Mario Piana
…
E’ un avo-rio lo spazio. Fine-mente cesellato bucato profumato.
Un fiume dentro e fuori il suo letto. Una tempesta di sabbia dentro l’in-cavo di un dente.
Un’ unghia, un ri-volo di sangue sotto l’arco del palato. Un tracollo di genesi, ossi-date in questo tran-busto di secoli e migrazioni sempre dentro il punto, buco della terra.
Eppure qui, in questo silenzio che mi illude di toccarmi, di arrivare così vicino da confondermi sento che mi serve l’aria che la tua parola smuove , eucalipti che pungono la mia tosse,
ne fanno brina in merli sulla cresta di tutte le montagne e finalmente piove e nevica
fino al centro, fino al cuore del mio profondo paese.
Sono giorni, se i giorni esistono davvero, che ho iniziato a lavorare il legno. Una tavola dal nascere al calare della luce secondo il battito del cuore attraverso il pulsare del mio sangue.
Ho in cuore di fare una grande pare-te per in-quadrare i giorni. Non foto, ma grafie in forma di
scritture, calen-d(i)ario numerato, progressi-vo. Solitaria magia del bulino: l’acqua del suo mulino che sempre macina la farina di un segno, forse un sogno. Il fiu-me.
Voglio tessere un fiume nel segno di un amo e moltiplicarlo per tutti, tutti i giorni lungo un anno.
UNO-DUE-TRE-QUA-CIN-SEI-SET-OTT-NOV-DIE-UND-DOD-TRE-QUA-QUI-SED-DIC-
DIC-DIC-VEN-VEN-VEN-VEN-VEN-VEN-VEN-VEN-VEN-VEN-TRE-TRE-TRE-TRE-TRE-
TRE-TRE-TRE-TRE-QUA-QUA-
|___| |___| |___| |___| |___| |___| |___| |___
La stessa misura ogni giorno. La stessa misura d’amore per trecentosessantacinque cassette di legno, per trecentosessantacinque casette di intaglio dentro la memoria.
Per trecentosessantacinque caselle quadrate nella curva dura dell’essenza di un giorno, in quadra-tu-re tra un mattino e una notte mentre si perdono dal primo all’ultimo minuto di un giro attorno all’as-sé. Ge(e)nna-io o mar-zo o maggio o luglio o settembre o. Forse solo una o.
Un giorno o uno zero. Zero visioni, zero soluzioni. Z-ero, l’ultimo ero. Solo un segno: uno zac e la vita è un’ era finita, s-fumata, s-vanita, vaporizzata. Una nuvola sotto il sole che si fa acqua dentro l’acqua del f(i)u-me.
Sono un suono di trecentosessantacinque lati di un quadro senza buchi e senza zeri.
SOLO PULSAZIONI.
Tic, una foglia di legno. Tac, un ricciolo di fibra.
Tra il tic e il tac un tic-tac di orologio, la goccia di pioggia e l’asfalto che la river-ber(r)à, l’acqua nel catino e la sua eco, un toc con il suo rintoc. Come sempre. Una serie in-finita di voci, di segni che iniziano il mattino e finiscono la sera.
Non una cassetta prima del suo ora. Non una casella prima dell’aur-ora.
Tutto a suo tempo e tutto con un ritmo. Un fiume che scorre in tutte le sue gocce. E le gocce ritornano in un volàno di più-me, l’uccello che non si guarda vola-re e non sa la sua traiettoria.
Nell’arco della vita in-segue la sua rotta. Dirotta il senso e argina il dolore mentre re-in-arca la sua schiena nella cartografia di onde , di schiume, di rive e ritorni. E l’acqua gl’ invena tra la gola e il paesaggio solitari di-ade-mi di una pelle antica ,che si scrosta ad ogni terre-moto.
…
Questo tratto di racconto l’ho strappato alle sue radici,immerse nella terra e lungo il fiume di un lavoro che cammino ancora,sotto il nome di C a s e a c c a t a s t a t e.Una specie di re-bus da prendere quando si ha tempo,il solito tempo che non possiamo che perdere.
aria acqua terra fuoco questi gli elementi del viaggio e come appare mutabile e ammiccante, a volte visionario, altre profondamente concreto
penso che sia un “segno” da proporre all’incontro
“aprire le porte alle parole”
grazie Ferni