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– mi avevi detto – sono molte
le cose a cui non sappiamo dare il nome le cose
sembrano non trovare un luogo dove stare
un confine lungo cui sostare
non solo espatriare
espatriare sì perché le cose si spandono si travasano
legando in noi quel loro filo senza capo né scampo
facendolo fiato della nostra vita. Ma
solo una percezione raffinata dal tempo vede e sente.
A nulla porterebbe dire. Nessun alfabeto in quell’inizio
spiegherebbe a noi chi siamo e chi sono loro
le cose che incontriamo. Non si scioglierebbero i nodi
che fanno arco oltre la luce da parola a parola
in quella discesa ripida dentro la voce arcuata della nostra terra
nel cuore della casa in noi che presto lasceremo e cercheremo poi
molto più tardi per prepararci al salto senza equilibrio.
A piccoli passi nei banchi di una memoria incorrotta
tocchiamo le parole cercando il sentiero che porta alla nostra vera voce
la voce dispersa nei cunei dei sogni dentro un mondo
che vive di noi e ci oltrepassa un luogo senza sosta che si inoltra
cavalcando la montagna del tempo non nostro
scavalcando il remo della bocca dello spazio per scavare in noi
l’acqua di una fonte trasparente dove colmare la sua sete e fare
della vita un’acuta somiglianza tra l’ ombra nascosta e
un chiarore che spaventa e la bellezza si impicca
alle dita cucendo fiato con fiato i nodi della carne nei confini ciechi e sordi
del luogo senza luogo.
Abitare la dimora dei fuochi dei grandi terremoti
questo noi facciamo in una terra arsa dal pensiero che straborda
lungo i pendii di un’anima opaca d’ineguagliabile altitudine.
E dove più dura la pietra ci affila più brucia l’intricato rovo del sentire
l’uncino a cui agganciamo l’amo che ci tiene in bilico
sul bordo acuminato del cammino.
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camminando tra le righe di una lettera di Iole T.– f.f. 31 gennaio 2011
la poesia che mi fa bene è quella che incontra similitudini.
che mostra, in un ritorno continuo, bagliori di quello che si è.
e lo fa con sorpresa. e gioia. incanto.
grazie.
come avrai capito benissimo,la lettera era tua, me l’hai scritta qualche tempo fa e l’ho partecipata toccandola con il corpo tutto, non solo la mente.
Ci sono ponti tibetani e funi, nodi e bagliori di uno scoglio in cui approdano i migratori da più parti del cielo, del vento e il mare non smette di attraccare le sue tante creature, che difficilmente vengono a galla, ma rilasciano nelle correnti parti di sé, non meno vive.Ciao Iole,f