Trasmissioni dal faro N.9- Il mio Wagner- A.M.Farabbi

Ero a Rovereto, tra i banchi del piccolo mercatino di piazza, con il naso curioso tra gli odori della scrittura, quando una passante ha involontariamente urtato il banco del libraio. I libri sono crollati: una frana di mondi. I miei piedi seppelliti dalle pagine. Mi chinai in terra nel disordine delle carte. All’improvviso, tra le mani si creò una luce: riconobbi dal ritratto in negativo che impressiona la copertina, una delle più straordinarie intelligenze artistiche del nostro novecento: Giuseppe Sinopoli.

Qui, apro, sfoglio, benedico. Mi dico che la passante è un’ angela. L’utilità degli angeli sta proprio nello sconvolgere la stabilità costruita, nel dissodare, seminare, permettere l’incontro.

Giuseppe Sinopoli, Il mio Wagner, Marsilio, 2006, con introduzione di Sandro Cappelletto.

Nelle 126 pagine, larghe poco più di un palmo, è tessuto un tesoro, che brilla già dalla preziosa introduzione di Sandro Cappelletto, scrittore e storico della musica, noto tra gli ascoltatori di Radio Tre. E’ lui che ci annuncia l’oro che staremo per incontrare, chiarendo con precisa documentazione le ricchissime sostanze di Giuseppe Sinopoli: dalla sua qualità di compositore, a quella di direttore orchestrale, archeologo, medico, non ultimo, sensibilissimo ideatore dei concerti per gli ammalati al Policlinico Gemelli. Fu lui che previde un teatro attivo, rendendo partecipi le scuole, anziani, quegli ammalati stessi a cui riservò posti così come alle persone  meno abbienti. E ancora altro. Fa bene Sandro Cappelletto a rendere onore alla coltissima personalità del grande direttore d’orchestra in tutti i suoi aspetti innovativi, anticonformisti, rivoluzionari.

Il libro si concentra in un trittico di perle:  L’oro del Reno, Sigfrido, Il Crepuscolo degli dei. Sono le tre opere che Sinopoli attraversa trasversalmente mentre interpreta la sua personale visione di Wagner. In realtà, il libro riporta le quattro conversazioni tenute da Sinopoli a  Roma, tra il 1988 e il 1991 su invito degli Amici di Santa Cecilia. Notevole intensità per l’appropriata scelta lessicale, per il taglio intellettuale nella lettura di Wagner, per l’espressività forte e precisa, per il raffinato e profondo pensiero che nutre la sua descrizione musicale.

Giuseppe Sinopoli è un maestro (scrivo il verbo essere al presente perché maestri e maestre vivono al presente, sfondando la misura del tempo: fluiscono nel divenire). Lo penso, riascoltando opere da lui dirette, come una delle più importanti testimonianze di approfondimento esistenziale e artistico, assieme alle sue interviste rilasciate, da me registrate e gelosamente conservate tra i legni della mia libreria. Penso ai suoi anni di studio tra la medicina per la conoscenza della misura e della potenza del corpo, l’archeologia per l’apprendimento dell’imprescindibile mito, la filosofia, la letteratura, oltre naturalmente, l’adorata musica.  Lo penso a Berlino mentre muore, dirigendo il terzo atto dell’Aida, nove anni fa.

Penso a quanto e come Giuseppe Sinopoli ha combattuto contro certi politici assassini, contro accademismi retorici contro ottusità di potere. La sua voce mi manca. Così come quella di Jose Saramago. Per questo mi tuffo nell’energia delle loro opere.

anna maria farabbi- 21 giugno 2010

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