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Qualche tempo fa, pubblicammo un video che riguardava la storia di un uomo, qui, L’uomo che piantava gli alberi (titolo originale: L’homme qui plantait des arbres), conosciuto anche come La storia di Elzéard Bouffier, un uomo che, da solo, piantò un numero elevatissimo di alberi, 100.000 querce, salici, betulle, trascurando quanto intorno a lui stava accadendo, e non era cosa da poco, c’era la guerra, e con essa i soliti interessi che sembrano trasformare gli uomini, rendendoli realmente incapaci di pensare e valutare cosa sia di capitale importanza per la vita e il vero benessere e cosa invece non lo sia affatto. I capitali, le energie e tante altre storie sembrano travalicare l’unica realtà con la quale l’uomo può continuare ad esistere in questo pianeta, già duramente saccheggiato, degradato, devastato da insane smanie di potere e falsa ricchezza. Oggi, sfogliando le pagine del web mi sono imbattuta in un gruppo di cui riporto la parola. Si solleva a favore di tutti perché sottolinea qualcosa di capitale importanza nell’equilibrio dinamico dell’habitat, non riguarda una inutile apparenza estetica, di cui oggi, come si fa per tante facce che sono lo stesso identico volto, si vorrebbe trasfigurare deturpando un patrimonio reale da salvaguardare. Così ho deciso di appoggiare la loro richiesta di attenzione, la loro richiesta di riflessione e di azione a favore di qualcosa che ci riguarda tutti perché è la terra che ci ospita, la nostra casa comune. Il resto sono solo falsi grilli per la testa che producono guerra, una guerra che sembra benessere e devasta il territorio da cima a fondo con l’unico vantaggio di muovere capitali senza salvaguardare le fonti della vita.
fernanda ferraresso – 8 settembre 2011
I corsi d’acqua sono realtà delicatissime. Spesso, le alterazioni che vengono apportate dall’uomo hanno bisogno di tempi lunghissimi per essere riassorbite e cicatrizzate. A volte il danno all’habitat fluviale è permanente e non può essere recuperato in alcun modo così, pian piano, un pezzetto per volta, si perdono biotopi unici e con loro le popolazioni animali e vegetali che li caratterizzano. E’ il caso del fiume Biscubio in Apecchio, piccolo centro montano della Provincia di Pesaro e Urbino. Circa 35 anni fa furono realizzati degli argini lungo il corso del fiume, all’interno del centro abitato e per qualche chilometro a monte e a valle del paese. Anziché operare nell’area golenale, dove esistevano già gli antichi argini, si trattò il fiume come se fosse un canale artificiale, cioè scavando il materiale direttamente nell’alveo, ammucchiandolo poi fuori. Di fatto il fiume fu costretto nel letto di magra dai nuovi argini e le aree di esondazione naturali furono in parte edificate. L’escavazione in profondità distrusse il fiume. I gorghi naturali furono cancellati, il bosco ripariale raso al suolo, pesci, anfibi e rettili spazzati via. Il fiume per anni assunse l’aspetto di una strada di terra battuta. Poi, in seguito sul sedimento mosso e accumulato in superficie dalle ruspe e scavatori si sviluppò una selva fitta di salici. Dopo 35 anni la ferita è cicatrizzata solo nell’aspetto generale, il fiume come realtà biologica non si è mai ripreso, forse per un recupero totale occorreranno altri cento anni, forse di più. Da qualche anno, durante i periodi di siccità estiva, nella parte interessata all’epoca dai lavori, il corso d’acqua scompare completamente; nessuno ricorda una cosa simile, che appare addirittura inverosimile ai più anziani: lì prima c’erano dei gorghi, e ora solo sassi polverosi.
Ovviamente un corso d’acqua che si asciuga completamente in certi punti, anche per un solo mese, cambia la sua realtà biologica. Certo, oggi esistono pozzi di prelievo che prima non c’erano, ma è solo la parte che fu interessata dai lavori a scomparire mentre a monte o a valle, il fiume continua a scorrere anche nel periodo estivo. Il dramma è che tutto questo non serve a creare una maggior consapevolezza. All’epoca non esisteva il Ministro dell’ambiente. Oggi invece si fanno “valutazioni di impatto ambientale” per poi continuare a fare esattamente gli stessi errori, perché più dell’acqua, più della fauna o del paesaggio e a volte sembra più della nostra stessa esistenza, contano gli affari e le ruspe che muovono la terra sono appunto affari … per qualcuno.
E’ il caso eclatante del progetto per la realizzazione di un gigantesco gasdotto che devasterà quasi l’intera penisola. 700 chilometri dalla Puglia all’Emilia Romagna. Tutto sui crinali dell’Appennino, attraverso le aree più integre del Paese. Una fascia di operazioni da eseguire con mastodontici mezzi speciali, lunga 700 chilometri e larga 40 metri, uno scavo della profondità di 5 metri. Non solo il fiume Biscubio verrà di nuovo stravolto, ma verranno coinvolti tutti i sui affluenti e non solo loro; quasi tutti i corsi d’acqua della provincia di Pesaro e Urbino verranno tranciati nel corso superiore, vicino alle sorgenti. E questa devastazione interesserà varie regioni.
Una follia. Non conta il fatto che i tecnici della Regione Umbria, ad esempio, abbiano detto che in certi casi le aree naturali interessate non saranno in alcun modo recuperabili: comunque si procede. C’è terra da muovere e SNAM rete gas che ha progettato “l’opera” dice che rimetterà “tutto a posto”, e che gli ecosistemi devastati dai lavori verranno “ripristinati”, come se si trattasse di una cantina da sgomberare e rimettere in ordine. Le proteste dei comitati di cittadini, dei comuni, delle province e comunità montane non contano, anzi, magari certi enti aboliamoli in fretta. Si procede prima di tutto con la distribuzione di “perline colorate”, “specchietti” e altri ammennicoli per qualche amministratore o residente in “disperato bisogno” e poi via, avanti si va; tanto poi non ci sono responsabili, come si è visto per i disastri recenti in Mugello: un danno spaventoso e ancora nessun colpevole. E stavolta, chi pagherà questa catastrofe annunciata Signor Ministro dell’Ambiente?
Chi pagherà Signori Procuratori della Repubblica d’Italia?
Gruppo d’Intervento Giuridico, sedi regionali Marche e Umbria
(foto G.P., A.C., archivio GrIG)
RIFERIMENTO IN RETE:
http://gruppodinterventogiuridicoweb.wordpress.com/2011/09/07/stiamo-perdendo-i-nostri-fiumi/
Penso sia una piaga grave, perché il ciclo dell’acqua non comprende solo i fiumi ma tutta la relazione tra i diversi componenti della nostra esistenza, se non avremo rispetto per tutto ciò che è il mondo e la sua natura meravigliosa ma strettamente connessa, non avremo futuro. Annabelle.
PS:Il video è fantastico.
Dovunque ci siano industrie lì c’è inquinamento, ma anche dovunque ci siano città e paesi che non rispettano l’equilibrio dell’ambiente .Si dovrebbe ristudiare tutta la gestione delle installazioni e fare una diversa pianificazione territoriale in cui non la velocità dei trasporti ma la salute dell’ambiente e nostra siano gli obiettivi, altrimenti tutto finisce con l’essere una bestia che ci morde alla sprovvista e quella bestia sono i nostri errori di valutazione, credendo in una economia che sbaglia a conteggiare i profitti del capitale monetario come cose importanti.Eco-nomia, lo dice la parola, ha echi in tutto ciò che ha un nome comune e noi riassumiamo in VITA
Il video è davvero bello e l’ho ascoltato più volte perché è ciò di cui abbiamo bisogno anche adesso. Grazie.Virginie