Quando leggo i testi di Umberto Simone sono certa che mi metterò in viaggio, anzi, leggendolo, mi rendo con chiarezza conto che non sto facendo un viaggio ma io stessa lo sono e con me tutti i viaggiatori che ci hanno pre-ceduto il posto, sedendosi accanto a noi con le loro storie del viaggio, un movimento interno all’uomo, al manufatto creato attraverso un’opera che è operato e fatto, sogno, disegno e canto. E c’è, in ogni luogo di Simone, uno scorrere d’altre acque, non solo sorgive o fluviali, ma storiche, anagrafiche nel senso concreto del termine, poiché noi tutti traiamo le nostre memorie nelle profondità e tra le rive di quelle acque, tra quelle terre, emergendo noi come scogli o galleggiando come giunchi o foglie, che dalla storia d’altri formano le nostre pagine. C’è un corrersi incontro, un trasmutarsi dentro, come acqua in altra, acqua della stessa sostanza, e di seme in seme, nell’involucro ovario della vita, raggiungendo la riva, cioè quel volto e quel corpo che, sembra a noi, solo ogni “uno”, individualmente, fiorisce, sembrando così a se stesso e agli altri un essere unico ed irripetibile.
Invece l’acqua, trascorrendo, mostra come tutto e tutti nella medesima storia siamo, nell’andare, il bel viaggio, dentro cui ci svegliamo, forse credendo d’essere ora questo o quello, dimenticando ogni volta l’inizio e la fine, perché non ha e non è che in-finito la storia, declinazione di un verbo che s’incarna e poesia, seminandola di oggetti e ombre, ogni volta diffonde.
f.f.- 28 dicembre 2010
IL BEL VIAGGIO
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Nel canestro di giunchi mi depose,
ne sigillò il coperchio col bitume
e alle onde mi affidò – non affondai,
c’erano Dei sulle acque, fra le canne,
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invisibili dita ed immortali
aliti mi insegnarono il bel viaggio,
scansando i gorghi, scandendo gli scogli
in varchi lisci, pettinando in flussi
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cullanti le correnti irte di schiume:
dondolai, piano, mentre ormai, lontano,
il mugghio delle rapide svaniva
oltre un aureo ronzio di calabrone
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fra i calici dei fiori sulle sponde,
o era il fiume, il gran fiume, che faceva
le fusa, tigre sazia a strie d’aurora,
pigro pitone lungo ali di liane.
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Ma dove quella quiete fu più quieta
le presenze scomparvero, che a riva
m’avvicinassi solo, come solo
s’addentra il seme verso il punto esatto
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da cui in estate scoccherà la spiga,
e non si sa se sia fato o baldanza,
e non si sa se sia speranza o istinto,
e intanto ogni anno il grano al vento danza.
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E poi, la sabbia in una pozza soffice
come un secondo grembo m’ha ospitato,
e barbuto ma buono, come un nuovo
padre, un cespuglio s’è sporto a tenermi,
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perché il canestro fosse ritrovato,
perché la buia pece fosse sciolta,
perché nascessi un’altra volta, io, salvo,
io eletto, io ancora mezzo addormentato
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PENTECOSTE
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Non è una colomba, lo Spirito
Santo: è un astore, che piomba
come un piccone sul cranio di agenti del dazio
o pescatori di lucci o lontani cugini del Gran Sacerdote,
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finché insorti ne schizzano getti
in tutti gli idiomi, in tutti i dialetti,
dal vorticoso argot degli inferni
all’arcano esperanto del sole –
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da Dante a Yeats, da Rumi a Kavafis,
da Saffo a Whitman, da Burns a Rimbaud,
tutte le cetre che masso su masso
fondano Tebe, tutte le trombe
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che muro dopo muro frantumano
Gerico – lingue di fuoco e fuoco
di lingue – folgori e sillabe –
e la carne che si fa Verbo.
“…Ma dove quella quiete fu più quieta
le presenze scomparvero, che a riva
m’avvicinassi solo, come solo
s’addentra il seme verso il punto esatto
da cui in estate scoccherà la spiga…”
Di grande bellezza questi versi, un autore che avevo letto tempo fa,credo, quando ferni lo aveva presentato, in un altro bellissimo viaggio.
La poesia di oggi ha un grande tormento dentro e spesso manca di un soffio di tregua.Qui c’è, e serve per trovare un passo adatto al cammino. Grazie, Rosalba.
Due testi di grande ampiezza espressiva, mi hanno condotto attraverso il tempo e lo spazio da cui la parola fiorisce e da cui resta modificata,attraverso l’abile capacità di sognare dei poeti.
Non ho scritto nulla,ma ho letto tutte le proposte di questo sito. Mi hanno fatto molta compagnia, oltre che riflettere, i testi pubblicati per Natale. Ora questi, aprono mente e cuore in un periodo in cui la cultura sembra l’ultima cosa di cui interessarsi e la poesia l’ultimissima parola a cui porre orecchio. Ringrazio per tanta colta raccolta di versi, per la sintesi emotiva che in essi si può sentire, come un profumo, un’essenza rara.
Silvia Veluscheck
Bellissime. Lette e rilette con grande piacere. Grazie. Cecilia
Vi ringrazio per la lettura, non so se Umberto sia ancora ammalato e per questo non si affaccia a questa finestra. In ogni caso gli ho inviato i vostri commenti. ferni
Effettivamente sono ancora un po’ malandato e quindi arrivo solo ora. Mi scuso per il ritardo e ringrazio voi tutte (e specialmente te, cara Ferni) per le vostre belle parole. Umberto
non so perchè ma il viaggio mi ha portato qui, nella mia terra di Puglia
grazie
Elina
CIAO UMBERTO! Felice di trovarti qui, avevo sperato che tu ti fossi alla fine rimesso in sesto. Vedrai non tarderà a venire,la tua guarigione completa, e potremo fare festa. Ti abbraccio e ancora grazie per la tua poesia.ferni