Ode barbara XIII
Miei vecchi amori. Ore visibili
di un secolo che non vuole spirare.
Lune intorno a me si spezzano
di continuo.
La luce che mi illumina sarà certo
di stelle spente.Per tutta la notte sradico sentimenti
dal mio petto che rimane sempre verde.
Erba secca con radici di eternità.
Mi confonde il rumore del tempo.
Scendo.*
Da Ballate oscure , traduzione di Filippomaria Pontani -Crocetti editore, 2006
Genesi
In principio era il principio:
con qualche titubanza uscì dal niente,
da una coltre di buio senza tempo
macchiata in rosso, come per esempio
i paesaggi di Edipo.E poi la Sfinge, le ali ricoperte
di diamanti – ancor prima che all’aperto
le acque zampillassero veementi –
preparava solerte
tutto il rimanente.
*
Ballata dell’amante insicuro
Scrivere il tuo nome sopra i vetri appannnati,
attendere in stazioni dove hai atteso per ore,
son cose che non danno né gioia né dolore.
Suono azzurro, ancestrale, altissimo profumo,
la tua voce scintilla come la lacrima angelica.
Ma il mio amore è l’amore degli Otelli.
E quando mi rinfocola e quando mi addormenta,
rabbrividisco e vedo innanzi Iago.
Mi dico: lega i giambi con lo spago.
Le poesie sono fiori molto esili,
nutriti dalla consona tristezza.
E l’ira, se li accumula, li spezza.
*
Problemi con la Musa
La mia Musa da un po’ mi crea apprensione.
Non mi siede in braccio. Tiene il broncio.
S’annoia, mi rinfaccia ogni svarione
a me, che nella sua corporazione
ero l’amante più focoso (e sconcio).
Lei che una volta con dita odorose
mi accarezzava il capo, ora mi parla
con note non squillanti né armoniose
-vanno a ferire come frecce partiche
là dove prima lasciavano rose.
Credo le amiche l’abbiano convinta
con commenti malevoli e cattivi,
pieni d’odio per me, e l’abbiano spinta
a rendere gli incontri fra noi privi
dell’eros-ma che soluzione finta,
seguitare a vederci come cari
vecchi amici con simili interessi,
raffinati (al di sopra dei due sessi),
di spirito parlando, non di carne,
e, a volte, dell’amore e degli annessi.
Presento che mi scorderà ben presto,
che tra poco mi negherà anche questo;
già mi chiama “Thanassis”(come scrivo),
lei che aveva coniato sul mio petto
ogni più tenero vezzeggiativo.
***
Note sull’autore:
Poeta e critico greco (Drama, Macedonia, 1945). Vissuto dal 1970 al 1979 in Italia e in Inghilterra, è professore ordinario di letteratura neogreca all’Università di Atene. È tra le presenze più valide e innovative della poesia contemporanea che fece il suo esordio negli anni ’70. Tra le sue raccolte liriche, improntate a una vocazione sperimentale e memori, al contempo, delle generazioni precedenti, ricordo i volumi ormai “classici” della letteratura greca contemporanea Pedìon Areos (Campo di Marte, 1974) Viografìa (Biografia, 1978), Periplànisi enòs mi taxidioti (Girovagare di un non viaggiatore, 1986), I ptosi tu iptàmenu (La caduta del volatile, 1989) e Vàrvares odes (Odi barbare, 1992). I suoi versi, misurati e chiusi, sono modulati su una libertà espressiva che rasenta talvolta l’ermetismo, e avvincono sia per l’esemplare nitore ritmico e la forza evocatrice, sia per la diafana trasparenza delle cromaticità e delle immagini che affondano in ogni aspetto metafisico e quotidiano della realtà. Autore anche di suggestivi scritti in prosa, ha inoltre pubblicato acuti testi critici, fra cui il volume sul poeta Ghiorgos Seferis O piitìs ke o choreftìs (Il poeta e il danzatore, 1979) che gli è valso il premio della critica, Pìisi ke metàfrasi (Poesia e traduzione, 1989) e I ironikì glossa (La lingua ironica, 1994). Le sue liriche sono state tradotte in italiano (fra cui Milano 1992, 1996/ Cremona 1996/ Firenze 1995/Milano 1997), inglese, francese, olandese, bulgaro, rumeno e russo.