bred holland
Il testo è un invito al giubileo privato di Erri De Luca ( “mi accosto attraverso la scrittura al me stesso di 50 anni fa”), L’autore torna alla sua infanzia, risale ancora all’indietro per capire. Asciutto come il suo volto di scalatore in solitaria, secco come le linee di sale che restano quando il mare ormai arretra, torna alla rappresentazione di sé, bambino stordito la cui specialità è stare zitto, guadagnare distanza, giocare a fare l’invisibile per il rifiuto di un corpo inadeguato. Solo che ora la crisalide vuol nascere farfalla, vuole allungare il corpo, magari rompendolo, perché nella corsa a diventare grande il corpo è troppo lento, più lento di un albero. Nell’intimo è cresciuto, ha imparato a conoscere gli adulti dai libri, dai loro racconti che amplifica di rimbombi e fantasie. “Ero sacchetto vuoto riempito dal fiato delle storie”. Coglie nelle voci delle donne di Napoli, che ascolta attento, le fragranze del dialetto che riesce a fulminare la verità di un attimo, che sa frustare. l bambino reticente di Non ora, non qui che rafforza col tacere la sua estraneità interiore, che impara a difendersi dalle parole, ora, conquistate le due cifre, i dieci anni, le usa, le domina, diventa un acrobata delle parole che impara esatte nell’esercizio metodico e nella disciplina dell’enigmistica, (che l’autore considera quasi un’officina di scrittura). n I pesci non chiudono gli occhi il preadolescente che vuole solo leggere e stare i giorni muto senza contare per nessuno, conquista libertà e parola, diritto di scelta, cresce spalancando gli occhi sul mondo. i respira aria d’estate, di vacanza, di mare aperto dove avviene l’apprendistato di pescatore. on più il chiuso dei vicoli o delle piccole stanze dove il bambino non può giocare, per non disturbare. Anche il rapporto con la madre appare più sereno. Il piccolo aveva timore di perderla ogni sera al chiudere degli occhi. In Non ora, non qui le cose contenevano congedi, i racconti di guerra e di difficoltà erano buttati addosso, quasi con sadismo, a un figlio strattonato per i vicoli, muto pretesto di uno sfogo. Ora i racconti sono meno angosciosi, anzi la madre cede al figlio, al suo bisogno di storie, che magari interrompe con un brusco “ora basta”. Sempre lei, la stessa ma anche diversa, più complice. Narratore unico che ci ha viziato con la sua prosa lirica, De Luca procede per illuminazioni. A volte angoloso, spigoloso nella sua secchezza, sembra nascere il testo da un’eccedenza di silenzio che si fa partitura di frasi, brevi come il respiro, e pause dilatate. Fa bere l’essenza di una crescita. Ridotta all’osso snuda la storia con la reticenza tipica del giovane maschio che si mostra disincantato per pudore, reagisce con la pelle d’oca contro la morbidezza, si fa ruvido per paura del sentimento. Laddove la femmina coccola le sue sensazioni, le blandisce, le accarezza, se le modula in onde di tenerezza, ci si avvolge, De Luca le scarnifica, le riduce alla primizia che gli permette di rivivere la storia di ogni uomo, da Adamo a Mosè a Giobbe…
Il bambino Erri dice che ha imparato a conoscere gli adulti dai libri, noi impariamo da lui a conoscere i bambini, specialmente i bambini difficili. Comunque, l’aggrumata aggrovigliata infanzia trova la voce per dire le prime inconsapevoli frasi d’amore che segnano il passaggio. Anche se “non ero più bambino e in cambio ero all’incirca niente”. Non una metafora, un solo aggettivo compiacente, per dire la scoperta emotiva, l’incontro della bellezza. La giovane protagonista di tanto miracolo non ha nemmeno un nome, anzi è chiamata “ragazzina”, in modo distaccato, quasi un po’ dispregiativo rispetto al più materno e affettuoso “bambina”. Questa figura femminile così acuta sicura volitiva, degna compagna nella sua essenzialità del nostro protagonista, fissata nei suoi interessi quanto basta per definire un’adolescente, è uno dei più bei doni di De Luca. E’ un omaggio al mondo femminile, la donna che dà input, che è segno di svolta. Senza risalire a Eva, restando nelle Scritture così tanto battute dallo scrittore, pensiamo a Maria alle nozze di Cana, alla donna cananea che apre il Vangelo agli stranieri, a Marta che interpella decisa Gesù: “Signore, se tu fossi stato qui , mio fratello non sarebbe morto. Ma so che qualunque cosa chiederai a Dio egli te la concederà”.( Svolte di Lilia Sebastiani, Cittadella editore). Per la ragazzina l’autore non inventa nemmeno un nome, quello vero non lo ricorda, per non sentirsi un mestierante. Tanto si denuda sincero nella sua più intima verità. Il suo raccontare appare una battaglia contro il tempo che rischia di sbranare tutto prima ancora che sia capito. Ha bisogno di capire all’indietro, di illuminare ogni dettaglio. Evoca, rilegge, rivive nella memoria la sua storia che di opera in opera si precisa, quasi fosse un unico libro ininterrotto. Indaga, scava per conoscersi, possedersi, prendersi finalmente in mano. Ma aversi non ha senso se non per donarsi, mettere tutto il proprio essere nelle mani di un altro. La vita si risolve in un atto d’amore. Basta a De Luca che l’altro sia solo il lettore? E lui continua la sfida salendo, scalando in solitaria, slegato, le cime. Non credo alla chiusa del testo E disse, all’” io scendo qui” di chi vuole restare straniero e dice di rimanere volentieri nel deserto, smettendo il viaggio prima di una terra promessa.
Angela Chermaddi
I pesci non chiudono gli occhi, Erri De Luca- Feltrinelli
Il libro l’ho comparto oggi, come se quel piccolo formato fosse la sintesi anche della mia storia,credo che le vite, siano una solo avvitamento, ad un unico perno, anche se ognuno di noi crede d’essere speciale, un pezzo a parte, siamo tutti nella stessa composizione.Grazie. Mariagrazia