Marika Bäumler
Per l’ infanzia possibile, per la grande
vita improbabile. Per l’amore.
.
Già morti. Non ancora pianti. Vecchi. Miei vecchi
senza rotazione, defunti guerrieri della carne sospesa.
E ora malati, nudi fra le mie mani nella casa abbattuta
dove ancora insiste la guerra.
Sopravvivere alla vita. Un vero talento. Una cosa voluta.
.
Scrivo per fare una palla, lanciarla appesa al cordone.
Il rischio è di morire.
.
Marika Bäumler
I
La casa occupa lo spazio di un feto abortito, il chiodo ancora piantato
nel calcagno. Da un mobile all’altro, il letto, i fornelli lanciano voci,
i più grandi silenzi.
Nell’angolo la fiera ringhia. E’ ancora viva.
.
Marika Bäumler
II
Era secca l’alba che si apriva sul tetto; cani e grandi ustioni fra i sassi in cortile.
Poveri! poveri, come si era felici di stare confusi alla brace, al solo
rumore di termiti nel legno fracassato. Una cura.
.
Marika Bäumler
III
Loro due.
Senza baci, senza semi. Due unici quasi perfetti.
Lui: nero capo che batte danaro contro durata,
un gioco all’ultima spoglia per una vita più lunga più viva più
costosa di un anno senza. Sfama una greppia colma di paura.
Il prezzo è la mancanza. Tutto contro niente, un equo scambio
per un folle.
La troppa fatica del suo stare saldo fra il respiro e il burrone lo resero calvo.
Nessuno dubiti della sua fe-li-ci-tà: non è la bellezza che conta!
venti trenta quaranta
milioni di anni! Punta in alto l’ometto: l’eternità è un meritato traguardo.
.
Marika Bäumler
IV
Una luna e i suoi crateri saltellavano fra i denti della madre.
Lei acconsentì alla strage.
La devozione era la sua fortuna. Come una eva brillava
fra i rami della casa. Un frutto per gli uccelli. Un sicuro
arresto cardiaco.
A gancio fra lo squarcio e il roseto, un massacro quasi completo.
.
Marika Bäumler
V
Nero. Più nero il suono secco del cuore avanzava anno con anno.
Amore non alzava l’orizzonte anche se era urlato chiaro il nome.
Il corvo prestava attenzione alle pose da assumere.
Tutto calcolato. Meno Dio.
.
VI
Una fragile ossatura, un palco a forma di casa, un occhio smarrito: centro!
E ora che il nodo è rovescio, rifai il verso, conta i guaiti lasciati lungo il sentiero
come calce prima del sacrificio. Poi conta le vene. Meno una.
E’ nato un bambino.
Le gambette correvano svelte a tastare la tana.
Di sabbia. Di acciaio. No!, di lana e tempo.
La lana fu presa da bestie ormai morte.
Il tempo dalla sua stessa vita.
.
Marika Bäumler
VII
Era una casa piccina.
Quattro per quattro.
Meno uno.
Zero appuntito.
VIII
Il giorno era scuro. Il cielo scomparso. La notte senza mai pace.
Il vento era nei muri. Nelle braccia che sbattevano come rami.
La casa colpita e colpita come una frasca.
Bambini, scodelle, uncini: tutto cadeva con un rumore bestiale.
Un cuore solo frullava come un volo di uccelli.
Frrr… Frrr… Ma dentro quel vuoto di intenti nessuno riusciva a cantare.
.
.Marika Bäumler
IX
E tutto doleva in quel luogo distante.
Dolevano i prati che spiovevano a valle senza fine.
Dolevano le mosche e le loro cacche.
Doleva la tenda scossa dal vento.
Doleva il prodigio della televisione che spediva bzzz bzzz nello spazio.
E alla domenica le campane facevano un don che batteva
duro dentro le teste. Batteva. Batteva.
X
Di piangere nessuno era capace. Il riso era una smorfia
tirata da un punto all’altro del balcone.
Sul balcone, un geranio. Rosso. Carnoso.
E l’estate sembrava una grande estate.
XI
Dritto come un fuso il destino frugava nel sacco dell’immondizia.
E immondo era il cortile, immonde le scale della legnaia, immondo il pane e l’acqua.
Ma c’era un chiarore che bucava quel niente corrotto, candido come un bucaneve.
Un corpo discreto insisteva come un insetto sul naso.
.
Marika Bäumler
XII
In un sogno era piccina.
La madre dritta su un carro percorreva la strada di sassi, vestita di bianco,
come l’angelo in chiesa vicino all’altare.
XIII
Il sacrificio è qualcosa che viene portato.
Come un vestito. Un dono.
.
Marika Bäumler
XIV
Fratelli come chiodi piantati nel sangue.
Ruggine e legno non fanno Gerusalemme.
La vera indole viene fra odore di latte e accette sui travi.
Corpi mastini mostrano i denti, ringhiano fame di monti inesplosi.
XV
Il cerchio si chiude. Stretto buio che sfugge al calore.
Chiusa la bara il respiro si disfa, fa grumo di cenere nera.
Nessun luogo è salvo ora che morte ha stretto le braccia, ne ha fatto
funi legate a marcire il corpo offeso dal male.
XVI
Sepolto, solo, dove la mano insiste nel vuoto.
Casa era semplice odore di mucca.
Era campo l’inverno.
Voglia di pianto e perdono.
Ma assale il tormento, solitudine.
E sei perduto.
.
Marika Bäumler
XVII
La tomba è senza lapide. I fiori
morti dentro un catino corroso.
Non è questo il luogo del riparo.
Il fuoco arde troppo nero.
La candela è spenta.
Gli occhi cercano terra.
XVIII
Qualcosa deve accadere. Un luogo dove avvenire.
L’accesso risuona da qualche parte, potente.
XIX
Nel nero, nel plasma che tenta l’abisso.
In nome di padre, in nome di madre, del terzo fiato che lega.
.
Marika Bäumler
XX
Malattia, hai volto amore.
Fragile corpo, ecco le mie mani.
Vita offesa, questa la salvezza.
Io che tu hai ingiuriato.
Io tuo
padre, figlio
io solo
mortificato cuore
mancato amore.
XXI
Perdono alla vita che non mi ha confortato.
Perdono alla gioia che non mi ha liberato.
Perdono alla bellezza, alla dolcezza, al pianto.
Perdono al seno che non mi ha cullato.
Perdono al canto che non ho udito.
Perdono ai monti alla pioggia alla neve.
Perdono alla grazia.
Perdono alla pena.
Perdona me morte.
XXII
E ora salvami luce uterina.
Esistono ancora i prati per le cacciagioni
dove nascono radure su cui stendere veli.
Lascia che la belva si tolga le vesti,
passi sul corpo morto dei viventi.
.
Marika Bäumler
grazie Fernanda.
il tuo abbraccio è grande, mi porta il cuore.
i.
Non ho aggiunto letture o recensioni, ho portato le argille dei corpi, la plasticità delle forme, nel perfetto silenzio, che la scultrice belga,scelta per accompagnare i tuoi testi, testimonia. E’ questo il modo con cui ho scelto di portare anche agli altri l’incontro.Ti abbraccio sì, un abbraccio grande, dico il mio grazie a te, per la generosità con cui offri la tua poesia. ferni
mi piace la scrittura di Iole, mi piace lo scavo che fa con le parole, la carnalità con la quale consacra questo suo esporsi. c’è coraggio in questa poesia, la forza che viene da chi sa mettersi a nudo, la stessa che fa dire:
“Sopravvivere alla vita. Un vero talento. Una cosa voluta.”
una forza che pesca dal ventre della terra, della madre, dal dolore e si fa preghiera tra i vivi e per i vivi, cura e sostegno là dove tocca e fa male.
salvo questi testi e ringrazio Iole e Fernanda per questa profondissima lettura.
(molto interessante anche l’accostamento delle sculture, ferni, so quanta attenzione metti in ogni presentazione)
un abbraccio a voi,
Anna Salvini
l’uomo presentato, denudato, esposto
un racconto inconfondibile, potente, che incide, che soffoca, taglia e toglie gli orpelli e le scuse fino alla richiesta del perdono
grazie Iole
grazie Anna e Elina.
non so se c’è coraggio.
c’è bisogno, quello sì.
grazie per la condivisione.
iole
se negli altri i miei commenti sembrano lapidari, qui perdo addirittura le parole per tanta bellezza e grazia e forza, che immagine e parola non al margine creano insieme dispensando una visione grande della vita.
Grazie, tornerò a seguirvi. cecilia