antefatto è un’assenza
al Pleroma Indistinto mancava l’esperienza
di creatura
mancavano i piedi e le mani e
il tatto sensibile delle dita
mancava il rischio tremendo del fiuto
mancava il corpo
per riconoscere lo Spirito
mancavano la fame e la sete
che distinguono giustizia da ingiustizia
e di assenza in assenza
e per assenza
a quel prologo solingo e monco
montava il desiderio
il Pleroma cercava Vita Amore e Morte
e chiese un SI’
intorno all’equinozio
che gli partorisse una luce
nei giorni del suo solstizio più buio
non fu coniunctio
fu purissima esasperata intentio
II
ecco: il bambino
è generato già prima dell’incontro
dei gameti
nutrito da un vecchio testamento
un bambino offerto alla sua infanzia
più anziano di millenni
eppure un bambino
un germoglio
un desiderio rivestito della carne
che si chiama figlio
“…E, purché sia,
purchè la verità sorga dalla terra,
anche in una stalla”
urlava l’Indistinto,
“purchè avverta l’Odore e il Pizzicore
della paglia!
E odore e pizzicore non siano solo parole”.
III
tua madre, l’Assenziente
(il quarto indispensabile elemento
perchè lo spasmo della Trinità
si distenda a formare
dolcissima la pena della croce)
guarda le tue braccioline
già aperte a una trista profezia
e le si amara il cuore
ma offre all’Indistinto quello
che a lui manca e va cercando:
il senso acuto del dolore
“Secondo l’ordine della terra
secondo l’ordine del cielo
per luogo regola misura
tutto questo è troppo”
dice
“E’ una ferita
E’ UNA FERITA
e non ha ragia l’albero
del balsamo
a quale ordine altro
volgerò gli occhi per
intravvederne un senso?
A quali sensi
mi è chiesto di affidare
la ricerca?
Eppure non riesco a smettere
di magnificarlo”
IV
che cosa passa
dal vaglio dell’assenza?
è il niente che sostiene
la dolcezza del tuo peso
e il tuo futuro
un niente desideroso
scagliatosi (nell’incrocio delle ere)
al centro della Storia
e vi si avvolge
permanendo nel sopra nel sotto
nel prima nel dopo
un niente che per vastità
vien da chiamarlo IL TUTTO
formato da mille sottrazioni
un niente Uno
che avrà infiniti nomi
e intanto vengono
vengono in processioni di polveri di luce
dietro luminarie di altri cieli
vengono a rimirarti
V
a un cielo inclinato
è incardinata la tua culla
pare che dondoli
ma è per meccanica
ultraterrena che oscilla
e oscilla e oscilla e
oscilla e ti richiama
a un sogno
il sogno di colui che è
dice ciò che dice
è l’Indistinto
che scalpita e pecca di impazienza
tu obbedisci
e mediti un testamento nuovo
un balsamo di consonanti
e di vocali che racchiudi in un calice
VI
e mentre fiocca
la neve fiocca sulle capanne dei nostri presepi
tu piccolo figlio di un sì
tenero giglio fiorito
al coraggio di una sillaba
ti lasci vestire
come ciascuno ti vuole:
Bambin Gesù delle brave bambine
Monte e Cammino
bambino dei bacini e dei fioretti
tutto ricciolino
bambino Pastore dei pastori
(…rallegrasi il mio cuore)
Agnello
bambino che hai fame
(…e al freddo di più)
bambin di latte e pane
bambino sacro e profano
davvero non c’è scusa per nessuno
VII
com’è reggere il cielo
e succhiare un seno di donna?
com’è essere fonte
e avere sete?
essere la potenza e farsi debole?
è questa l’anatomia amorosa
incisa nei legni di culla e di croce?
lasciami indugiare intorno
alle tue giunture
come intorno a una catena
di premure e domande
lasciami iniziare sul tuo piccolo
corpo il mio
ad pedes
ad genua
ad manus
che troverà compimento
sulla tua facies di morto
ora capisco la gloria cantata
quella festa di angioli
sopra
capisco il de profundis
dal quale obbediente sei partito
capisco TUTTO
e poi capisco NIENTE
.
FIAMMETTA GIUGNI
questo disciplinare d’amore, questo protocollo della nascita che intacca il mondo quale è sempre:convulso, disordinato,disorientato,fitto e fittizio, questo mondo in cun cui il mite non è mai mito, abele non viene nominato quanto la stirpe di caino e cristo è inchiodato tutti i giorni contro una sola memoria di natale poco prima della morte dell’anno, in quel solstizio d’inverno in cui la luce si rinnova contro la paura del buio,l’ossessione del non sapere che ci sbatte sulla bocca la parola mai.Eppure in questo tutto niente ci sveglia, se non una figura già piena di millenni.
Grazie per questo percorso che ho fatto più volte e ogni volta si apriva una porta diversa. ferni
Mi scuso per questo “fiume” un po’ fuori misura rispetto agli altri interventi e ringrazio Fernanda per averlo pubblicato tutto. Se, d’altra parte, apre qualche porta, sono molto contenta. Buon solstizio e Buon Natale a tutti.
Fiammetta Giugni
Questo fiume porta molte acque e tracima fertilità al pensiero e ai sensi, aprendo la sensibilità spesso recisa, malata di cui oggi soffre molta parte della società. Ti ringrazio di cuore Fiammetta per averla inviata e donata a noi tutti. ferni e carte.
Un testo bellissimo.Letto molte volte e ogni volta spuntava una nuova consapevolezza. Andreas
Un grande testo, da leggere con la quiete dentro, apre libri,cosmologie e compie creazioni. Grazie.cecilia
Incantato rapito da questo testo così densamente composito, ricco di sapienza e di conoscenza, rivolta la pagina bianca e ne estrae ori. Gae Aurelio