.
Si dice persino di un luogo: – …ha dato i natali a… – intendendo il luogo d’origine di qualcuno, la terra da cui ha preso vita una vita. Eppure, chiedendo a qualche autore di scrivere relativamente al natale, non sempre si è avuta una risposta che includesse una lettura diversa da quella a cui (ci) siamo legati pensando a questa parola.
Natalità infantile: è un argomento importante in una società come la nostra in cui nulla sfugge alla programmazione. A ben guardare persino il Natale liturgico non sfugge a questo genere di calcolo.
Anzitutto bisogna dire che la data esatta della nascita di Cristo non la si conosce e la Chiesa ne è consapevole , ne è sempre stata consapevole. Mentre infatti la morte avvenne il 7 aprile del 30 d.C., data corrispondente perfettamente alle indicazioni del Vangelo, e quindi il giorno della risurrezione è il 9 aprile., per il giorno della nascita non si possono azzardare che ipotesi. Tuttavia, come è risaputo, per la Pasqua la Chiesa utilizza il computo delle fasi lunari, che comporta che il giorno della Risurrezione sia sempre di domenica, il dies Domini. Per il Natale invece, non essendo mai stato celebrato nei primi secoli come ricorrenza, si è persa la data esatta, sempre che qualcuno degli apostoli l’avesse conosciuta. Quando perciò la Chiesa dovette decidere un giorno per celebrare tale festività cercò tra le feste pagane già esistenti quella più importante e contrappose ad essa la festa di carattere cristiano, con l’intento di estirpare le tracce delle precedenti religioni e la loro memoria. Scelse abilmente il 25 dicembre proprio perchè quello era il giorno della ricorrenza del Dies Natalis Solis Invicti, cioè il Giorno della Nascita del Sole invincibile. Per la chiesa e nel linguaggio biblico tale giorno prende le caratteristiche di Cristo. In oriente dove il Dies Natalis Solis Invicti non esisteva, vi era però, al 7 gennaio, la festa della Luce, e quindi lì si scelse di celebrare il Natale quel giorno, seguendo la tradizione giovannea per cui alla nascita di Cristo era legato il detto: ” Veniva nel mondo la Luce vera” (prologo Vangelo di Giovanni).
In fin dei conti è tutta umana la vicenda che dà i natali al Natale e per questo motivo dovrebbe essere sentita come patrimonio comune, nel senso dell’appartenenza comune alla nascita, una nascita che ci porta alla luce, anche attraverso le storie che le parole cuciono. Poi, certo, c’è chi crede e chi non crede, ma non è questo il problema. Ci sono molti giorni a disposizione per festeggiare la vita, questo è uno dei tanti, legato alla luce, che a tutti è cara e a cui tutti cercano di fare riferimento, persino per fare luce sul natale, la natività, la nascita e molto, molto altro ancora, non esclusa la notte,con tutte le sue declinazioni e accezioni. Dove si propaga la luce se non in una profondissima notte cosmica? E anche se tutto, poi, si torce e ritorce in un fuso di lana, che è sempre la stessa inestinta questione, che tutti ci riguarda, comprendendo ogni essere e ogni cosa, l’asse del Natale mi pare sia ancora il gesto e l’ostinazione di filare una domanda:
– Chi siamo e da dove o da chi abbiamo avuto i natali? –
Credo che mai come ora sarebbe necessario interrogarsi su questo, e sentire come queste domande siano un’origine accomunante, invece delle solite divisioni che non risolvono equazioni di nessun genere, e fortificano le barriere, le dispute, le asperità e gli scontri. Dire che non ci piace il natale è come dire che non ci piace l’essere qui, l’essere nati, l’essere, poiché non si nasce una sola volta ma tante, innumerevoli volte, anche se a noi fa comodo avere una data di nascita, in fondo ci lega a qualcosa di stabile, è un fissante per non rischiare di perdere, in queste labirintiche non conoscenze, raccolte in biblioteche gigantesche e religioni o ideologie come forzieri, quel poco sapere che da noi stessi abbiamo scritto su di noi, ancora oggi con gli occhi chiusi, al pari di un bambino, di quel solito seme ancora infante.
I propositi che con questa raccolta ci eravamo posti sono leggibili qui . Il percorso che ne è nato, sistemendoli secondo un ordine semplicemente alfabetico, è leggibile qui di seguito.
A tutti coloro che ci hanno inviato il loro testo un profondo grazie, la parola è stato un luogo dove trovarci.
A tutti coloro che ci seguono e ci leggeranno
UN GRANDE E SENTITO AUGURIO DI BUON NATALE.
da CARTESENSIBILI e IL PONTE DEL SALE
.
I
Mandarini, arance, candeline rosse in alto
fra il verde dei rami di abete, profumati
Cesto di paglia sotto e
dentro 6 pastelli colorati, un piccolo album da disegno
e i miei pochi anni
Sfere di vetro di murano, angeli argento su nuvole di rafia bianca
fra i rami di finto abete, pare vero, senza odore
Si accendono senza sosta apparente i piccoli lumi a rincorrersi e
sotto pacchi, pacchetti
e i miei molti anni
Regali già ricevuti, già posseduti, già visti, neanche desiderati
e in tanti colori, carte scartate, affetti frettolosi,
il desiderio di sei pastelli colorati rimane dentro
*
Api-Non era terra d’agrifoglio
Non era terra d’agrifoglio, la nostra,
e il nonno, col suo fazzoletto a mezzadria,
profumava l’unico armadio di melecotogne
.
qualcuna appesa sull’abito conservato
per il giorno della sua morte,
altre due sulle bluse di nonna,
per addolcirne la sua smorfia ruvida,
come le sue mani
.
ma arrivava il giorno del melograno,
frutto succoso, rosso rotondo
scambiato con patate d’altri campi,
per il gocciolare dalle labbra di tutti noi
.
ne tagliava spicchi uguali
senza badare alle età diverse di noi nipoti,
tutti, quel giorno, succhiandone i grani,
possedevamo il paradiso a forma di perla
.
ed io andavo in giro, senza pudore,
col vestitino pesante appena cucito
dall’estrosità di mia madre
sotto l’ombrellino pieghevole
che mio padre portò, solo per me, dalla città grande
.
nascondevamo il riso
nella notte di noci e fichi secchi,
nella penombra della piccola cucina dei nonni,
a loro stretti, a loro grati
per le candele accese, il fuoco del camino,
il succo sbavato come rossetto di signore
.
ora, il melograno, lo trovi solo sulle bancarelle.
*
BalsamoFrancesco-questa pagina bianca
Vi ho scritto questa pagina bianca,
è una fitta nevicata in pieno petto,
è la bianca ronda dei pensieri,
è il battito del quaderno
se vi poggio sopra l’orecchio
vi ho scritto questa pagina bianca
Perché prima di niente è solo neve,
e sembra cadendo dire pardon,
ma voleva dire niente
vi ho scritto solo questa pagina bianca
anche se forse non si riuscirà
a trattenerla a lungo,
Ma è questa lanugine degli eventi,
sono questi contrattempi degli anni,
i fiocchi dei pomeriggi,
i piccoli pugni stretti dei cuori.
.
da Ortografia della neve–2010
*
Prendono corpo i fantasmi
hanno la fretta di chi segna tacche
sui muri della legge
Borsellino scrive col sangue suo
col sangue dei suoi custodi figli
di un’Italia minore
.
e sulle vie dell’edera mafiosa
s_loggiata_mente
pulsa il cuore massonico le vie
del biancogiallo regno d’anticristo
.
sfogliano leggi come crisantemi
e marce funebri
mugghiano leghe farfuglianti e sbilenche
pupazzi a zanne panoramiche
su stolli di cadaveri
quando l’acido è poco e il corrosivo
morde solo bambini
.
come siamo arrivati fino a qui?
.
Ero nata che i passi li segnavano avanti
nuovi Padri
si facevano Leggi in armonia
e la giustizia ancora
era uguale per tutti
oggi si scalza ad alabarde e cupole
si sorregge lo strascico a chi posa
il suo marchio di fabbrica al paese.
Bi_sogna che il diritto sia corona
e ius primae noctis
sull’imene d’Italia.
.
Popolo di poeti e puttanieri
di santi e stupratori
viaggiatori di slum da casa nostra
a cosa nostra
ci vorrebbe un Escher nero su bianco
a disegnare la follia dei lordi
il travasare uccelli in ostensorii
e longa manus
unire transatlantici e tiare.
.
Fantasmi di un Natale da venire
di Cristi mai risorti
possiamo solo trattenerli a mente.
*
BragagniniDoris Emilia-L’albero e la mela
l’albero eri tu (credevo)
la mela rossa, legata con un filo
appesa ad aspettare i morsi
solo un desiderio da sfiorare
le mani bloccate, pergioco sparite
.
nella notte in cui – tutto può accadere –
.
vicine le bocche, nel sorriso e nel – taglio –
ma una scorza già dura per spaccarsi alla vita
in fondo non è stato troppo
recidere luci d’affetto candito
gingilli e – casette – protese dai rami
.
di polpa in corteccia hai scoccato la spina
che importa, mi nutro di chioma, la fingo per fede
di un pallido muschio, il solo attecchito, moncone insoluto
distacco congiunto in punta di stella o – bagliore di lancia –
“il sangue gronda a nord sotto i cartoni, e la mia solitudine”
*
.
Il prato muta in crine
il cielo dov’era il sole
la bambina scalza
di ombra in ombra s’allontana
la luce in fondo agli occhi
.
Insegnava la fronte
le palpebre le labbra
al tocco delle dita
inventava una nenia
di Natale e anch’io nascevo
*
Centofanti Fabrizio-Annunciazione
dalla finestra la testa dell’angelo
di cartapesta
si affaccia dall’ottagono
l’uccello immobile si china nella tenebra
dell’ultima chiamata possibile indicibile
muto la guarda
si convertono
solo spazialmente su piani paralleli
il pavimento obliquo ci avvicina
a un natale giallo ocra inverosimile
come pianeti opposti attraversati
da un udibile silenzio
un arrendersi al sensibile
la gonna cade fra trapunta e tenda
eskenosen
lui scrisse ma non era prevedibile
si volse intorno le mani sulle gambe
dalla finestra un angelo s’arrese
chinò la testa
e scese
*
Cerrai Giacomo –evviva, è aria di festa!
qualche nebbia di prima mattina
come un’inefficienza del tempo.
In questa dimensione confortevole
(ovatta o semplice ottundimento
di sensi, l’accontentarsi
d’una vista corta)
le feste precipitano in una tramoggia feroce
una sconfitta che si accetta
purché sia finita
e lenitiva.
Nessuno ci restituisce niente,
dei regali. Qualcuno è assente, il senno di poi
ancora da scartare,
qualcuno è già morto.
E fuori, su abeti declassati,
il niagara delle luci ridicolo impallidisce
sul mugugno di tasche scucite e avare
e convenevoli lo stretto indispensabile.
In questo trattenere il respiro
tra vuoto e amabili desideri
e l’effetto sedante
degli etili,
leviamo un pensiero ai cazzi nostri
e prego le luci non rischiarino
là in fondo in fondo ombre
insostenibili onde
di buon proponimento
certe risibili scuse…
.
dicembre ’06
*
Ciancio Maria Pina-Intermittenze colorate oltre
Il natale anche così…
.
Si riflettono sui vetri gli addobbi
e le stelle intermittenti di natale
.
Dentro è buio
.
Nella stanza, una vecchia senza nome
culla tra le braccia una bambola di pezza
e un sogno appeso da vent’anni
al chiodo del camino
.
Tutto passa e accade come sempre
come ogni sera
la mollica masticata sulla panca
il fuoco che si abbassa
il fazzoletto largo stretto in testa
la vita che si arrende al sonno e trema
.
Dentro è buio
.
Resta l’intermittenza
e le stelle colorate oltre i vetri
.
oltre
.
Novembre 2007
*
Cirinnà Cettina Lascia-Ai potenti del mondo
Quest’anno sotto l’albero di Natale
vorrei trovare un piccolo e unico dono prezioso,
eccola appare come per incanto
una bacchetta magica
che si posa nei vicoli più squallidi
e bui di questa città che non si meraviglia
della crudeltà degli uomini abbandonati al loro destino,
con un tocco leggero tutte le ferite si rimarginano
in tutti i balconi, in tutte le finestre
appaiono fiori colorati
che fanno da cornice alle case
sembrano quadri appesi alle pareti del cielo
e un carosello di colori e di luci
si riversa in ogni angolo di strada
e invade tutto il firmamento: è Natale
*
E Maddonna
E Maddonna este jennònta,
‘tì irte ce ‘on èdizze t’astèri
ce tris maggi pu ‘on ichan’ donta
fèran’ lìvano ce mirra.
Fèran’ lìvano ce krusàfi
ce ta offerèzzane ‘s to Pedàci.
E Maddonna es orazziùna
klèonta etòri to pedì:
iche cini ti furtuna
sti cilìa-tti na nkarnettì.
.
La Madonna
La Madonna stava partorendo,
ché lo aveva annunciato una stella
e tre magi che l’avevano vista
portarono incenso e mirra.
Portarono incenso e oro
e lo donarono al Bambinello.
La Madonna in orazione
guardava commossa il suo bambino:
aveva avuto la fortuna
che si incarnasse nel suo ventre
*
Pa’i trozi ciari del siél
Mïari de fiochi sgurla sot al feràl,
sbiansìga de nóu i curtìvi ’l Nadal.
Drìo le lastre naseti fracadi tan bel
i lo speta rivar pa’i trozi
i trozi ciari del siel.
I pica de sono ma durmìr no i vol:
“Óu lassène, mare, un ninìn al svol
de sta neve sóra la vìla vardar,
lassene ’ncora un fiatin ’nsuniar”.
Ta quela note cruda xe nassù un Sol,
de quela note gnissun starà bassol;
de ani anori quela luse uncora
su oni crïatura dolsa la spiandora.
Mïari de fiochi sgurla sot al feràl,
a pian al sbiansìga i curtìvi ’l Nadal.
De nóu garzoneti cun lori tan bel
lo spetemo rivar pa’i trozi
i trozi ciari del siel.
*
Dai chiari sentieri del cielo
Migliaia di fiocchi vorticano sotto il lampione, / di nuovo imbianca i cortili il Natale. / Dietro ai vetri nasini premuti, / lo attendono arrivare così bello dai sentieri // i sentieri chiari del cielo. // Cadono dal sonno ma non vogliono andare a dormire: / “ Dài lasciaci, mamma, un poco il volo / di questa neve sopra il paese guardare, / lasciaci ancora un momento sognare”. // In quella notte fredda è nato un sole, / da quella notte più nessuno sarà solo; / da tantissimi anni quella luce ancora / sopra ogni creatura dolce risplende. // Migliaia di fiocchi vorticano sotto il lampione, / imbianca lentamente i cortili il Natale. / Con loro, tornati bambini, / lo aspettiamo arrivare così bello dai sentieri // i sentieri chiari del cielo.
(Vintinove de dessènbar, domiliesié, 29.12.2006)
.
San Nicalò
Lusóri par fóra tornémo picàr
e ’na luse più granda se torna ’npïar.
La torna ’npïarse ta’l fundi del cór
parvìa che ’l nasse de drento ’l Signór.
Caròbule, pestàci, un bel mandarìn
San Nicalò al lassa cu’l scur s’un piatìn;
e svelt de bonóra vien zò al garzón,
ta la piana i li cata contént del barcón.
“Àra nonu, là fóra, ’na branca de fén:
lóra par bón cu’l mussét lu al vién!
Che bel che sarìe se ’l vién oni séra…
Vistìmose, àlo, su ’ndemo a la Fiéra!”
Lusóri par fóra tornémo picàr
e ’na luse più granda se torna ’npïar.
La torna ’npïarse ta’l fundi del cór
parvìa che ’l nasse cun naltri ’l Signór.
Che bel che sarìe se ’l vién oni séra…
Vistìmose, àlo, su ’ndémo a la Fiéra!”
.
Giorno di San Nicola
Le luci fuori dalle case torniamo a riappendere / ed una luce più grande ritorna ad accendersi. / Torna ad accendersi in fondo ad ogni cuore / perché nasce dentro di noi il Signore. // Carrube, arachidi ed un bel mandarino / con la notte San Nicola lascia su un piattino; / e svelto, la mattina presto, scende il bambino / e felice sul davanzale li scopre della finestra. // “Guarda nonno, lì fuori, un mucchio di fieno: / allora è proprio vero che viene con l’asinello! / Che bello sarebbe se potesse passare ogni sera… / Vestiamoci, svelti, su andiamo alla Fiera!”. // Le luci fuori dalle case torniamo a riappendere / ed una luce più grande ritorna ad accendersi. / Torna ad accendersi in fondo ad ogni cuore / perché nasce assieme a noi il Signore. // Che bello sarebbe se potesse passare ogni sera… / Vestiamoci, svelti, su andiamo alla Fiera!”.
(trenta de dessénbar domiliesié – 30.12.2006)
Nota:
I testi qui presentati non sono poesie ma testi scritti qualche anno fa, appositamente, per essere musicati e poi cantati da una formazione corale, composta da non professionisti, di un paese della nostra zona. L’esigenza primaria era quella, dunque, di parlare del Natale in modo semplice, immediatamente comprensibile da tutti coloro che parlano ancora questo particolare “sermo rusticus” arcaico veneto del monfalconese. Ho cercato di trascrivere, così, le sensazioni che io stesso provavo da bambino quando aspettavamo, pieni di trepidazione, i regali portati non da Babbo Natale ma da “San Nicalò” (da noi tradizione ancor rispettata da molte persone), il 6 di dicembre, quando a Monfalcone si tiene anche l’omonima antica e frequentatissima Fiera. Ricordi di neve che turbina illuminata dal fioco lampione, l’ultimo della via prima dell’oscurità profonda che avvolgeva campi e dei vigneti, di mia madre che appendeva sulla cappa della cucina, dentro calzetti colorati, arachidi e mandarini, le luci magiche del presepe che mi attendevano quando mi svegliavo di notte e non mi sentivo più solo. Mio padre che ci mandava a raccogliere il muschio sulle rive in ombra del canale davanti casa, la farina setacciata sulle capanne, il piccolo mulino, pastori, animali, gli stessi per cui spesso andavo a raccogliere l’erba dei fossi o che vedevo nelle case dei miei amici. Un mondo, oggi, quasi del tutto scomparso, in cui fin da piccoli si aveva la grande occasione di rendersi conto, fino in fondo, di ciò che significa nascere e morire, assistendo al parto della coniglia o guardando i nonni che con dolcezza, accarezzandola amorevolmente, uccidevano la gallina. Con un rispetto nei confronti di quella povera creatura che noi, abituati a gettare nell’immondizia quintali di cibo ogni anno, non riusciamo nemmeno più a concepire. Cresciuti tra i racconti di famiglie di mezzadri cacciate per un capriccio del padrone, racconti di fame e freddo, di guerre, sfollati, di partigiani morti sotto tortura e di operai picchiati perché si rifiutavano di obbedire al dittatore di turno, cresciuti tra mille sacrifici e la gioia e l’orgoglio per ogni piccolo passo fatto in avanti, visto come una forma di riscatto non solo per noi ma anche per tutti i nostri avi che dalla vita non hanno mai avuto nulla. E come dimenticare, ancora, però, quell’allegria contagiosa di cui erano capaci queste persone che avevano sofferto tutto il soffribile? La bontà di quegli occhi di donne spesso rimaste vedove giovani, piene di figli, capaci di lavorare dall’alba al tramonto nutrendosi per anni solo con una sardina al giorno ed un bicchiere di vino? La forza inumana dei saldatori, carpentieri che rimanevano svegli fino a tardi per leggere i grandi classici russi, convinti che solo attraverso la cultura ci si poteva affrancare da quel mondo pieno di ingiustizie che li aveva crocefissi, fin da bambini, alla miseria più nera? Ecco, in noi cresciuti un’ambiente come questo – in cui la Chiesa, i preti non hanno mai avuto vita facile – la nascita del Cristo, la sua storia così simile a quella di tanti di noi, vissuti nell’esilio, nella povertà, strappati alla vita in giovane età per difendere le proprie idee, ci avvolge da quella notte lontanissima ancora nella sua luce. E ciò che siamo stati continuiamo a ricordarcelo tra noi, ogni volta che ci incontriamo, a ricordarlo ai nostri bambini. Per non dimenticare, lasciar spegnere quella fiamma. Per disperdere le tenebre.
Nadal bisiàc: due canzoni per coro ed una nota
dicembre 2010
*
PER LA NOVENA
Nino s’alzava all’alba per la Novena,
pronto per le campane, già impomatato,
faceva entrate dalla porta laterale di Sant’Onofrio
ad uno ad uno i musicanti della banda civica,
avevamo poi insieme un calore nelle orecchie
dai sax, dai bombardini, dai clarini, dai tromboni
cantabili, quello del vecchio Fleri soprattutto.
Uscivamo con la nuova luce ed era tutto vero,
Natale tutto nei giorni prima della festa,
col pane caldo dell’alba e l’olio antico.
*
De Pietro Giampaolo-la voce trema
a testa alta
la voce trema,
piano
prende posto
.
nell’inusuale
incontro
l’aria
freme di silenzio
.
la cantilena
dalla larga veste
fa una riverenza
.
mentre tutto
a testa china dorme
rinverdiscono
foreste
.
e grazie
.
e poi
la sete dei fiumi
e le case dei bambini
l’andatura dei giardini
.
il velluto dei legami
*
Nasce il bimbo ch’è di tutti
– uguale ad ogni altro –
.
e c’è il travaglio di una mamma
– uguale ad ogni altra –
.
e il dimenarsi di un padre
– uguale ad ogni altro –
.
Tutti i misteri dell’affetto
e dell’incompreso
che a cena si dimenticano
e il sorriso dei cugini piccoli
– per un attimo –
me lo fanno ricordare.
.
E i rami spogli e scheletriti
del giorno che non è giorno
ch’è solo grigio e sera presto
e i piccoli fumi
di fuochi domestici che salgono
dai camini alle campagne
– tanti campi di battaglia –
dove tigri antiche son cadute …
.
Ma non c’è tempo
per vederle, non c’è tempo
per pensarle!
– 01/12/2010
*
dolce nome
bella di bello splendore
di un primaverile
fiore adorna
rondini intorno
in mano
il crescente
di luna
ai piedi
il drago
sconfitto
in mente cometa
di soli a venire
un bimbo
di fragile aspetto
limpido
fugge il male
balocchi per lui
le tue mani
e culla il grembo
di paglia il mondo
ora profuma di buono
d’amore maria
*
Ealla Margherita-Neve d’avvento
(augurio)
Fiocchi in cima a monumenti e tetti
giovani su vecchi messi assieme
per sfuggire alla bassa tensione
(quella del filo senza lucine
a contenere nei verdi pascoli il bestiame)
Per terra un po’ di cielo e a Natale
puntare già alla resurrezione.
*
Il mio albero
Porterà il peso
dei morti nel lavoro ,
dei morti per mafia,
dei licenziati
dei disoccupati ,
di tutti quelli che sono senza un tetto
Il mio albero
brillerà
del sorriso di un bambino impaurito
di quello di una donna sola
del sorriso di un barbone infreddolito
perché qualcuno
tenendoli stretti li ha presi per mano
Il mio albero
Non porterà
palline e nastri colorati
regali lussuosi e fronzoli
ma il semplice miracolo
che la natura
quotidianamente ci offre con i suoi frutti
*
Farabbi Anna Maria-natale:verso il presepe interiore
natale: verso il presepe interiore
dice il vento che dovrei seguire l’odore della neve
per trattenere nei polmoni il discorso della montagna
e convocare le lupe attorno al fuoco cantando con loro
quella sciabola lucente che spacca la notte sopra la capanna
.
dovrei chiudere gli occhi e contare le stelle a cuore nudo
con lentezza esatta e memoria
e non chiedermi perché la morte nella distanza cosmica
diventa fosforica
così come la mia preghiera sciolta ora nel carminio dell’aorta
mentre viaggia interiormente viaggia fino a Betlemme
passando per la striscia di Gaza
piede tra i piedi della gente licenziata terremotata profuga perseguitata
povera povera morta morta
deposta tra le tue braccia
.
madonna dell’ombelico che crei la nascita
spalancala in me perché io senta
la potenza del mio intimo vagito
la tensione nutriente del cordone tra te e me
l’energia della gioia profonda profonda sorgiva
malgrado tutto
*
Ferraglia Sara-Il Natale del 1960
Il Natale del 1960
C’era un angolo vuoto nella stanza.
Piccolo spazio dei miei anni belli
E il gelo ricamava con costanza
Sui vetri freddi lunghi ritornelli
.
Nel catino di zinco lei lavava
Usando cenere e solo la sua mano
E quando in casa stanca rientrava
Gliela stringevo e la scaldavo piano
.
A quel Natale mancava solo un giorno
Ed i miei occhi ad aspettar magìa
Guardavo nella stanza tutt’intorno
Cercando l’albero con la fantasia
.
Poi lui entrò, bianco per la neve
Con l’alberello piccolo così
Ricordo ancora quel suo bacio lieve
E l’angolino vuoto si riempì
.
Colmo di caramelle e mandarini
Ma sfavillante come il sol d’agosto
Non c’eran luci, fili e palloncini
Ma solo tanto amore lì in quel posto
.
Angolo vuoto ora nella stanza
Immenso spazio del ricordo vecchio
Dove il gelo ricama con costanza
Rughe sul volto fisso nello specchio
*
FerramoscaAnnamaria-Pianto di Natale
Pianto di Natale
tocca ogni anno in sorte
all’ Abies pectinata </em
avere attacchi d’asma e capelli
strappati
i soliti recidivi glieli hanno
ravviati infiocchettati
shockati
di abbagli intermittenti
ma puntellare
l’affetto familiare
val bene un’asfissia
riaccendere
veri o falsi sorrisi
parole intense o vane
fa comunque alla fine
schizzare dai rami ischemici le foglie
l’aroma affievolisce
l’anima abetica esala
l’ultima essenza
.
Da Curve di livello- 2006
*
FerraressoFernanda-Sto con poche parole
Sto con poche parole
imparate strada facendo
piegate e ripiegate
dentro le storie della gente
parole seminate prima dell’inverno
raccolte come si raccoglie il grano
per farne pane da mangiare e ostie sante.
Sto con parole di legno
che bruciano dentro la stufa
mentre s’intrufola il vento e dissipa le braci che salgono i camini.
Sto con la valigia sempre pronta
e un pugno d’orto in tasca
perché prima o poi
prima o poi
lascerò ogni cosa
prima o poi il viaggio nel mio natale sarà per gli altri
anche la mia storia.
*
Galetto Federica-Era un mattino nevoso
Era un mattino nevoso
Di presto risveglio
Sui vetri la brina crepata
A segni parlanti
In un silenzioso eremo
che avevo riempito
di fiori e bambagia e fiocchi
.
[Sul pino restava una spina infilata]
[Nei fianchi incideva]
.
Di gioia restavano gli occhi
Ma la pazienza premuta
fra ostili rancori
Canzoni mai più cantate
Abbracci mai più stretti
e distanza contenta che s’affannava
in tondo ad afferrare il sereno
Era di gelo quel silente bisbiglio
fra i muri
E insieme la gioia più grande
rideva alle carte dorate
Ai minuti di unione
addobbati da sforzi
da sguardi di sbieco
Era un mattino nevoso
E quel giorno stirava le corde riunite
d’un arazzo smembrato
Ma al centro un cuore gigante
smaltiva le pene
Le tresche infingarde
E l’odio
Le catene
Bambini si torna nel tiepido petto
Si resta a guardare quei fili impazziti
che stringono i giorni mai pieni
Era un mattino nevoso nel sorriso
di un piccolo uomo
creato da Dio per meglio sopportare
i torti
e le manette richiuse sui polsi malfermi
Salvezza è quel risuonare in cristalli
di denti diamanti nel loro splendore
E’ il caldo rinascere d’ una speranza
riflessa nel buio interdire
Separate le membra di ognuno
ora si toccano ancora per attimi appena
E’ questa la magica nota di un mattino nevoso
Natale è Amore
*
Passi veloci, a testa bassa:
fare fare fare, sei in ritardo, testa bassa,
guardi in basso, ma non vedi nulla,
neanche il tuo naso,
non una cosa a caso.
.
All’improvviso un ramoscello bagnato ti sfiora
e ti bagni, inaspettato.
Il mio Natale me lo dice,
a me , che ho il corpo martoriato
tanto da non sentirlo, e basta.
.
Una goccia mi bagna le labbra.
Sospendo i passi,
a testa alta,
e chiudo gli occhi per la lingua.
La goccia mi guadagna
col suo silenzio,
e chiudo gli occhi
e la lingua avanza.
.
Ti assaggio,
fresca, come un ristoro inaspettato.
Ti sento nel sapore della pioggia.
E mi allieta il pensiero di te,
e i tuoi pensieri,
e scorri sulla mia lingua aperta
e mi bagni il palato,
e ancora, ancora,
scorri sul mio seno,
e giù giù fino al ventre così,
scendi
e ti sento.
.
Ti sorrido,goccia di neve sciolta,
levo a te lo sguardo
e ti sorrido:
.
ti attendo nella speranza bella
di un Natale silenzioso
e nella neve desiderata.
E nel dolce canto
della tua goccia di neve
dolce al palato
ti trovo nel pianto.
*
Un’attesa di sabbia bianca si sgrana
strozzandosi nella strettoia
ricomponendo nella metà opposta
spiagge d’un tempo bambino
orme scure e sicure sulla battigia
lambita dalle acque di un ricordo.
Tu ci sei.
Nelle linee spezzate dei palmi delle mani
di destino incompiuto, rotta di volatile
sfuggito alle fucilate del quotidiano
per volare alto in altro cielo azzurro
sereno per quella tua certezza d’un incontro.
Non è dicembre a fare male al fianco
ed il Natale non ha nessuna colpa
se solo io ora resto qui a ricordare
tra lacrime di speranza.
Tu ci sei.
Nel volto del destino che ho incrociato
nella stella che timida si nasconde
ad un cielo troppo vasto che impaura
nelle mani stanche che sto stringendo
prima che faccia giorno e si renda visibile
quella sola ed unica goccia che sta rigando
i nostri volti di segni marcati e grigi
fili esili di un trascorrere inevitabile
geografie di vissuto da raccontare
davanti al fuoco in una notte di festa.
Tu ci sei.
Nel campo di papaveri che sto attraversando
lungo il sentiero dove cantano le allodole
tra i rami forti e gelosi dell’edera amante
tra i raggi del sole che allungano ombre
in questa conchiglia all’orecchio
che rimanda l’eco della tua voce di mare
e del tuo profumo di sale che riscalda
questa attesa che dovrà terminare.
*
Impronta Beatrice-Il mio Natale è un albero di vetro
Il mio Natale è un albero di vetro
Rami di rame intrecciato
Stelle comete sul selciato
Il mio Natale è un albero trasparente
Una sagoma senza profilo all’orizzonte
Un orizzonte senza contorni nella mia mente
Il mio Natale e’ un albero denudato
Carezze di nuvole tra il filo spinato
Il mio Natale e’ un salice ridente
dalla chioma possente
Le radici avvinte dolcemente
mescolate ai misteri della terra sapiente
*
Licciardello Nicola-Desiderata
Elenco dei regali che vorrei per Natale 2010
la fine della mafia al governo
la Fiat fabbrica (con calma) solo automobiline giocattolo
stipendio per gli studenti universitari che cercano un altro modello di sviluppo
la Rai trasmette ogni sera almeno un film dai Festival del cinema in corso
la Rai trasmette ogni sera l’abbattimento di almeno un eco-mostro di cemento
la Rai trasmette ogni sera un documentario su una comunità locale creativa
ai sotto la soglia della povertà e ai detenuti è dato un lavoro utile di manutenzione
*
Natale era quando Maria
aveva tutto il santo giorno
parenti a casa da sfamare,
Giuseppe ricordava a tutti
di cosa era ancora capace.
Totò metteva sotto al piatto
la solita lettera con
promesse di ubbidienza eterna,
ma tanto sapeva che un giorno
sarebbe andato a far la guerra,
a uccidere tutti i nemici,
tornando pieno di medaglie
da tappare la bocca al padre,
a quel dirgli: ma da chi hai preso?
*
Manzini KuschnigDaniela–Ogni segno
Ogni segno
amplissima la volta notturna, si frangono luci improvvise, saettanti rumori
pro(fondi)ssimo il silenzio
stirpe di pastori
nomadi greggi e tende a sventolar
.
deserti
oasi d’ acqua dolce e palme di
respiri verdi
.
le voci antiche frantumate perse
.
ingoiata la lingua
la parola balza di crepa in crepa e sfugge
il nome aridità dell’ aria
.
una culla
sospesa nel sospiro immoto
regge il peso dell’ unico grido
.
che ogni segno contiene dell’ uomo.
*
Every sign
huge the nightly welkin, sudden lights crushing, flashing sounds
deep the silence
.
kin of shepards
wandering flocks and canvas flying
deserts
oasis in sweet water and green breathing
palms
.
ancient voices scattered lost
the tongue swallowed
the word dashes from crack to crack escapes
from the name dryness of air
.
a cradle
hanging from the motionless sigh
bears the weight of the only scream
that every sign holds of men.
*
(venticinque)
di
arance
albero
e
il giaciglio
.
raccolta
intermittenza
degli spicchi
.
(venticinque)
.
come
cometa
inchino
.
: intimo presepio.
*
MinetMarina-La fede nel mercato
Piangono le stelle mostrandosi al Natale
C’è un chiacchiericcio altrove
La fede nel mercato
Confronta vanità da ricambiare
.
Le strenne per la noia
Incartano allegrie
E il Cristo nella stalla
Dipinge già affamato
L’uguale redenzione fra i ladroni
.
Dov’è il Natale scritto
Profumo d’umiltà
Le spese fanno il peso del garbo in apparenza
Santificando il falso
.
Scommesse le preghiere
Abbondano svendute
Sul tavolo imbandito di dolori
E ciechi tutti a dire
L’assolo fra le tasche
.
Delusa la città sfavilla le memorie
La voce della gente morde il cielo
Per ogni augurio perso nell’infanzia
Di quando la miseria riscaldava
.
È il gelo del presepe a offrire ancora il credo
Specchiando la bontà del Re scordato
E le campane in chiesa fanno il coro
Per non morire mute strette a sé
.
Lodiamo la lealtà
Il pane sempre bianco e la speranza
Di risparmiare il cuore
*
Miticocchio Elina -Un giorno ti racconterò
Un giorno ti racconterò
tracce di attimi contati con le dita
ed ore ad aspettare dietro una porta
uscivi all’alba, rientravi che era buio
neppure una nuvola bambina poteva trattenerti
amavi il ragazzino del Luna park per il suo non avere
custodivi la sua voce friabile come pane senza companatico
intanto abbracciavo il racconto di storie negate
con scrittura malferma scrivevo biglietti firmati
affinché tu trovassi favole da raccontarti
mi accorgo del tuo compito d’amore fatto di sostanza
che oltrepassava i comuni confini di una professione
un giorno mi chiedesti di percorrere un sogno
poiché a me veniva facile ed io ti dissi che
non a parole dovevamo farlo ma con il cartone
era la fine di novembre e l’aria cominciava ad essere fredda
incollavamo pezzetti di carta ritagliata e le mani
piccole e calme creavano l’aia, il cortile, la chiesetta
pian piano gli occhi approdavano ad una nuova città
senza bisogno di fare neppure un passo da casa
così per anni tracciamo la Natività.
*
Monaco Maria-NATALE IN VIA DEL CORSO
NATALE IN VIA DEL CORSO
Tappeto maculato a maglie strette
soffitti arabescati di luci
bacheche di doni serrate
a doppia mandata
strilli di musica sconsacrata
rintocchi smorti di campane
odore di allegria condizionata
sbuffi di dolore seppellito
in superficie
pausa di grande abracadabra
per chi non soffre di claustrofobia.
*
Ai margini di un inverno malato, mentre scivoli quieto
sul domestico gelo di ghigni televisionari assatanati
di audience e di share, qualcuno, laggiù, oltre confine,
muore. Muore, sotto fragili travi e muti terrori
o al margine di strade rubate all’urlo del vento.
Muore nel fragore di schegge e sguardi che squarciano
vene di tempo. Di un tempo che senti non tuo, occhio
che non chiede niente, mosca instancabile su tracce cupe
che furono sangue, pensieri, speranze. Muore, fuori zona,
fuori target, oltre i limiti accessibili del cuore. Muore,
per errore, che importa, muore e basta,
lontano dalla porta di casa, dal prato fresco e liscio
del tuo giardino, dall’albero colmo di luci e lustrini,
laggiù, lontano, dove l’orrore è immagine
breve, flash sfocato prima dello spot colorato e carino,
del tuo profumo preferito o del magico bocconcino
che rende felice il tuo cucciolo amato. Eppure, se guardi
meglio, se tieni l’occhio sullo schermo un attimo in più,
senti sulla faccia un tocco, rena inerte che divora i tessuti,
vespa che esplora ossessiva carne e stracci di pelle
e ossa abbattute di schianto sul suolo. E un po’ muori
anche tu, oltre confine, oltre il cancello serrato, in una terra
a te ignota che scopri d’un tratto anche tua, come le vene,
i sospiri, grida e preghiere che vibrano e tremano
nel tuo stesso sole. Muori anche tu, e, per non morire,
per non sbattere secoli infiniti contro mura impalpabili,
ti unisci al grido muto che si leva dalla carne
della terra, squartata, strangolata da milioni
di schegge. Gridi e sussurri anche tu, senza più
pensare se sia esatta la lingua, il verso, la frase,
e quale sia l’angolo, il punto cardinale verso cui alzare
lo sguardo. Perché quando muori dentro, oltre confine,
oltre il tuo confine, ti accorgi che c’è un solo cielo,
un solo sole verso cui guardare.
Un’alba tenace in cui rinascere scrutando occhi chiari,
pioggia, parole, germogli inattesi su un deserto sterminato
di cui scopri all’improvviso la porta, la chiave, l’uscita,
il respiro fragile, immenso di una primavera infinita.
*
Munaro Marco-Malástrana
E tu su Ponte Carlo
e tu nella via dove passeggiava Kafka di notte
rientrando in una delle sue case
con altri come te
ragazzi in maniche corte per la primavera
nella neve, nel vento gelido, che accarezza
la Moldava feroce.
Tu, tra tutti, con i tuoi capelli neri
e il sorriso che mi perde e che è più ricco più di ogni miniera tu
che non c’eri e eri dovunque
anche nel sangue di chi ci versava da bere
Tu che sei nel migliore dei mondi possibili
e hai un respiro un volto
hai pensieri
e voce e parole
che trapassano il tempo
eccoti ridere e giocare su tutto il buio
da cui veniamo e fuggiamo
tra ghiacci kalevaliani
Sei come un brivido che attraversa
tutte le parole
vergate in vividi smalti
e che ora straccio
per essere solo senza nulla più
di quello che avevo pur scritto per te
e che non mi basta non basta
non basta
non ma mi dà la forza di parlarti così – solo
e più forte senza farmi udire
Malástrana
*
Natali Diaolin Giuliano-Nà…dal Nadàl
magari ‘l vegnerà, st’invèrn,
ancora ‘n altra volta,
scondù gió ‘n na tibàna
en de ‘n benèl de fen
li ‘n mèz a ‘n bò che ‘l rùmega
e ‘n àsen da sdregiàr
con lì vesìn na fémena
našùda par patìr,
metèndo al mondo ‘n nèno
par rampegàr na croš
magari ‘l vegnerà, doman,
o ‘n altro di che vèn,
via sota ‘l pònt dei cìngheni
de dent ‘n de na rulòt
o gió ‘n de na cantina
‘ntra gambe dezipàde
de ‘n fior che nó ‘l lo völ
o che no ‘l pöl, de šò,
tegnìrse struch al pèt
‘n arléo che è sol sgninfàde
magari ‘l vegnerà, contènt,
e noi saren al bal
sgolando sule ponte
col nòs amor lì arènt
e tut parerà festa
coi alberi e i lumini
e ‘n bambinèl che ride
e a strozech, dré na stéla
ma ‘l nèno che no arìva
l’è nà dal vèrs sbalià
(1 dicembre 2010)
http://www.diaolin.com/wordpress/mp3/1331.mp3
andato dal…Natale
probabilmente arriverà quest’inverno/ancora un altra volta/nascosto in una casa diroccata/in un cesto di fieno/tra un bove che rumina/ed un asino da strigliare/vicino ad una donna/nata per soffrire/mettendo al mondo un bimbo/perché salga su una croce
probabilmente arriverà, domani/o un altro giorno/sotto il ponte degli zingari/dentro una roulotte/o giù in una cantina/uscendo dalle gambe sciupate/di un fiore che non lo desidera/o che non riesce in alcun modo/a tenersi stretto al petto/un cucciolo che è solo pianto
magari arriverà, contento/ma noi saremo al ballo/volando sulle punte/con i nostri amori vicini/e sembrerà tutta una festa/con gli alberi ed i lumini/ed il bambinello sorridente/aggrappandoci alla stella cometa/ ma il bimbo che non arriva/è andato dalla parte sbagliata
**
doman se sèra…
l’è Nadal mè bèle gènt
l’è Nadal de mandorlati
e de òmeni su l’ór
che i ne crèpa de strangóssi
sconfionandose ‘n carton
sota ‘l pònt de l’Ades sgiónf
l’è Nadal coi ceregòti
tuti ‘n festa ‘ntorn na cuna
a scorlarghe i campanèi
a doi àngioi ‘mpituradi
e doi statue ‘mbesuìde
coi sò òci fisi al ciel
l’è Nadal e faren festa
tuti arènt ‘na bèla tàola
e deför dré i védri grìsi
doi rulòt e ‘l bidon pien
e de bòci ‘n s’ciàp ‘ngremì
che ‘n regàl gramùsa pan
ma se sèra i scuri prést
che è arivà gesù bambin
(17 dicembre 2009)
http://www.diaolin.com/wordpress/mp3/2120.mp3
domani si chiude
è Natale mia bella gente | è Natale di mandorlati | e di uomini in bilico | che muoiono di indifferenza | combattendo per un cartone | sotto il ponte dell’Adige gonfio | è Natale con i chierichetti | tutti in festa attorno ad una culla | a suonare i campanelli | per due angeli dipinti | e due statue inanimate | coi loro occhi fissi al cielo | è Natale e faremo festa | tutti vicini ad un tavolo imbandito | e fuori dalle vetrate grigie | due roulottes ed il bidone pieno | ed un gruppo di bambini infreddolito | che vorrebbero del pane, in regalo | ma si chiudono gli scuri presto | che è arrivato Gesù Bambino
*
Pellegrino Francesca-Venticinque dodici
Arriva sempre con il sole dell’estate
nella bocca
appena ingoiato, fresco di neve, quasi
stanco e appeso dietro la porta
sotto un bacio al vischio
.
e, nell’altra stanza
un albero aspetta
– intermittente di stelle –
la mano di mio figlio.
*
Pizzo Antonella-C’è ancore nel balcone
C’è ancora nel balcone quello dello scorso anno
la primavera e poi l’estate
hanno sbiadito il verde e fatto cadere gli aghi
albero grande nudo e malato, albero piagato
fra i tuoi rami sono rimaste impigliate
due scatoline di finto argento
una stella senza punta in rosso spento
l’ultimo ramo racconta il tuo rimpianto
dura un anno la tua gloria e lo splendore
eri ricco e barocco
oggi sei scheletro occultato
nascosto ingombro
di cui mi vergogno
quadro staccato dalle pareti
traffichini d’anime e di deroghe
assessori e imprenditori
nomi eccellenti e direttori sanitari
assistiti e nominati
per estorsioni condannati
amici e conoscenti
pezzi grossi e manager
contumaci
avete tutti nel balcone il vostro albero.
*
Di qua in poi rovinano le cose
sulla smemoria di mia madre fino
giù in quel burrone dove si è gettata
la zia Adriana il quindici di Ottobre
( che roba là alla camera mortuaria
tra quelle salme stoccafisse e il pianto).
Viene Natale, nevica perfino
ci trita il tempo (quel che è stato è stato).
Avrai -tranquilla-sotto il pino acceso
il mio cuore di legno compensato.
*
Sposa bambina
sposa di un vecchio
madre di Dio.
Nella grotta il dolore mi morse
come un cane randagio.
Le ossa incrinate, il ventre squartato
mentre gridavo al cielo e chiedevo pietà.
E nacque. Mia carne.
Eppure non aveva i miei occhi,
e non aveva i suoi.
Ma il latte sgorgò tiepido e bianco
e lui già non fu il Salvatore,
ma solo un bambino
ed io,
fui solo sua madre.
Io sazia d’amore. Lui sazio di me.
Io madre, lui figlio.
E in quell’attimo anche Dio attese nell’ombra.
Attese in silenzio,
lasciandoci soli.
Da: Inanna, 2006
*
Rosa Silvia-DICEMBRE VENTICINQUE
DICEMBRE VENTICINQUE
Dicembre venticinque giorni
a ritroso
contavo i chicchi di neve la somma
di zucchero spolverato sulle strade
asfalto il peso esatto catrame
un mucchietto di gelo montato
in spuma di ore venticinque
una di attese da raccogliere spillare
tra le luci intermittenti che schizzano
gialline tutt’intorno malinconiche,
il mio dono la tua barba bianca
– bianca o era nera o non era? –
Babbo Papà Natale
ti ho scritto venticinque letterine – anni
(non) ti amo infatti non ho smesso di aspettarti
e di cercarti e di credere che esisti
in ogni uomo che mi stringe un fiocco
rosso nella carne
– sono io il giocattolo a buon prezzo il dono –
.
quest’anno quest’inverno
questo numero di ghiaccio venticinque
aghi di pino a pungermi le palpebre
regalami l’incanto d’un abbraccio
una carezza un passaggio – tienimi –
sulle tue ginocchia
contami appesi alle dita della mano
venticinque desideri tutti uguali
– amami come sono
non sono stata buona forse, è vero
.
ma tu, Padre, tu nemmeno.
*
Sole sottozero. Incide dettagli
di finestre e di cimase nel cielo,
nell’oltrecielo. Nubi come scaglie
d’oro giottesche decorano il gelo.
.
Oltre l’immensa tregenda c’è un senso
irriducibile, di cui l’amore
fatto carne è fonda figura? Penso
ad ogni umile avvento, ad ogni aurora
.
umana. Sento il grembo di mia moglie
che inizia a sobbalzare, mi sorprendo
silenzioso, in attesa, sulla soglia
di un mistero che pure mi comprende.
.
La fonte inesauribile di Bach
zampilla Christen, ätzet diesen Tag.
.
2001
*
Savelli Loredana-Sentinelle del mattino
Di nuovo cattureranno la luce
Nel fuggire veloce
Della stella cometa
I pastori.
I volti annuiranno
Eccomi
Ad una voce
Nell’immutato stupore.
Nella schiera cieca
Del gregge, quanti?
*
Soldini Maurizio-La notte di Natale appena fuori
Ci sono sassi aguzzi che premono
sul coccige osso sacro dissacrato
da punte di dolore che scavano
come trapani pneumatici indefessi
e lasciano scorie di lentezza scura
sulla pelle assottigliata di freddo.
.
Ci sono sulla strada negli angoli
urinosi cartoni buste di plastica
qualche bicchiere mezzo pieno
piatti scoperti di frattaglie di pensieri
coperte sdrucite teli di nylon giornali
su cui parole e foto non parlano
né guardano lontano oltre la siepe
di neve fuligginosa di desideri.
.
La notte di Natale è appena fuori
uomini soli stanchi appesi
sotto le loro palpebre calate
su sogni non desiderati.
.
Natale è una passione che si annuncia
la stola viola nelle martingale
della vita che nasce appesa ad un cilicio
per tutti i Cristi che vivono all’addiaccio.
*
Terribile Raffaella-L’attesa del momento
L’attesa del momento,
l’armadio che si apre
con l’ombra dell’anno prima.
Festoni, d’oro e d’argento,
la scatola delle palline,
di vetro luccicante,
i nastri di raso rosa
ricordi di bambina.
La capannina, il muschio, le statuine.
Piccole mani alla scoperta,
nuova ogni anno,
un’emozione ritrovata
il giorno dell’Immacolata
da mani più adulte.
L’albero decorato,
una magia, il cesto ai suoi piedi,
carte colorate, nuove ogni giorno.
Quest’anno l’attesa resterà
Nel buio dell’armadio.
Non ci sarà più quell’albero,
conserverò quello dei ricordi.
Quando la mia famiglia
eri tu.
*
a Daniela Raimondi
Dicembre. Quasi Natale. Le luci cadevano
sui marciapiedi come la nebbia nei polmoni.
La gente andava con la stessa frenesia del traffico,
addosso un’aria di festa ad ogni costo.
Strette nei cappotti slittavamo sopra le cose.
Il primo bar che troviamo, hai detto. Quel tavolo
in fondo alla sala. Sorridevi e parlavi di quello che
ci si racconta perché si sta bene insieme.
.
Mangiavo patatine, mi sentivo felice.
.
Il tuo viso era bello,
come fosse stato capace di lasciarsi consumare dal mondo,
come ti fosse fiorito dentro il cielo insieme al buio.
Lo sentivo mischiato alla tua voce. Un pezzo
me lo sono portato via insieme al libro, te ne sei accorta?
Mi sentivo una bambina in festa, senza altro motivo
che la gioia di essere lì.
Ignoravamo il tempo come è possibile farlo quando si è bambini
e ti importa solo di quello che stai vivendo.
Intorno le cose non sfondavano che di poco rumore.
.
Due bicchieri di vino rosso e poca voglia di mangiare.
Chiacchieravamo forte. E ridevamo. Alcune donne
ci guardavano curiose. Siamo uscite che cominciava a fare sera.
I lampioni si spartivano la strada con le luci vezzose.
Ancora adesso non so quale sia stata l’ultima parola,
l’ultimo tuo gesto. L’auto ha svoltato senza che facessi in tempo
a dirti ancora una cosa.
da Spaccasangue, 2010
*
Tontoli Francesco-Presepe (personaggi e interpreti)
Il pastore Pasquale,
pecora in spalla,
albanese kosovaro,
nel suo morbido riccio
sguardo dritto al paglericcio ,
tutto ispirato
stava in vetrina
accanto a un remagio suo amico,
di nome Abdul
un tipo da cartolina
incipriato e dorato
con mantello di broccato ricamato.
Essendo strabico,
con l’occhio destro
adocchiava un angelo ucraino
che esibiva un cartiglio in modo maldestro
con su scritto:
“GLORIA, puntini puntini.”
Pasquale pensava che il nome dell’angelo
non fosse “Gloria”,
ma Nina,
e “Nina, Nina”
sognava ,
messa in cima
a quella grotta di cartone
a corona.
Maria
era proprio una bella Maria
con risata sonante
veniva dal Perù
e il suo bambino faceva il menestrello
e lì davanti raccoglieva il denaro
dei clienti del grande magazzino.
Mentre Giuseppe sapete chi era?
Giuseppe di Dakar
dormiva in piedi come un cretino
perchè faceva i turni di notte in conceria
e sapeva pure di vino,
violando almeno una dozzina di tabù
con un po’ di malinconia.
E Gesù,
mio dio,
dormiva saporito,
aspettando la poppata della sera
dalla madre rumena,
cassiera.
*
Tosi Lucia-Per quanto mi sforzi
Per quanto mi sforzi
di finirla all’anno passato
– alberi palline fiocchi scatole
lanterne corone pungitopo –
mi arriva addosso l’odore
di resina, irresistibile.
Adesso è l’ora dell’assalto
ad ogni coccarda un ricordo
da amaro a meno amaro
dolce mai, salato anche:
le lacrime per un gioco
durato poco
per te che mi chiamasti Anna
ma il mio nome è Lucia.
Sembra un secolo
che te ne sei andata
un giorno soltanto
dal tempo dei riccioli d’oro.
In mezzo, a migliaia,
i miei natali, amari meno amari,
dolci, che io ricordi, mai.
*
Si avanza per sottrazione un anno
dopo l’altro e a Natale puntuale
una conta gradualmente monca
di sfavillii festosi d’occasione
Si avanza per addizione dei ricordi
un muschio sempre verde
un abete che svetta capovolto
dalla mente al cuore
Un posto vuoto a tavola
le mie braccia stampelle per mia madre
membra marmoree di senile infanzia
Raccolgo sorrisi da regalare
pazienza per ascoltare
memorie che non combaciano
letterine sotto al piatto
Promesse che la vita scorrendo
ha rimosso e alle buone intenzioni
ha ceduto il passo
*
Che Natale sia Natale
prova a dirlo a chi
ha perso qualcuno
a poche ore dall’evento.
Sì, che si può odiare il Natale,
quando sta per arrivare
un anno dopo,
pochi giorni prima della prece.
Ti resta appiccicato addosso
il ricordo del sopruso:
solo a te quest’anno
non hanno regalato nulla.
Adesso sì, che capisci tuo figlio,
quel giorno che gli hai rovinato il Natale;
lo capisci ora che cosa significa
un giocattolo rotto.
la parola si è fatta porta dell’incontro
ho seguito giorno per giorno l’aggiungersi dei testi come candele di luce nuova
è un’emozione trovarmi qui e incrociare le voci, tutte vivissime, ritrovarle da ora in poi per condividerle
un grazie a Fernanda e a tutti
è un’emozione particolare e vivissima il susseguirsi di tanti cuori e sentimenti e meraviglie..differenti eppure uniti da un filo particolare…grazie a chi ha raccolto i testi, letto ciascun sentire e condiviso tanto!! un abbraccio con affetto!
a babbo natale ho chiesto fermi come presidente del consiglio…
abele
è stata un’idea bellissima!
grazie cara Ferni.
e grazie a tutti i poeti per avermi dato modo di leggere Poesia.
Ringrazio col quore nel liquore (per spirito natalizio in attesa del solstizio) ferni e la sensibilità delle sue carte…
bello aprire e trovare questa lucente cartolina cumulativa di auguri…grazie, ferni! grazie a tutti!
Felice di fare parte di questo presepe, grazie Ferni!
Cara Ferni, esprimo qui il mio *grazie* a te e agli autori di questa poetica antologia virtuale davvero densa ed emozionante – da leggere tutta d’un fiato -, che del Natale rappresenta ogni aspetto, ne indaga di testo in testo ogni sfumatura, ne sonda la molteplicità di immagini significati sentimenti suscitati in ciascuno di noi, quali che siano. Un caleidoscopio che si muove intorno all’idea che Natale sia Natale, incarnandola nell’ unicità e nella differenza di ogni sentire.
Un caro saluto e *auguri* :-)
sono davvero felicissima per questa raccolta, tutti noi di cartesensibili e Il ponte del sale lo siamo.Se non fosse stato per tutti VOI, che avete contribuito con i vostri testi, il vostro percorso personale e il vostro cuore non sarei e non saremmo stati in grado di formulare un Augurio migliore per un Natale da vivere.Qui, abbiamo iniziato a farlo, per questo hanno un suono vivo,vitale le parole, e la poesia è casa per chi vuole abitarlo.
UN GRANDE GRAZIE A TUTTI I NOSTRI COMPAGNI DI VIAGGIO.
… è stato bello scoprire questa pagina stasera. grazie Ferni e un saluto a tutti gli amici che hanno partecipato all’iniziativa. Mapi
bello aver avuto l’idea di far accadere l’evento di questa catena poetica delle nascite, ferni. gli anelli sono occhi – pensiero, felici o amari o incantati non importa, quel che importa è sapere del cerchio che ci unisce, anche oltre ogni natale. grazie a te. grazie a tutti,
annamaria
Natale è accoglienza. Ne ho avuto esperienza diretta!
Con gratitudine
Loredana
All’idea sono seguite declinazioni convincenti, che lasciano segni, di accoglienza e ascolto, di indignazione e coraggio. Un’iniziativa degna di nota.
adesso ci sono.
grazie, ferni.
giampaolo
Ciao carissimo Giadep,felice di risentirti, tantissimi AUGURI E UN GRANDE GRAZIE.ferni
Grazie Anna Maria,siamo lieti che questo lavoro si muova e porti in giro un Natale che nasce di volta in volta nelle persone che lo fanno proprio. f
Arrivo solo adesso, in grande ritardo, ma anche a me fa piacere dirlo: bello! Bello l’insieme e belle le singole voci.
Grazie, ferni! E auguri!
Grazie Giorgio,tanti sinceri Auguri anche a te.f
splendido lavoro antologico in cui si raccolgono tra le migliori voci dell’odierna poesia; mi spiace per la mancata partecipazione fattiva, ma ho avuto alcune difficoltà – conserverò gelosamente la preziosa raccolta
Davvero una bella iniziativa e un’unione magica in nome della poesia.
Grazie, e buone feste a tutti!
*danj
oggi le parole vanno bruciate… è vero
non volendo perderle le ho prese in prestito per il block notes
Elina
un bacio, grazie di tutto Elina.f
Grazie…
Doris
Bellissima pagine sul Natale… Per niente scontate, come è sempre la poesia di qualità!
Fernando
Auguri a tutti per il Natale e per il nuovo anno!!!
Fernando
Un Natale che non dimenticherò.
Grazie Ferni
Cettina
A tutti coloro che hanno partecipato: all’erta! Ho idea che l’anno prossimo si replicherà. Natale è ogni giorno dell’anno, almeno così sono propensa a credere,dunque salvate le vostre pagine delle tante nascite che vivrete e, a Natale 2011, scegliete quella che sarà stata la pagina che per voi merita di essere portata in dono anche agli altri viaggiatori, di un cosmo che si muove ad ogni istante e noi con lui.
GRAZIE DI CUORE.
ferni per Cartesensibili