Non aggiungo che una parola a quanto con scintille ha scritto Marina Pizzi in questa raccolta. E’ un tracciato, il suo, di musica con brevi scatti di danza, il fermo dell’andatura che precede la distanza, in cui resta, inquadrato, lo sguardo dentro la profondità degli equivoci, nelle braci dei tanti errori con cui ci nutriamo, con i quali vorremmo guarirci e crediamo siano l’amore desiderato mentre invece sono ciascuno l’ arma, che disamora e in noi mette a soqquadro il pane di ogni relazione. Così, ancora, la vita scorre piana, tra l’acqua malferma e ciò che resta oscuro, si dilegua lontano, scende tra i ponti, e nella carne, là dove non siamo. Dove non saremo più.
f.f.- 19 settembre 2011
Da SOQQUADRI DEL PANE VIETO
Avvenire
firma di pubertà
sotto rovine.
(Nanni Cagnone)
2.
adesso vorrei piangere un pochino
sulle assurdità che scrivo per liberare
la panchina che mi aspetta vecchia.
stralunare l’ulivo in una reggia
il cipresso in una lancia di voto
per raggiungere la gerarchia del cielo.
è invece limpido solo il sudario
per le strofe che piangono poema
dentro le giare dell’eclisse.
un dolore d’orgoglio m’infetta tutta
dalla mattina alla sera voglio il giglio
di poter volare. la cenerentola del bavero
è il mio ossigeno bacato dalla genia del no.
3.
tutti piangono da vicini di casa
con la canicola sul collo della colpa
per l’arrivo del gerarca che sentenzia
gerundio a tutto campo per le pene.
in pace con lucertole già rincorse
si salvano i bambini puritani
innocenti senza rane nei barattoli.
qui il plurale delle nebbie sono anime
a capofitto linciate dagli stenti
per rendere cicalate le vendemmie.
tante le penne che non servono più a niente:
scrivo al computer con voracità d’impotenza
l’ebbrezza del servo che si senta libero
solo perché la faccenda è multipla.
5.
cuore di fuga raggio di malessere
questa bravata d’ansia che rincorre
le cicatrici ataviche del giusto.
in palio al gerundio di resistenza
sta la parata d’ascia che vuole uccidere
financo le gestanze del deserto.
attrice di vendetta la cometa
simula dio con la vestale accanto
così per murare l’ossatura
della finestra fiduciosa amante.
in rotta con le genie delle bellezze
si rompe il sangue che fraziona guerra
la zona sempre apolide del senso.
sì ho voglia di pulire il cielo
dalla vaghezza tragica del verbo
nella giunzione con l’altare fatuo.
6.
un giorno finisce il tragico s’inerpica
nella palude sciatta del mio corpo.
in realtà il tempo è un forsennato addio
una credenza con le formiche e le briciole
di quando c’era la spesa di una vita.
oggi mi appoggio all’eremo del buio
alla marina sirena delle regie del sale
perché la pendola è ferma da un mare d’anni
la noia piena di salute senza resistenze.
si stenta invece verso la fenice d’alba
questo abituro che assassina il futuro
dentro le scosse di singhiozzi e ceppi.
la terra è chiusa da sicari sicuri
nessuna pietà ospita la lena
di captare oasi la merenda infante.
così clemente è l’ora di guardarti
dentro la darsena della luna piena
alambicco di cristallo il tuo respiro.
piango assai quando qualunque impegno
mi precipita nel legno della cassa
appena morta forse. se ieri volli la regia del sasso
oggi il canestro è il desiderio più lungo.
8.
non farò caso alla malia del timbro vuoto
la possibilità di essere chiunque
lo stallo di un ergastolo
la baraonda di un amante
oggi mi basta il fischio della fionda
la dura prova di chiudere a chiave
le inferriate delle lanterne vizze.
in coda all’alamaro della rotta
perdo la spugna per asciugare il sangue
acquisto le nomee di golfi senza attracco.
12.
gli anni passano una radice nera
una miniera di aghi
una tempia suicida.
uno straccio di rondini si rannicchia
sotto cimasa in balìa del vento.
una crudele soglia intasca il cuore
nei valori del serpente che sibila
perpetue le sentenze dell’occaso.
13.
un eremo m’infesta la salute
mordo il crisantemo che mi sceglie
con scaglie ridanciane per uccidermi
contro la festa d’asilo di bambini
felici illetterati. con il filo spinato per bracciale
ingorgo la mia vita traumatica
mentore il sangue che non mi vuole bene.
tra treccine di braci vado a lungo
lungo il fiume per salvarmi l’anima
l’acqua migliore non saprà lavarmi
dai chiodi stonati delle labbra.
la lezione del vicolo se la ride
di me da sempre intenzionata al lutto
alla frode di strapparmi il cuore.
invece di coriandoli lamento
la lira che canzona la mia pace
sotto il circuito di lavarmi il viso
con il colera degli altri che sono tragici.
sbatte la persiana sulla collina fatua
vendetta che da anni si ripete
appena giungono le rondini di pace.
sono martirio e avanzo di me stessa
la resina del miele che non sa sedurmi
nel tramestio del mitico fantasma.
la rendita del fianco è stata arresa
dallo scontro illiberale della fune
dal cipresso che mi aspetta sempre.
14.
scottature di calce questa manfrina
che gioca con i verginei sassi
a ribassare il suolo per far giocare
i bambini. in bilico sul manuale d’ascia
so imparare a fendere il palazzo
sotto le membra che scaldano i papaveri
do diluire un pugno da una carezza.
la forza del messere signore assente
comunichi col brano della preghiera
dica se può magnificare la rendita
della fortuna. con poche eclissi ci
sarà riguardo verso lo scempio
di perdere il viso.
19.
nulla sarà questo vanto acerbo
questo dispaccio d’era in fondo al mare
si andò così che la vita tacque
per l’elemosina di copiare il sole.
nessun patema ingaggi l’anfiteatro
ma resistenza al quanto nonostante
sia di panico l’orizzonte e l’afa.
così in silenzio la genia dell’uomo
per la condanna di servire zolle
nomee di ieri che uccisero le vette.
24.
la poesia del solo incendio
dove l’acropoli dell’anello crede in dio
e simula nei popoli la bontà
tumefatta sul collo di ruggine.
questa quartina senza senso
si aggira nei viali dell’occaso
per simulare un agguato d’amore
un rigurgito di pianto d’elemosina.
aggiungo che così non c’è girandola
per far impazzire il gatto,
sotto controllo il razzo del vento
la scimmiesca ilarità del sole.
ieri ho avuto la perennità dell’acqua
per lavarmi la faccia
il cigolio del bavero contro il vento
per godermi la frottola dell’indice.
qui sommessamente l’altare è colmo
di fiori per la messa esponenziale al cielo.
53.
le donne vestite di forse
non sono nude. anzi la grotta
si spazia dalla fronte
al diverbio degli occhi.
nel vestibolo del fato la gran fossa
fissata per tutti. accorrete al duello
delle tane senza vincitori da far perdenti.
le nozze del silenzio con il caos
hanno il valore dell’ozio principesco
la scorta di confetti per la felicità.
dal cielo si rammenta che è ora di piangere
la gerla con le croste senza olio
né mansuetudine del bello.
qui s’investe il dubbio della logica
stratega che non sa giocare.
54.
è caduta l’odissea in un diario
una sfregatina al muso contro il muro
e la vita è grata di esserti la tata
alla faccia della grammatica del basto.
issata in te la bandiera crocefissa
questa gimcana che perde le ossa
con la giraffa che non crede in dio
né tanto meno alla diva della farfalla.
questo silenzio che scandisce contaminazione
mina la zolla del bulbo ancor cieco
dove i papaveri comici dell’ozio
promisero la spiga regina di regine.
oggi la falla della terra aperta
consacra le elemosine del dubbio
il bioritmo di perdere il sì.
tutte le giostre una ferraglia d’atomo
dove si attesta di morire a schiocco
di sfinita staffetta.
55.
non tardare a volermi bene
sto piangendo di dazio
dacché la premura della resa
impone fagottelli di girandole
fisse nel dolore.
le fosse che girano il mondo
imbrattano il cristallo d’origine
la giostra nuda di piangere ancora
negata elemosina. ora arriva l’agonia
del sì per la sposina tradita. in gola
alla tempesta di tradire
appaia il dubbio della maestà
questa sbilenca aureola di santa
la madre andata oltre confine.
mestizia di cimelio starti a guardare
morta all’altare con la bara in faccia.
il talento non piace ai crudi vincitori.
**
Marina Pizzi è nata a Roma, dove vive, il 5-5-1955.
Ha pubblicato i libri di versi: IL GIORNALE DELL’ESULE (Milano, Crocetti, 1986), GLI ANGIOLI PATRIOTI (Milano, Crocetti, 1988), ACQUERUGIOLE (Milano, Crocetti, 1990), “DARSENE IL RESPIRO” (Milano, Fondazione Corrente, 1993), LA DEVOZIONE DI STARE (Verona, Anterem, 1994), LE ARSURE (Faloppio, CO, Lieto Colle, 2004), L’ACCIUGA DELLA SERA I FUOCHI DELLA TARA (Lecce, Luca Pensa, 2006), DALLO STESSO ALTROVE (Roma, La camera verde, 2008), L’INCHINO DEL PREDONE (Piacenza, Blu di Prussia, 2009), IL SOLICELLO DEL BASTO (Roma, Fermenti, 2010), RICETTE DEL SOTTOPIATTO (Nardò, Besa, 2011).
Le plaquettes “L’impresario reo” (Tam Tam 1985) e “Un cartone per la notte” (edizione fuori commercio a cura di Fabrizio Mugnaini, 1998); “Le giostre del delta” (foglio fuori commercio a cura di Elio Grasso nella collezione “Sagittario” 2004).
Sue poesie sono state tradotte in Persiano, in Inglese, in Tedesco.
Numerosi e-book e collaborazioni si possono leggere on line. Ha vinto tre premi di poesia.
Sue poesie sono state tradotte in Persiano, in Inglese, in Tedesco.
Sul web cura i seguenti blog di poesia:
Sconforti di consorte
Brindisi e cipressi
Sorprese del pane nero
Ha pubblicato i libri di versi: “Il giornale dell’esule” (Crocetti 1986), “Gli angioli patrioti” (ivi 1988), “Acquerugiole” (ivi 1990), “Darsene il respiro” (Fondazione Corrente 1993), “La devozione di stare” (Anterem 1994), “Le arsure” (LietoColle 2004), “L’acciuga della sera i fuochi della tara” (Luca Pensa 2006), “Dallo stesso altrove” (La camera verde, 2008, selezione), “L’inchino del predone (Blu di Prussia, 2009), “Il solicello del basto” (Fermenti, 2010), “Ricette del sottopiatto”(Besa, 2011);
***** [raccolte inedite in carta, complete e incomplete, rintracciabili sul Web: “La passione della fine”, “Intimità delle lontananze”, “Dissesti per il tramonto”, “Una camera di conforto”, “Sconforti di consorte”, “Brindisi e cipressi”, “Sorprese del pane nero”, “L’acciuga della sera i fuochi della tara”, “La giostra della lingua il suolo d’algebra”, “Staffetta irenica”, “Il solicello del basto”, “Sotto le ghiande delle querce”, “Pecca di espianto”, “Arsenici”, “Rughe d’inserviente”, “Un gerundio di venia”, “Ricette del sottopiatto”, “Dallo stesso altrove”, “Miserere asfalto (afasie dell’attitudine)”, “Declini”, “Esecuzioni”, “Davanzali di pietà”, “Plettro di compieta”, “Segnacoli di mendicità”, “L’eremo del foglio”, “L’inchino del predone”, “Il sonno della ruggine”, “L’invadenza del relitto”, “Vigilia di sorpasso”, “Il cantiere delle parvenze”, “Soqquadri del pane vieto”; il poemetto “L’alba del penitenziario. Il penitenziario dell’alba”];
***** le plaquettes “L’impresario reo” (Tam Tam 1985) e “Un cartone per la notte” (edizione fuori commercio a cura di Fabrizio Mugnaini, 1998); “Le giostre del delta” (foglio fuori commercio a cura di Elio Grasso nella collezione “Sagittario” 2004). Suoi versi sono presenti in riviste, antologie e in alcuni siti web di poesia e letteratura. Ha vinto tre premi di poesia. *****
[Si sono interessati al suo lavoro, tra gli altri, Asmar Moosavinia, Pier Vincenzo Mengaldo, Luca Canali, Gian Paolo Guerini, Valter Binaghi, Giuliano Gramigna, Antonio Spagnuolo, Emilio Piccolo, Paolo Aita, Biagio Cepollaro, Marco Giovenale, Massimo Sannelli, Francesco Marotta, Nicola Crocetti, Giovanni Monasteri, Fabrizio Centofanti, Franz Krauspenhaar, Danilo Romei, Nevio Gàmbula, Gabriella Musetti, Manuela Palchetti, Gianmario Lucini, Giovanni Nuscis, Luigi Pingitore, Giacomo Cerrai, Elio Grasso, Luciano Pagano, Stefano Donno, Angelo Petrelli, Ivano Malcotti, Raffaele Piazza, Francesco Sasso, Mirella Floris, Paolo Fichera, Thomas Maria Croce, Giancarlo Baroni, Dino Azzalin, Francesco Carbognin, Alessio Zanelli, Simone Giorgino, Claudio Di Scalzo, Maria Di Lorenzo, Antonella Pizzo, Marina Pizzo, Camilla Miglio, Michele Marinelli, Emilia De Simoni, Linh Dinh, Laura Modigliani, Bianca Madeccia, Eugenio Rebecchi, Anila Resuli, Luca Rossato, Roberto Bertoni, Maeba Sciutti, Luigi Metropoli, Francesca Matteoni, Salvo Capestro, Fernanda Ferraresso, Flavio Almerighi, Dino Ignani, Gianluca Gigliozzi, Natàlia Castaldi, Stefano Guglielmin, Luigi Bosco, Nanni Cagnone, Flavio Ermini, Franca Alaimo, Roberto Maggiani, Federica Nightingale, Federica Galetto, Luigia Sorrentino, Alessandro Baldacci].
*****Nel 2004 e nel 2005 la rivista di poesia on line “Vico Acitillo 124 – Poetry Wave” l’ha nominata poeta dell’anno. Marina Pizzi fa parte del comitato di redazione della rivista “Poesia”. E’ tra i redattori del litblog collettivo “La poesia e lo spirito”, collabora con il portale di cultura “Tellusfolio”.
Sue poesie sono state tradotte in Persiano, in Inglese, in Tedesco.
Sul Web cura i seguenti blog(s) di poesia:
http://marinapizzisconfortidico.splinder.com/=Sconforti di consorte
http://marinapizzibrindisiecipr.splinder.com/=Brindisi e cipressi
http://marinapizzisorpresedelpa.splinder.com/=Sorprese del pane nero
non posso che prendere alcuni versi e sottrarli alla noia del foglio leggerli a mani piene, predispormi all’ascolto
e penso alla forza di certi passaggi scritti in profondità di visione
“un dolore d’orgoglio m’infetta tutta
dalla mattina alla sera voglio il giglio
di poter volare”
grazie del dono
elina
Una forza incredibile e una toccante grazia in questi versi non usuali. Letti e riletti tutti senza capacità di scelta. La musica apre all’accoglienza di questa parola che “slarga”, apre la tana in cui il corpo si acquatta per farsi animale domestico, dimenticando la sua selvatichezza naturale. Una bellissima proposta. Una domanda: sono pubblicati? E se sì, dove si possono trovare, chi è l’editore? Grazie.
Difficili questi versi, ma penetranti.Le immagini del video e la musica mi hanno aiutato ad assorbirli. Non mi era mai capitato che accadesse. Una forza incredibile questa loro relazione che ha agito come un ariete.La forza della parola e la lievità della musica. Grazie.Monica
Che dire? Un bell’insieme senza dubbio e i testi, anomali, nel senso che si tratta di una scrittura particolarissima, dotata di un particolare talento: quello di aprire paesaggi a contrasto. Una proposta notevole, anche se il fondo della memoria brucia e la bocca resta amara.
i testi sono inediti su carta. marina
ringrazio le commentatrici del post. marina
non tardare a volermi bene
sto piangendo di dazio
dacché la premura della resa
impone fagottelli di girandole
fisse nel dolore.
C’è un filo che corre, attorcigliandosi attorno al dolore, che però segna una parola di speranza, quasi: ” non tardare” è un invito che dice la necessità e la premura della domanda. Non tardare a volermi bene è esplicito, dopo tutto quel dolore già detto come in capitoli di vita densa, copiosamente dura, difficile, una girandola che non smette la sua corsa.
Non so se la scelta di fernanda induca ad una particolare epifania, attraverso questi testi, complessi, articolati in artiglieriepesanti e coltelli taglienti, non so se sia stata la musica e il video, io vado matta per Pina Bausch, so però che il coinvolgimento è stato forte, sono rimasta avviluppata come in un filo di seta fortissimo, che adagio mi tesseva intorno una gabbia e, alle ultime battute, sapevo che non era per ostruire la vista ma per salvarmi l’esistenza, come in un baccello.
cecilia
… grazie per questa scelta, a Ferni e a Marina. Cettina